lunedì 30 gennaio 2017

The Founder

La comodità di un cinema praticamente sotto casa, insieme alla pigrizia ci hanno condotto ad una visione sostanzialmente inutile oltre che pedante. Non che la bellezza di un film si valuti in base alla sua utilità, ma sta di fatto che eravamo in quattro e alla fine del primo tempo ci siamo detti scherzando: che ce ne impipa di come è nato McDonald's? Forse un bel documentario sarebbe stato più stimolante che sorbirsi questo biopic con un Michael Keaton irritante con le sue pose innaturali e i suoi ammiccamenti. La regia di John Lee Hancock è insipida: una cronistoria minuziosa nella prima ora, mentre la seconda parte, quando si entra nel vivo dell'espansione, è più coinvolgente. Non sono vegetariano, ma in tutta la vita sarò entrato 3-4 volte da McDonald's perché mi disgusta l'odore che ti investe. Se è per questo non apprezzo particolarmente neanche facebook e non sono un fanatico del mocio, però ho trovato The Social Network geniale e innovativo e Joy un buon film. Questo è trascurabile.




LEGENDA VOTI

@ una cagata pazzesca
@½ pessimo
@@ trascurabile
@@½ passabile
@@@ buono
@@@½ da vedere
@@@@ da non perdere
@@@@½ cult
@@@@@ capolavoro

domenica 22 gennaio 2017

La fantascienza umanistica di Arrival

12 astronavi arrivano sulla Terra in 12 diversi punti. Non rilasciano impronte di nessun tipo; nè radiazioni, né gas...

Sembra un deja vu, ma siamo nella fantascienza umanistica o se preferite filosofica.
Senza ricorrere ad inutili buonismi, Villeneuve riesce a schivare tutte le trappole insite del genere invasione aliena e ad inventarsi qualcosa di originale. Due ore che fanno pensare ed emozionare, dove la comunicazione tra specie diverse e la percezione del tempo sono i temi affascinanti proposti. Un approccio intelligente che lascia ben sperare per Blade Runner 2049.


voto




LEGENDA VOTI
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venerdì 20 gennaio 2017

Arcade Fire, Sohn, The XX e Baustelle: in musica le cose migliori di questo inizio d'anno

A distanza di quattro anni tornano a farsi sentire gli Arcade Fire con un pezzo trascinante, accompagnati dalla mitica voce soul di Mavis Staples. Speriamo arrivi presto il nuovo album.



Il musicista e producer inglese Cristopher Taylor, meglio noto come Sohn, è uscito con un signor disco intitolato Rennen: un connubio eccellente di elettronica e songwriting. Qui sotto un gustoso assaggio dal vivo.



Atteso ritorno anche quello dei Baustelle. A seconda delle canzoni, non hanno perso la capacità di provocarmi sensazioni contrastanti: dal divertimento intelligente alla rottura di palle per i soliti scivoloni plateali. Partenza ispirata e spumeggiante con il dittico che accosta in modo blasfemo Il Vangelo di Giovanni e Amanda Lear, poi troppa carne al fuoco in un diluvio citazionista.

Si rivedono anche gli XX che proseguono sulla strada di un intimismo minimale, però in una dimensione più pop moderna e raffinata che li distingue nettamente dalla massa. Tutto gradevole, però continuo a preferirli nel loro album d'esordio del 2009.
Qui live al Jimmy Fallon.

mercoledì 18 gennaio 2017

Concerti indimenticabili - David Bowie, Modena 1990




Sound+Vision Tour
Bowie all'epoca scioccò tutti dichiarando che in futuro non avrebbe più reinterpretato i suoi vecchi brani più famosi.
Indimenticabile malgrado l'improvviso calo di voce del duca bianco.
Per dare l'idea, l'inizio fu questo.

domenica 15 gennaio 2017

Per scaldarsi in queste inclementi giornate di gennaio

Lost and Found
Beth Gibbons & Rustin Man - Out Of Season


Sono appena usciti tre album che aspettavo: XX, Sohn e Baustelle, ma non ho fretta di tuffarmi in nuovi ascolti. Da quel pozzo senza fondo che è diventato la mia memoria esterna è riapparsa questa meraviglia, archiviata tempo fa forse proprio per scaldarmi in queste inclementi giornate di gennaio.
Se Tom The Model non vi procura neanche un minimo sussulto, l'aridità vi sta prosciugando. Winter is coming.


Il titolo dice tutto: il disco uscito dalla voce di Beth Gibbons, cantante dei Portishead, e dalle mani di Paul Webb, ex Talk Talk e compagno di lei nella vita, è fuori stagione. Che non vuol dire fuori moda, perché una moda, qui, non è neppure concepita. Significa, semplicemente, fuori dal tempo. Pubblicato nel 2002, questo album potrebbe appartenere a qualsiasi epoca, persino agli anni Venti o Trenta (basti ascoltare le sonorità retrò di “Tom The Model”). E tale prerogativa, si capisce, è propria soltanto di pochissimi eletti dischi: i migliori.  storiadellamusica

È un album emozionante, questo "Out Of Season". Emozionante perché la voce di Beth Gibbons spazia tra amori, desideri, gioia di vivere, fragilità con una capacità che sicuramente non è inferiore a quella che già conoscevamo, ed anzi forse la cantante di Bristol qui raggiunge vette tali da farci chiedere se sia giusto che simili delizie ci debbano essere donate così di rado, o se forse è giusto e inevitabile così.  ondarock

venerdì 13 gennaio 2017

Il no di David Byrne al lauto affare di una reunion

Rock and Roll Hall of Fame in 2002
Così David Byrne di recente:
Una reunion dei Talking Heads, potrebbe essere un successo incredibile per una generazione o forse molte più generazioni […]
Mi farebbe fare un sacco di soldi e attirerebbe tanta attenzione su di me, ma farei un passo indietro […] Perciò mi sento come se dovessi sacrificare qualcosa, non mi interessano la fama e i soldi, voglio fare qualcosa di più, alla fine non si può avere tutto.



Peccato, perché io ad un eventuale concerto sarei andato (anzi tornato) di corsa e in prima fila. Comunque onore alla coerenza; uno dei rari casi di resistenza al fascino dei soldi e della fama. Diciamolo, scelta che in pochissimi si sono permessi di fare. Su questo fronte prima o poi quasi tutti hanno ceduto. A quanto pare non accadrà con i Talking Heads, ormai separati dal 1991. Una delle band più influenti nella storia della musica; nel tempo sono rimasti immutati il mio entusiasmo e la mia venerazione per ciò che hanno creato. 
Qui sotto un live d'annata dal programma The Old Grey Whistle Test, in onda dal 1971 al 1988 su BBC 2.

S is for Stanley

Una sera di dicembre del 1970 su Londra infuria una tempesta di neve ed Emilio D'Alessandro, che lavora come autista per una piccola società, viene chiamato per una consegna urgente. Viste le condizioni meteo si sono tutti rifiutati. Quando arriva al magazzino gli viene consegnata l'enorme scultura di un fallo con la destinazione Hawk Films. Stanno per iniziare una collaborazione ed una grande amicizia che sarebbero durate trent'anni. Il giorno dopo Emilio viene convocato agli studi dove stanno girando Arancia Meccanica. Una segretaria gli chiede se sa per chi ha lavorato: Kubrick lo vuole incontrare per chiedergli se vuole diventare il suo autista. Emilio era emigrato nel 1960 per sfuggire alla leva e dopo svariati lavori si è fatto una vita a Londra; una grande passione per le corse e le auto. Da quel giorno la sua vita cambia radicalmente, perché non si limiterà a fare l'autista, ma diventerà l'assistente e il tuttofare di uno dei più grandi registi di tutti i tempi

Il racconto dell'uomo, oggi 75enne, è fluente e ricco di aneddoti, come quando conosce Jack Nicholson e Kubrick domanda se gli piace; lui risponde: - è ok, sì, ma perché non prendi Charles Bronson? In realtà lo detesta, perché come racconta senza peli sulla lingua, Jack Nicholson sniffava in continuazione e fermava le donne per strada mentre erano in auto.
Alex Infascelli, regista di questo prezioso documentario, lascia quasi sempre a lui la parola con pochi interventi fuori campo. Emerge la quotidianità del rapporto tra i due che diventa sempre più intimo; la precisione e la meticolosità di Emilio, sono di certo le doti che avevano conquistato Stanley Kubrick, noto per il suo perfezionismo. Sicuramente anche la sua pazienza e la disponibilità totale, visto che a un certo punto viene installata a casa sua una linea telefonica dedicata solo al regista, nonostante le proteste della moglie. 

Oltre ai documenti e alle foto mai viste, è incredibile il numero biglietti, scritti a mano o a macchina, firmati sempre S, lasciati dal regista al suo collaboratore fidato con svariate richieste: da quelle ordinarie a quelle più assurde, come quando gli chiede di trovare un quantitativo impossibile di candele per coprire il lunghissimo periodo delle riprese di Barry Lyndon. La narrazione diventa commovente quando Emilio racconta del loro addio, per poi ritrovarsi qualche anno dopo l'ultima volta per le riprese di Eyes Wide Shut, dove il regista omaggia l'amico con un cameo. 
Dopo la morte del regista Emilio, torna definitivamente a Cassino dove finalmente si decide a vedere tutti i film del maestro. All'epoca non aveva tempo e li trovava troppo lunghi. Solo a quel punto si rende pienamente conto della genialità di un uomo con cui ha avuto un rapporto privilegiato.

Premiato col David di Donatello, questo di Alex Infascelli è gran bel documentario con le musiche originali di John Cummings (ex chitarrista dei Mogwai). Da non perdere. Purtroppo ha avuto una presenza lampo al cinema come evento speciale a fine maggio 2016. I meriti a Sky Arte per averlo trasmesso qualche sera fa. Un tassello importante per approfondire la personalità di un genio: il regista fra tutti quelli che ci hanno lasciato di cui sento veramente la mancanza. Quando usciva un suo film, anche dopo attese di anni, è stato sempre un momento indelebile. Come una cerimonia che portava ad un appagamento per gli occhi e per la mente. Peccato aver potuto vivere solo tre volte queste emozioni. Pochissimi altri al cinema sono mai più riusciti a trasmettermi qualcosa di simile.

Ha voluto portarci in posti che non avremmo mai immaginato, così li ha immaginati lui per noi. Spielberg

voto

Kubrick con Emilio D'Alessandro


Alex Infascelli con Emilio D'Alessandro




martedì 10 gennaio 2017

Paterson - una pagina non scritta è sempre un buon inizio

Raccontava De André in un'intervista:
Benedetto Croce diceva che fino a diciotto anni tutti scrivono poesie e che, da quest'età in poi, ci sono due categorie di persone che continuano a scrivere: i poeti e i cretini. Allora, io mi sono rifugiato prudentemente nella canzone che, in quanto forma d'arte mista, mi consente scappatoie non indifferenti, là dove manca l'esuberanza creativa.


Paterson (Adam Driver) fa l'autista di autobus nell'omonima città del New Jersey e nei momenti liberi scrive poesie sul suo taccuino: una sorta di ribellione silenziosa alla frenesia quotidiana.
Le poesie di Paterson non sembrano un granché, però è tutt'altro che un cretino e risulta anche simpatico con il suo candore, ma anche il coraggio e la dignità. La sua compagna, al contrario, l'ho trovata irritante. Dopo una settimana di convivenza, io sarei fuggito.

La realtà diminuita, come qualcuno l'ha definita.
Ok, la poetica del quotidiano; mi sta bene il non essere proni alla tecnologia, togliere le cuffiette e ritornare ad ascoltare le persone (cosa a cui non ho mai rinunciato), ma ciò che in realtà emerge veramente su tutto sono i (pochi) dialoghi: quelli tipici di Jarmush. Sono loro per fortuna a ravvivare la routine abbastanza noiosa illustrata in questa sua ultima storia, racchiusa nell'arco di una settimana, fino al sublime incontro finale del protagonista con un turista giapponese, che mi fa propendere per una sufficienza piena, anche se il minimalismo del regista qui diventa radicale e al limite del manieristico. I suoi film più belli sono lontani in altri pianeti. E' stata comunque una discreta alternativa alla solita epidemia di boiate natalizie.




LEGENDA VOTI

@ una cagata pazzesca
@½ pessimo
@@ trascurabile
@@½ passabile
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@@@½ da vedere
@@@@ da non perdere
@@@@½ cult
@@@@@ capolavoro

mercoledì 4 gennaio 2017

Quarant'anni fa un titolo profetico: Disoccupate le strade dai sogni

















Dopo il successo di Ho visto anche degli zingari felici e lo sdoganamento verso un pubblico più ampio, nel 1977 Claudio Lolli se ne uscì con album cupo e spigoloso, figlio della repressione delle rivolte che ebbero l'epicentro nella grassa e dotta Bologna del Pci di Zangheri. Ribellione che segnò anche la fine delle illusioni all'alba del 13 marzo, quando una colonna di carri armati sfilò nelle strade del centro. Trent'anni dopo, in un'intervista, l'ex sindaco ammise: di quei giovani non è che avessimo capito un granché. Io che a Bologna c'ero (anche se all'epoca ero solo uno sbarbatello che ci andava di nascosto dai genitori) non posso che confermare. Un vizietto che ancora oggi la sinistra italiana - se così vogliamo chiamare il PD - non ha ancora perso. 

Ed il potere
nella sua immensa intelligenza
nella sua complessità.
Non mi ha mai commosso
con la sua solitudine
non l'ho mai salutato come tale.
Però ho raccolto la sfida,
con molta eleganza e molta sicurezza,
da quando ho chiamato prigione la sua felicità.


Incubo numero zero
Disoccupate le strade dai sogni,
per contenerli in un modo migliore,
possiamo fornirvi fotocopie d'assegno,
un portamonete, un falso diploma, una ventiquattrore...




Di Bologna, dopo 40 anni, che dire... Forse le sue strade non fanno più sognare i giovani, ma io la amo ancora: da Piazza Maggiore ai suoi 40 chilometri di portici; i pochi anni trascorsi lì, sono una parte fondamentale di quello che sono diventato. 
Purtroppo ormai per immaginare un futuro, se non più a cambiare la società, tanti ragazzi (anche non più ragazzi) prendono la via dell'estero: in fuga dall'incubo dei voucher, dai mediocri politici di turno e da un paese dove la ricchezza delle famiglie over 65 è sette volte superiore rispetto a quelle under 30. La prima generazione del dopo-guerra che ha visto arretrare, quasi di colpo, i propri diritti e privilegi. 
Allora mi viene in mente una scritta sul muro. Forse è una storia già vista, chissà... o forse riuscire a fuggire è già una piccola rivolta.


lunedì 2 gennaio 2017

Blob di fine/inizio anno

via
























Propositi per i prossimi natale e capodanno:
1 opzione: aggiornare e sfoltire la rubrica del telefono.
2 opzione: neutralizzare WhatsApp per quella decina di giorni onde evitare il diluvio di stronzate (sempre le stesse). Un bel sms di auguri e bona lè.



I 70 anni di Patti Smith 
nella sua città ha tenuto un concerto suonando Horses. Sorpresona di Michael Stipe che si è presentato sul palco con la torta cantando Happy Birthday.

















La stronzata musicale di fine anno
Fausto Brizzi intervistato a proposito della morte di George Michael: Gli anni '80 sono finiti quando si sono sciolti gli Wham. (1986).
Smiths, Cure, The The... giusto per fare qualche nome.



Gli album più attesi sulla teiera per il 2017
The XX – I See You
The Shins - I Gleek on Your Grave
The National
Arcade Fire
Gorillaz

E ricordate gente
Un uomo senza musica è come un uomo senza gusto o senza udito; ha un senso in meno.Gianni Rodari