venerdì 27 novembre 2009

Michael Haneke vs Lars von Trier




Della serie continuiamo così, facciamoci del male! Quando si va a vedere un film di questi due signori, ci si deve preparare psicologicamente; bisogna essere consapevoli del fatto che non sarà un'esperienza leggera.
Breve indagine per due grandi registi con i quali ho un rapporto di odio-amore, per assegnare simbolicamente l'Oscar della crudeltà (in particolare nei confronti della donna) e del pessimismo.
Dopo il calvario di Funny Games (nipote moderno di Arancia Meccanica senza però il talento visionario del capolavoro di Kubrick), prima di vedere Il nastro bianco, l'ultimo film di Haneke, temevo un'altra tortura psicologica. La mia metà mi aveva quasi odiato per averla sottoposta al film remake del regista austriaco: un'opera in cui la violenza psicologica, ma anche fisica, appare talmente devastante e fine a se stessa da farti pensare di desistere. Stavolta è stata una visione solitaria. Il nastro bianco ha vinto la palma d'oro a Cannes, ma anche qui c'è poco da stare allegri. Episodi inspiegabilmente crudeli si susseguono in un villaggio protestante nella Germania del 1910, fino a quando emerge un'inquietante verità che è meglio oscurare. Una società che ignara sta crescendo i germi del nazismo. Un film lucido, di un pessimismo cupo, girato in uno splendido bianco e nero.
Scorrendo indietro di qualche anno, come non citare La pianista, con la grande Isabelle Huppert. In questa storia la misoginia di Haneke si accanisce sull'attrice francese umiliandola in tutti i modi, cucendole addosso un'interpretazione che le è valsa il premio come migliore attrice protagonista a Cannes 2001.
Passando a Lars von Trier, non ho ancora visto Antichrist, ma in ogni caso nelle opere precedenti c'è solo l'imbarazzo della scelta . La discesa all'inferno di Nicole Kidman, vittima della crudeltà collettiva di un villaggio (Dogville); la sfiga cosmica di Bjork in quel capolavoro straziante che è Dancer in the dark; i patimenti autopunitivi di Emily Watson (Le onde del destino).
Visti tutti e sei di seguito in una rassegna sarebbe una roba da suicidio, o da patibolo per l'ideatore. Presi singolarmente, alcuni sono dei capolavori. Difficile assegnare il premio, aspetterei il prossimo film per la consacrazione definitiva.

14 commenti:

  1. Pur avendo un buon pelo sullo stomaco, non sono mai riuscito a vedermi tutto Funny games, e sinceramente di una violenza fine a se stessa.

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  2. sabato vedrò il nastro bianco e sono molto curioso.tra gli altri non ho dubbi,mi sono già pubblicamente espresso a favore di Dancer in the dark.
    in effetti sono films che vanno diluiti nel tempo,vederli tutti insieme potrebbe avere ripercussioni negative sulla stabilità emotiva.

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  3. Non ho mai affrontato il calvario di Haneke (e, leggendo il tuo commento mi viene da pensare "per fortuna!")ma mi sono sciroppata i tre di Lars von Triers, un po' masochisticamente..Le onde del destino, nella sua infinita angoscia, mi era comunque sembrato un buon film e, nel suo strazio, pure Dancer in the dark ma quando sono andata al cinema a vedere Dogville, ho pensato che Lars volesse, in fondo in fondo, prendere per i fondelli i suoi estimatori, con la scusa della sperimentazione, insomma c'è un limite anche al masochismo! Considera poi che avevo trovato solo un posto in seconda fila, quindi all'angoscia psicologica del film si è aggiunta pure una specie di angoscia fisica che mi ha fatto odiare Lars e tutti quelli che accanto a me dicevano "è un capolavoro!", perciò posso capire benissimo la tua metà :-)

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  4. di tutti i film che hai citato e che ho visto, la pianista è stato l'unico che mi ha messo un'angoscia senza fine e anzi per dirla tutta mi ha fatto schifo! non contenta dopo mi sono letta pure il libro dal quale il film era tratto, più autopunitiva di così!!!

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  5. Due maestri, due sperimentatori del dolore.
    Non vedo l'ora di vedere il Nastro Bianco e Antichrist... magari a distanza di qualche giorno... in ogni loro film si rischia di rimanerci infangati, sono visioni rischiose che lasciano spesso un segno.

    Per quanto riguarda Funny Games lasciate perdere il seppur ottimo remake... il vero orrore si nasconde nell'originale del '97

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  6. Fra tutti, ho visto solo Le onde del destino, che ho amato tantissimo, splendidamente angosciante e Dogville, che non ho apprezzato altrettanto. Haneke non lo conosco se non di fama.

    Un saluto

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  7. sinceramente haneke è uno dei più gtrandi registi attuali..funny games funziona come un orologio,è perfetto,quasi chirurgico,nel suo mostrare la gratuità della violenza,e nel mostrare violenza gratutita(e quindi ancora più spaventosa)..71 frammenti è un film strepitoso,e gli altri pure,secondo me..von trier..mi paice molto anche lui..e comunque,in questo cinema mondiale politicamente corretto,asettico,neutro,e attento a non turbare, 2 così sono una ventata di aria fresca...

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  8. Manca anche a me Antichrist. Dogvile e Dancer in the dark (soprattutto il secondo) sono straordinari.

    Io devo dire che trovo Dancer in the dark il migliore anche per la straordinaria interpretazione di Bjork.

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  9. Con un qualche imbarazzo ammetto la mia ignoranza. Dei film citati ho visto solo la pianista di Haneke che ho adorato come il libro della Jelinek.
    ciao.

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  10. Lars von Triers lo reggo a fatica, "La pianista" non sono mai riuscito a vederlo fino alla fine (una volta il film è stato interrotto da una leggere scossa di terremoto, giusto per aumentare l'angoscia). Cinema del dolore? Sempre meglio della televisione del dolore.

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  11. countryfeedback.splinder.com27 novembre 2009 alle ore 20:10

    Haneke è Autore di straordinaria sensibilità e rigoroso senso estetico; Von Trier un bluff che gioca solo a prendere per il culo lo spettatore.

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  12. occhio a non sottovalutare "Funny games". Pur nel rispetto dei gusti di ognuno, quel film è qualcosa che va al di là di una semplice storia di violenza.

    Ha numerosi strati di lettura ed è una lucidissima analisi sulla banalizzazione della violenza nei blockbuster americani e sull'ancora più banale parallelismo film violenti/società violenta.

    Non a caso ciò che si vede nel film non è l'atto violento (mai mostrato dalla telecamera) ma la conseguenza dell'atto violento, senza alcun tipo di orpello, voyerismo o colonna sonora.

    Un film che alla fine provoca un rigetto totale della violenza da parte di chi guarda. Consiglio di vederlo nella versione originale perché la presenza di attori sconosciuti rende il tutto ancora più efficace ed empatico.

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  13. @ Manfredi:
    Giuste osservazioni. Per quanto mi riguarda non l'ho sottovalutato: è veramente duro da reggere e si rimane scossi. Gli ho preferito altri lavori dello stesso regista.

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  14. suicide-rassegna? meglio evitare, per il momento :D

    il mio personale titolo di capolavoro della sofferenza va comunque a le onde del destino.
    davvero stupendo, ma provo un dolore fisico al solo pensiero di rivederlo

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