sabato 5 dicembre 2015

Anche Scott Weiland se n'è andato

Gli Afterhours hanno cantato Non si esce vivi dagli anni '80ma a quanto pare anche i '90 non scherzano. Dopo Kurt Cobain e Layne Staley se n'è andato anche Scott Weiland.

Così avevo scritto qualche tempo fa.
Nella storia di ogni gruppo c'è quasi sempre un momento magico che spesso corrisponde ai primi anni di attività: un arco temporale in cui la libertà creativa non è stata ancora contaminata dalle pressioni, dai compromessi, dalle aspettative dei fans e dalle ambizioni individuali. Con Purple (giugno 1994) gli Stone Temple Pilots dimostrarono che l'etichetta grunge, affibbiata dopo l'uscita del primo disco Core, stava loro stretta. Non che il gruppo di San Diego non rientrasse in quel filone, ma gli elementi introdotti nelle canzoni che compongono questo album andavano oltre, verso orizzonti più ampi: dalla psichedelia di Silversun Superman e Lounge Fly, agli echi blues e southern di Big Empty; da una classica ballata on the road come Interstate Love Song, con il suo memorabile riff d'apertura, al folk psichedelico di Pretty Penny. Negli anni a seguire le smanie personalistiche e l'abuso di droghe di Scott Weiland (gran voce, ma carattere insopportabile) hanno segnato negativamente il destino del gruppo.
Oggi purtroppo l'epilogo a soli 48 anni. #RIPScottWeiland

Sotto, una delle mie preferite. L'altra è Lady Picture Show: mi fa venire in mente le estati spensierate degli anni '90 e i viaggi con mio figlio piccolo in macchina che ascoltava e cantava con noi. Commovente come la musica si leghi alle nostre esistenze e resti un ricordo vivo per sempre. 

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