L'altra faccia dell'America. Il documentario girato da Minervini in Louisiana, racconta l'esistenza di una comunità di emarginati: una visione dove la frontiera tra documento e finzione è molto labile perché l'impressione è che i protagonisti, sapendo di essere ripresi, recitino (a volte al limite del compiacimento) le loro vite fatte di produzione casalinga di amfetamine, buchi, alcool e invettive contro Obama e la sua amministrazione. Un limite sta proprio qui, nello sfiorare il voyeurismo, nonostante si avvertano chiaramente l'empatia e la fiducia con cui il regista è entrato in contatto con questa comunità di dropout. Spesso durante la visione sorge istintivo chiedersi non a cosa si stia assistendo, ma come il regista sia stato in grado di girare immagini così forti e intime, in particolare quelle dei due personaggi principali e del loro amore tossico: le iniezioni in primo piano, i rapporti sessuali, i dialoghi (non si sa quanto spontanei).
Citando le parole di Caden Cotard nel suo blog Il Buio in Sala: Se sceneggi allora vorremmo anche una storia, se non mi dai la storia allora, forse, ci vorrebbe una regia ancora più distaccata, semplice osservatrice, e non così mise en scene.
Citando le parole di Caden Cotard nel suo blog Il Buio in Sala: Se sceneggi allora vorremmo anche una storia, se non mi dai la storia allora, forse, ci vorrebbe una regia ancora più distaccata, semplice osservatrice, e non così mise en scene.
I bianchi in Louisiana rappresentano ancora la maggioranza della popolazione in una condizione sociale generale di estremo degrado e di altissima disoccupazione nonostante la ripresa economica americana e la crescita del PIL. Il merito del film è quello di aver saputo cogliere e mostrare con efficacia questo aspetto politico-sociale di cui poco o nulla sapevo, specie nella seconda parte quando la telecamera segue l'addestramento di un gruppo paramilitare inneggiante ad una rinascita americana ispirata ai valori di patria e famiglia declinati però in maniera delirante. Il finale con il bombardamento e l'esplosione dell'auto dove è stato piazzato il pupazzo di Obama è uno dei momenti più potenti di un film interessante e che ha fatto molto discutere. Innegabili il notevole talento registico e l'originalità dell'approccio documentaristico di Roberto Minervini, una prospettiva che mi lascia comunque qualche perplessità.
Sofferenza totale per arrivare ai titoli di coda. Può anche darsi che il mio giudizio ne sia stato influenzato. A parte la scomodità storica delle sedie del cinema all'aperto che frequentiamo, sembrava veramente di starci nelle paludi della Louisiana per il caldo feroce e l'umidità. Mai vista una roba simile! Detto da uno che il caldo lo sopporta alla grande.