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giovedì 28 marzo 2019

Autobiografia musicale in 100 canzoni: Gioia e Rivoluzione

In quinta elementare scappai di casa, mentre mio cugino incredibilmente riuscì a fuggire da scuola. Eravamo in sezioni diverse, ma avevamo due insegnanti veramente stronzi: dei residuati del fascismo che menavano come fabbri. Io non le avevo mai prese, ma il mio compagno di banco, per aver sbagliato platealmente il cognome, ricevette due ceffoni con tanto di sbruffi di sangue che dal suo naso finirono sul mio quaderno e sul grembiule. Il paradosso è che oggi succede esattamente il contrario, ma sarebbe un lungo discorso.
Sta di fatto che un giorno di primavera, all'alba uscii in punta di piedi e andai a nascondermi in aperta campagna dietro l'argine di un fiume con una scorta di cibo. Si mobilitò tutto il paese e prima di sera mi ritrovarono. Parenti e conoscenti, scandalizzati, consigliarono subito ai miei genitori di mandarmi in collegio, dove nel frattempo erano già finiti i miei cugini. Per fortuna non andò così.
In gioventù ribellarmi alle ingiustizie e al conformismo è stato fisiologico, ma nell'arco dell'esistenza e ad ogni età ci sono sempre mille modi per farlo: dalla rivolta adolescenziale de I 400 colpi a quella senile di Ella & John, in fuga col camper fregandosene delle convenzioni.

Le rivolte del '77 a Bologna sono state una palestra ideale: ero ancora giovanissimo, simpatizzavo con gli indiani metropolitani e con l'ala più libertaria e anarchica del movimento. Cominciai a trasmettere in una radio libera, ma libera veramente.

#1 Gioia e Rivoluzione - Area (Crac! 1975)

martedì 9 febbraio 2016

Il primo social network prima che i social network venissero immaginati


Il 9 febbraio 1976 con l'inno americano storpiato da Jimi Hendrix iniziarono a Bologna le trasmissioni di Radio Alice, la radio che diede una spallata al mondo della comunicazione. Un'avventura durata poco più di un anno e conclusa con i carri armati in città e la drammatica chiusura in diretta con i carabinieri a fare irruzione durante le trasmissioni.
L'idea di rete bidirezionale e di comunicazione orizzontale; l'utilizzo per la prima volta al mondo del telefono in diretta senza filtri; la libertà di comunicare aperta a tutti, sono partite da qui. Come ha raccontato Bifo, un esperimento frutto «di poeti, artisti pazzoidi e di hacker antelitteram, sperimentatori tecnici». Durante le rivolte del '77 a Bologna la radio fungeva da catalizzatore, un server che smistava informazioni e controcultura quando l'etere era ancora un territorio vergine, fino a quel momento monopolio esclusivo della RAI. Bisognava esserci per capire l'entusiasmo che si respirava.
Oggi molte radio ricorderanno quella prima trasmissione: lo speciale in contemporanea su Radio Città Fujiko e Radio Città del Capo di Bologna, sarà ritrasmesso anche da Controradio Firenze, Radio Popolare Verona e Radio Flash di Torino. Ricordi anche su Radio Capital e Radio 2.

Strano il 1976. In Italia i gruppi stranieri non venivano più a suonare. Un anno di passaggio che ha sancito il tramonto definitivo dell'utopia hippie e di un certo modo di stare insieme (basti pensare al naufragio disastroso del Festival del Parco Lambro) preannunciando l'imminente rivoluzione, non solo musicale ma anche estetica, portata dal punk e dalla new wave. Bastava procurarsi un trasmettitore e nel giro di poco tempo l'idea sovversiva di collegare i fili del telefono all'antenna dilagò in tutta la penisola moltiplicando in pochi mesi le radio libere.
L'anno dopo tenevo già un programma settimanale di musica e letteratura senza dover rendere conto a nessuno. I primi ascoltatori furono i miei compagni di scuola. Era Radio Graal, la radio più anarchica di tutta la bassa romagna in cui ti potevi permettere di mettere su senza problemi un brano dei Gong anche se teneva tutta la facciata B del vinile, oppure leggere poesie di Rimbaud e Majakowskji.

Nessuno può immaginare il pathos che regnò quella sera che, come sempre in diretta, alzammo la cornetta del telefono per rispondere ad una telefonata in arrivo e, invece della voce di un ascoltatore, sentimmo uno struggente assolo di sax. 
Valerio Minnella, uno dei fondatori (dal blog Wuming).

Un buon film che ripercorre quel periodo è Lavorare con lentezza di Guido Chiesa del 2004. Si anche vedere qui dall'internet archive no profit in streaming o in download.

domenica 4 dicembre 2011

La scoperta di Frank Zappa

Diciotto anni fa, il 4 dicembre 1993, ci lasciava Frank Zappa all'età di 53 anni. 
Il nostro incontro avvenne grazie ad una radio, di quelle che allora erano definite "libere"; si chiamava Radio Graal, luogo di incontro autogestito dove nella seconda metà degli anni settanta confluiva dalla bassa romagna un'umanità varia costituita da fricchettoni, anarchici e verso la fine, anche i primi punk. Chiunque poteva trasmettere ed io (nonostante fossi uno sbarbatello) ne approfittai per inserirmi nel palinsesto colabrodo che lasciava spazio a chiunque. Un'esperienza breve che si concluse dopo un anno circa dalla chiusura di Radio Alice a Bologna.
Spulciare tra le centinaia di L.P. presenti in radio era come entrare in una realtà parallela fatta di disegni, testi, nomi e copertine fantastiche che accendevano la mia fantasia e la voglia di ascoltare e saperne sempre di più. Fu allora che scoprii  gruppi come Gong, King Crimson ed anche Frank Zappa. Quest'ultimo risultava un po' troppo ostico per le mie orecchie ancora acerbe, fino a quando ad una festa qualcuno non fece girare sul piatto Over-nite Sensation e fu un colpo di fulmine: finalmente cominciai ad apprezzare il genio di un chitarrista e compositore che fino ad allora avevo considerato, con superficialità, un personaggio bizzarro e musicalmente complicato. Un disco che ancora oggi amo alla follia.
Frank Zappa ha saputo arricchire... una musica che nel mondo non ha visto più rivali perchè inarrivabile è stato il suo stile, come irragiungibile è stata la sua capacità di shockare e stupire, di meravigliare chiunque si ritrovi davanti ad una sua opera. Pazzia, sperimentazione, gusto retrò, improvvisazioni free jazz, demenzialità sopraffina, atmosfere da cabaret: l'ennesima perla del genio di Baltimora. 
Paolo Bellipanni (la recensione completa dell'album su rockline.it)

Se n'è andato troppo presto e ci manca. 

giovedì 3 giugno 2010

Claudio Lolli e la ca' de camel

I miei amici li ho chiamati piedi, perché ero felice solo quando si partiva.
(da "Analfabetizzazione - Disoccupate le strade dai sogni)

Claudio Lolli venne a suonare nel mio paese alla festa dell’Avanti. In quel periodo il partito socialista locale tentava di contattare i cosiddetti giovani, categoria eternamente tirata in ballo, per coinvolgerli nell’organizzazione delle feste e darsi un tono di modernità. Malgrado le perplessità iniziali io e altri amici accettammo e armati di pennelli e vernici disegnammo all’interno dell’area della festa un murales psichedelico; convincemmo inoltre i responsabili intrallazzoni del partito sulla necessità di far venire Claudio Lolli a suonare. Probabilmente manco sapevano chi fosse!
Erano i mesi successivi agli scontri di Bologna, alla chiusura di Radio Alice e all’uccisione di Lorusso; alcuni di noi frequentavano l’Università, altri gli ultimi anni delle superiori e tutti più o meno eravamo orientati politicamente in un certo modo, perciò la scelta del cantautore bolognese non fu affatto casuale. Malgrado il nostro scetticismo iniziale, il concerto si fece. Era appena uscito il nuovo album, Disoccupate le strade dai sogni, che prendendo spunto proprio dai fatti di Bologna non risparmiava bordate alla sinistra con brani polemici e sarcastici come La Socialdemocrazia. La serata si trasformò in un vero happening underground con la presenza fra l'altro degli amici di Radio Graal, la radio più fricchettona e anarchica di tutta la Romagna, in cui anch'io avevo appena iniziato a trasmettere. Ricordo le discussioni furiose alla fine del concerto con il segretario della FGCI locale che accusava noi e Claudio Lolli di provocazione politica ed esaltazione della violenza. In seguito nessuno ci convocò mai più; probabilmente anche quell’unica volta, dopo aver visto i primi disegni e gli slogan del murales, i responsabili si erano quasi subito pentiti, ma ormai era troppo tardi. L’esperimento del murales ci era piaciuto e qualche giorno dopo con i resti delle vernici pagate dal PSI dipingemmo la facciata della casa dove ci trovavamo. A fine lavoro l'elemento che faceva più spicco era un cammello in primo piano su uno sfondo a tema orientaleggiante. Da allora il cammello divenne a nostra insaputa l’emblema famigerato della casa. La gente del paese aveva soprannominato il nostro covo la cà de camel. Giravano leggende su quel luogo di perdizione da cui entrava e usciva gente di ogni tipo in quello strano periodo che fu il passaggio tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80: fricchettoni, indiani metropolitani, i primi punk (in seguito dark) e varia umanità con cui sono cresciuto negli anni dell'università ciondolando tra Bologna, il bar e la ca' de camel.
Non so se per iniziativa propria o se sollecitato da qualche cittadino, un pomeriggio si presentò alla casa un Ufficiale della Polizia Municipale che in modo informale e con un certo imbarazzo ci invitò a cancellare il murale. Questo non fu mai fatto malgrado altri blandi solleciti e attualmente il murale, seppure sbiadito, è ancora al suo posto.

mercoledì 2 luglio 2008

20 Album: 3° Frank Zappa - Overnite sensation 1973

Radio Graal fu una delle tante radio cosiddette libere che, dalla metà degli anni '70, erano spuntate come funghi in tutta Italia. La radio era stata allestita con materiale di fortuna, prima occupando una sede di proprietà comunale, poi si trasferì all'interno di un capannone. La potenza di trasmissione era blanda e copriva solo alcuni comuni della Romagna. Pochi ormai se la ricordano, in rete purtroppo non si trovano tracce di quell'esperienza, magari raccontate da persone che parteciparono fin dagli esordi. L'iniziativa era partita da un gruppo eterogeneo di personaggi che comprendeva: attivisti politici della sinistra extra-parlamentare, fricchettoni storici, anarchici e cani sciolti. Iniziai a frequentarla con un certa soggezione, poichè c'erano persone anche di quindici anni più vecchie di me, coltivando il sogno di poter trasmettere. Ai suoi esordi la radio godeva di un minimo di organizzazione e i programmi avevano una certa regolarità, ma col passare del tempo la situazione era andata degenerando.
La mia frequentazione corrispose più o meno al periodo finale, in cui molti dei fondatori iniziali avevano mollato l'iniziativa. Cominciarono a sparire i dischi e la radio diventò sempre più meta di sbandati o comunque persone disinteressate alle trasmissioni. Io mi sentivo impotente di fronte a tale situazione ed era spiacevole vedere una simile opportunità sfumare inesorabilmente: Radio Graal tutto sommato era stata nel suo piccolo una spina nel fianco del potere, una voce originale, provocatoria e alternativa. Nel periodo delle contestazioni all'università di Bologna si era mantenuta in contatto con il movimento, trasmettendo notizie ed informazioni di prima mano. Non subì la stessa sorte di Radio Alice che ebbe l'onore di cadere sul campo in seguito alla rivolta dopo l'assassinio di Lorusso (11/03/77), ma chiuse per esaurimento mi pare un paio di anni dopo. Riuscii comunque a trasmettere. Diversi pomeriggi alla settimana c'erano spazi liberi e allora mi costrui un mio programma in cui leggevo poesie di Rimbaud, spezzoni dei "Canti di Maldoror" e racconti di Edgar Allan Poe intervallati dalla musica che preferivo. Mi ricordo che a scuola e al bar avvisavo i miei compagni e miei amici su quando avrei trasmesso per avere un minimo di audience che stimolasse il mio ego.
E veniamo al disco. Spulciare tra le centinaia di L.P. presenti in radio (quando ancora non avevano cominciato a sparire) era come entrare in una realtà parallela fatta di disegni, testi, nomi, copertine fantastiche. Qui ho scoperto gruppi come Gong, Genesis, King Crimson e Frank Zappa. Quest'ultimo risultava un po' ostico per le mie orecchie ancora acerbe, fino a quando ad una festa della Radio qualcuno non fece girare sul piatto "Overnite Sensation" e finalmente, grazie a questo album, apprezzai il genio di un chitarrista che fino ad allora avevo considerato con superficialità un personaggio bizzarro e musicalmente troppo complicato. Ascoltare ancora oggi brani come "Zombie Woof" e "I'm the slime" è uno spasso. Ci ha lasciato troppo presto e ci manca.