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giovedì 22 novembre 2018

Murder ballads dai fratelli Coen

Come ha detto il grande Monicelli: Il cinema non morirà mai, ormai è nato e non può morire: morirà la sala cinematografica, forse, ma di questo non mi frega niente. 
Sembrava solo una battuta, invece si sta rivelando una frase quasi profetica.
Da ex accanito frequentatore dei cinema non voglio generalizzare, ma spesso, leggendo la programmazione della multisala più vicina a casa, mi prende lo sconforto. Qualche volta trovo qualcosa di interessante ma mi passa la voglia. Un film che deve iniziare alle 15, comincia alle 15.25 dopo una valanga di pubblicità più svariati trailers. Stessa musica, con minutaggio inferiore tra il primo e il secondo tempo. Allora vaffanculo: a queste condizioni me ne sto a casa.
Ed è quello che ho fatto con l'ultimo film dei fratelli Coen, purtroppo distribuito solo su Netflix. Forse sarà grazie a gente come loro se il cinema continuerà a sopravvivere anche fuori dalle sale. Peccato solo non poterlo vedere in uno schermo adeguatamente grande, perché La Ballata di Buster Scruggs segna il ritorno al western dei due fratelli con sei episodi in cui tra il tragico e il comico, il destino degli esseri umani segna il suo corso, ma come spesso accade per vie imprevedibili. La pagina di un vecchio libro apre gli episodi che scorrono così tra pistoleri logorroici, ladri di banche, attori freaks, cercatori d'oro, ragazzine ingenue e i passeggeri di un'inquietante carrozza, l'humour nero dei Coen si scatena in tutte le sue sfaccettature: un marchio di fabbrica che, come raccontava il cowboy de Il Grande Lebowski, non fa altro che mettere in scena la dannata commedia umana che procede e si perpetua.

giovedì 4 ottobre 2018

Effetto serie / effetto cinema

Avere sempre più possibilità di scelta da molteplici piattaforme, sta creando un effetto bulimico e un aumento della difficoltà nell'andarsi a cercare le serie migliori. La luna di miele iniziata ormai dieci anni fa con Breaking Bad e continuata con True Detective, si è fermata con Barry: l'ultima cosa che mi ha veramente convinto e divertito. Sto diventando sempre più selettivo ma nonostante ciò le ultime tre serie che ho visto mi hanno deluso o annoiato. Puntavo parecchio su Maniac () ma alla fine, molta forma e poca sostanza: a tratti un esercizio di stile quasi irritante. Dopo le vette sublimi di True Detective, un Fukunaga incomprensibile. Dopo un inizio fulminante, anche Castle Rock (@@) è andato alla deriva in uno stallo privo di interesse con una trama inconsistente. La seconda stagione di Ozark (@@½) è stata un riempitivo senza infamia, né lode. La pilota di questa teiera ieri sera è tornata entusiasta dall'anteprima al cinema de L'amica geniale (a parte il furto di 12 euro). Speriamo bene, visto che spesso i nostri gusti coincidono.
Con la fine dell'estate è tornata prepotente la voglia di cinema: la mia lista si allunga di giorno in giorno (Spike Lee, Gus Van Sant, Terry Gilliam). Oltretutto ho sempre tante lacune da colmare: film di culto consigliati da amici (La morte corre lungo il fiume) e curiosità varie, come i film meno noti di registi che adoro (tipo Kaurismäki) che sono lì in attesa. 
Stay tuned, sempre che vi vada. Lo so, questa teiera dopo dieci anni comincia a mostrare la sua età e a perdere qualche colpo, ma più di tre o quattro post al mese sono la dose che posso reggere senza forzare un'ispirazione che va e che a volte viene. 

giovedì 20 settembre 2018

Sulla nostra pelle

Ho visto Sulla mia pelle: devastante e al tempo stesso coinvolgente e sincero. Senza sconti per nessuno, Cucchi compreso. Non mi piace la definizione di film necessario, quello che conta è che ti fa vedere con una lente d'ingrandimento come la stupidità della burocrazia e la violenza di uno Stato, unite all'indifferenza dei suoi rappresentanti, possono annientare la vita delle persone. A tutti prima o poi sarà capitato di provare sulla propria pelle la rabbia e la frustrazione nel trovarsi di fronte a un muro di gomma; una barriera eretta da funzionari di qualsiasi settore si voglia; ottusi rappresentanti di un apparato statale che verrebbe voglia di radere al suolo per ricostruire da zero. C'è chi ne è uscito ammaccato moralmente e/o fisicamente, ma c'è anche chi come il povero Cucchi, ci ha lasciato le penne.



E come troppo spesso accade in Italia, è stato nauseante l'atteggiamento di condanna del film da parte di certi settori delle forze dell'ordine, che continuano ancora a giustificare e a difendere l'indifendibile: Aldrovandi, G7 e compagnia bella. Va bene solo Don Matteo.


lunedì 18 giugno 2018

A Very English Scandal: Frears, Polanski, le serie e il cinema

Le serie stanno togliendo spazio al cinema. Questo mi dispiace,  perché il fascino del buio di una sala è insostituibile, ma è un dato di fatto che spesso riescano ad imporsi grazie alla qualità delle produzioni. E' il caso di A Very English Scandal, miniserie in tre episodi prodotta da BBC e Amazon Studios che ha rilanciato alla grande Stephen Frears, un regista che ho molto amato soprattutto in passato (basti ricordare My Beautiful Laundrette, Le relazioni pericolose, Alta Fedeltà). Nel raccontare le vicende dello scandalo che travolse il leader liberale Jeremy Thorpe, il regista inglese ritrova tutta la sua verve sarcastica rappresentando in modo magistrale l'ipocrisia della società a cavallo fra due decenni: gli anni '60 quando l'omosessualità nel Regno Unito era ancora un reato, fino alla fine degli anni '70. 
Ben Whishaw e Hugh Grant sono i due protagonisti di una storia poco conosciuta fuori dall'Inghilterra, ma che ebbe una grande eco a livello mediatico facendo emergere oltre agli aspetti pruriginosi della loro relazione segreta, altre questioni più serie e sempre attuali come la corruzione della politica, l'omofobia e il rapporto di forza sproporzionato tra il cittadino comune e le stanze del potere.



Delusione invece per l'ultimo film di Polanski (altro regista molto amato) dal quale mi aspettavo di più. Quello che non so di lei, nonostante la collaborazione con Assayas ricalca senza sussulti il tema prevedibile del doppio, come avesse inserito il pilota automatico. Mancano la scintilla e lo stile corrosivo di opere come Carnage, per parlare solo di uno dei suoi film più recenti.

sabato 12 maggio 2018

Distopie presenti e future: The Rain, Westworld, The Crossing, The Handmaid's Tale, 3%

Dopo un periodo poco prolifico, grazie alle serie, la fantascienza negli ultimi anni è tornata vitale. A volte pure troppo! Infatti non tutto quel che luccica è oro; notevole ad esempio è stata la delusione per Altered Carbon.
Nelle prossime settimane inizierò comunque a seguire diverse storie, per poi decidere quali meritano di essere portate a termine. Con calma. Al momento, dopo appena quattro puntate, sono immerso in una delle cose migliori prodotte nell'ultimo decennio insieme a Breaking Bad: si tratta di The handmaid's tale. Chi volesse approfondire, ne ho già parlato qua. Sulle altre ci torneremo più avanti, forse. 
Dico forse, perché anche se in questi giorni mi è tornata la voglia di scrivere, la carenza di sonno dovuta ad un disturbo notturno di cui mi sto lentamente liberando, di giorno mi fa quasi assopire e (senza quasi) incazzare; specie se capita quando mi siedo davanti ad una tastiera. Forse i dieci anni di blog (fra un mese il compleanno) si fanno sentire? Chissà! 
Nel frattempo, chi è appassionato del genere butti un occhio su:

- The Rain (serie danese) Netflix
aggiornamento: Dopo poche puntate si è capito che siamo nel filone young adult, però con attori mediocri e dialoghi di una banalità sconcertante. Peccato, perché l'idea di partenza e l'ambientazione non sono male.

- 3% (serie brasiliana 2 stagione) Netflix

- Westworld 2 (Sky Atlantic) - Per ora non si capisce una mazza, ma il fascino resta inalterato.

- The Crossing (serie ABC) ora su Amazon. Forse la meno promettente, anche se in realtà la trama sembra intrigante. 

ps:  Senza bisogno di spingerci troppo nel futuro abbiamo già le nostre realtà più o meno distopiche...  Dipende dalla prospettiva da cui si guarda, ma dalla caduta del muro di Berlino in poi fino ad arrivare a Trump, a Putin e all'Europa attuale, qualcosa è andato storto.

mercoledì 31 gennaio 2018

Chiamami col tuo nome, Lady Bird e dei film sull'adolescenza

A partire da I 400 colpi, tutti i film che parlano di adolescenza e delle scelte cruciali che si compiono in quest'età, esercitano su di me un fascino irresistibile. Sarà che quando è stato il mio turno, dai 15 ai 20 anni, ho vissuto una ribellione talmente radicale e spiazzante per i miei genitori e per le persone che mi conoscevano, da segnare un solco indelebile che mi ha accompagnato fino alla giovinezza per poi proseguire all'età adulta. L'ho raccontato a più riprese, soprattutto nei primi anni del blog. Lady Bird, esordio di Greta Gerwig alla regia, rientra in questa tipologia di film, quelli cioè in grado di catturare la complessità di un periodo irripetibile in maniera intelligente e da diverse angolature: il conflitto con i genitori, le aspirazioni, l'importanza delle amicizie, la voglia di libertà, la scoperta del sesso. In tutto questo Saoirse Ronan, nonostante l'età non proprio più adolescenziale, è perfetta nel rappresentare tutte le sfumature: dall'ironica alla più drammatica.








Non mi unisco al coro di soli elogi, pur ritenendo il film di Guadagnino un'opera ben riuscita.

Poetico ed elegante, con una ricostruzione storica impeccabile che restituisce tutto il fascino dei primi anni '80.

L'estate italiana protagonista voluttuosa di un romanzo di formazione che ogni adolescente potrebbe aver vissuto, al di là dell'estrazione sociale e dell'orientamento sessuale.

L'inquietudine amorosa e il fascino del desiderio raccontati con grazia.

Altri aspetti positivi: le interpretazioni e la colonna sonora. Bellissima Mistery of Love di Sufjan Steven

Il monologo del padre (molto esaltato) l'ho trovato inizialmente commovente, ma da un certo punto in avanti talmente nobile ed elevato da risultare inverosimile.

Premetto che non ricerco l'azione nel cinema. Forse è solo un'impressione soggettiva, ma l'evolversi della trama ha un andamento costantemente prevedibile. Ti portano là, esattamente dove immagini ti vogliano portare fin dalla prima inquadratura. Per questo, momenti di noia hanno rischiato di prendere il sopravvento. Per ora nessuno, da quello che ho letto in giro, l'ha sottolineato o forse l'ha voluto ammettere.




Filmografia Coming of age: i migliori 10 visti negli ultimi 10 anni
  • Juno - Jason Reitman (2007)
  • L'amore che resta - Gus Van Sant (2011)
  • This is England - Shane Meadows (2011)
  • Broken - Una vita spezzata - Rufus Norris (2012)
  • Moonrise Kingdom - Wes Anderson (2012)
  • Noi siamo infinito  - Stephen Chbosky (2012)
  • Boyhood - Richard Linklater (2014)
  • Divines - Houda Benyamina (2016)
  • Sing Street - John Carney (2016)
  • Tutto quello che vuoi - Francesco Bruni (2017)

venerdì 19 gennaio 2018

Influenza all'italiana e poi un libro, un film e un disco

Non sono superstizioso, se però il 2018 dovesse mantenere questo indirizzo per me potremmo anche chiuderlo qui, o perlomeno saltare i primi mesi evitando così lo starnazzìo della campagna elettorale.

Dopo il ritorno devastante la mattina di capodanno, sotto una bufera di neve che mi ha costretto a montare le catene riducendomi le mani come un minatore del primo '900, potrei parlare della vaccinazione antinfluenzale. Sono reduce da una settimana di febbre ed emicrania e vengo a sapere (fonte I.S.S.) che la trivalente distribuita in Italia non copriva il ceppo B Yamagata e che solo la tetravalente sarebbe stata efficace.
Va bene, cose a cui si può sopravvivere, soprattutto quando si recupera il tempo per leggere un libro che era in attesa da mesi, di vedere un bel film che pare abbia anche messo tutti d'accordo e riscaldare le ossa dai postumi della febbre con Glen Hansard . 














Era "pulita": niente piercing, né tatuaggi, né scarificazioni.
I ragazzi di oggi erano tutti così. E come dargli torto, pensava Alex, avendo visto tre generazioni di tatuaggi flaccidi afflosciarsi come tappezzeria mangiucchiata dalle tarme su bicipiti svuotati e culi cadenti? 
Una decina di personaggi incrociano le loro esistenze su diversi piani temporali ed in età differenti. Dal passato (siamo alla fine degli anni '70 in piena furia punk) verso un futuro prossimo asettico e uniformato. La musica e i suoi mutamenti nella società a fare da filo conduttore. Letto con anni di ritardo ma ne valeva la pena.