mercoledì 29 maggio 2019

Gli unici nazionalisti

A parte i genitori, gli amici e le amiche con cui siamo cresciuti, esistono altri uomini e donne che non abbiamo mai incontrato personalmente ma che hanno contribuito, in maniera a volte anche determinante, a farci diventare quello che siamo. Grazie alla loro musica, arte, cinema e letteratura ci innalziamo oltre le brutture dell'esistenza quotidiana. Uno degli ultimi in ordine cronologico è Matthew "Matt" Berninger, la voce di The National: l'unico Nationalista che potrò mai supportare. Col nuovo album, I'm easy to find, è tornato a riscaldarci con la sua voce baritonale e con la sua band di antidivi, questa volta accompagnati da un quintetto femminile d'eccezione: Gail Ann Dorsey (la bassista di Bowie), Lisa Hannigan, Sharon Van Etten, Mina Tindle e Kate Stables.

mercoledì 22 maggio 2019

Un angolo speciale della mia libreria


Nella mia libreria uno scaffale è occupato solo dalle opere del collettivo bolognese Wu Ming. Esattamente vent'anni fa, quando erano ancora Luther Blisset, usciva Q: per me un romanzo storico illuminante, un fottuto capolavoro. A posteriori lo ha certificato anche Libero, un giornale che ha fatto della raffinatezza culturale la sua cifra: «Altai è una boiata, proprio come Q
Da ieri è in libreria con un'edizione speciale illustrata.
Breve post solo per dire grazie per questi anni di storie e di Storia.
Spesso sono criticati per le posizioni estreme, ma è anche grazie a loro se al salone del libro di Torino non si è consumato il definitivo sdoganamento del fascismo. Come disse Pertini: "Essere antifascisti è impedire ai fascisti di manifestare." 

lunedì 20 maggio 2019

A nin pos piò (I can't stand it anymore)

I film con/dei/sui supereroi.

Prendili a casa tua.

Le pubblicità di profumi e auto.

Il tipo che quando passo al mattino ascolta sempre dalla cassa nello zaino della trap di merda.

E sempre a proposito di musica di merda: la Lounge Music
Dall'inglese (atrio o salotto). Genere musicale sfrantamaroni che si propone di evocare negli ascoltatori la sensazione di essere in un posto tranquillo, isole paradisiache o altri spazi, utilizzando temi tranquilli. 
Bene, ero a fare la spesa e in sottofondo c'era una versione lounge di The rythm of the night. La reazione in me suscitata era di procurarmi una mazza e devastare tutti gli scaffali.

"Lo dico da papà"
E' proprio vero che a volte per riconoscere un coglione bastano quattro parole...

Come si dice non ne posso più dalle vostre parti ?

giovedì 16 maggio 2019

Gli altri '80: Clock DVA - Beautiful Losers






















Al netto delle tastiere tamarre, del synth-pop plastificato e del rock da stadio, gli anni '80 (sulla scia della fine del decennio precedente) hanno prodotto nuovi generi e band seminali. Mi riferisco in generale a post punk e new wave in tutte le derivazioni: correnti musicali che in futuro potrebbero confluire in un programma radiofonico, incentrato proprio su una decade spesso valutata in maniera frettolosa e superficiale. Se per la musica italiana del periodo non salvo un granché (Crêuza de mä però è nell'empireo) allargando lo sguardo, si potrebbe cominciare da Talking Heads, David Sylvian, The The, Cure, giusto per fare qualche nome tra i più noti, ma grattando sotto lo strato più superficiale, è bello andare a ripescare altri artisti di valore con una carriera più distante dai riflettori principali, ma non per questo meno interessanti.
  
I Clock DVA, il cui nome fu ispirato dal romanzo di Burgess A Clockwork Orange (da cui anche Arancia meccanica) sono un ottimo esempio di avanguardia e commistione di sonorità: jazz, funk, elettronica e industrial. Siamo a Sheffield all'inizio degli anni '80, la città grigia e alienante delle industrie siderurgiche che ha visto nascere band come ABC, Cabaret Voltaire, Heaven 17 e Human League. Fondatore, leader, paroliere, nonché pianista e trombettista dei Clock DVA è Adi Newton. Dopo il primo album Thirst la band si fece notare anche al di fuori degli ambienti alternativi e fu messa sotto contratto dalla Polydor per il secondo album intitolato Advantage.
“Advantage” resterà la formula perfetta. L’alchimia in grado di traghettare le intuizioni dei pionieri industrial di Sheffield verso un sound moderno e totale, dove ogni steccato di genere veniva definitivamente abbattuto. (onda rock)

  

venerdì 3 maggio 2019

Disintegration, blob e la fine di un decennio

Maggio 1989: da pochi mesi mi ero trasferito sulla teiera volante con la pilota che amavo (e amo tuttora) e il fatto di avere finalmente un posto tutto nostro dove vivere, mi trasmetteva una strana e confusa sensazione. Col senno di poi, immagino che fossero momenti di pura felicità. Dopo una vita di cassette, vinili e puntine, avevo comprato il primo lettore cd e ne ero entusiasta. Mai avrei pensato che appena trent'anni dopo sarebbe andato in pensione, mentre i vinili avrebbero resistito, rimontato e vinto come in una maratona. 
Da poche settimane era comparso su Rai 3 un programma anarchico, capace di ribaltare i significati e crearne di nuovi; era inoltre appena uscito l'album di un gruppo che avevo amato da ragazzino e successivamente perso per strada. I dischi e i film spesso invecchiano male, ma questo, uscito esattamente 30 anni fa, non lo ha fatto; è uno di quelli che ascolto ancora grazie allo sterminato archivio di una chiavetta usb che tengo sempre in macchina e quando parte questa canzone il volume si alza al massimo e partono i brividi. Così come Blob ne sancisce ferocemente la fine, Disintegration è uno degli ultimi frammenti degli anni '80. All'epoca non ce ne siamo resi conto, ma oltre ad essere un ritorno alle radici dark dei Cure, è un album definitivo che rappresenta la fine della giovinezza per Robert Smith e per noi, i suoi coetanei, cresciuti ascoltando quel disco dalla copertina rosa acceso con in primo piano un frigorifero, un'aspirapolvere e una lampada.