lunedì 29 ottobre 2018

Album vissuti: Bruxelles, Londra, Amsterdam 1979 - Regatta de Blanc

Ero da poco iscritto all'università di Bologna quando nell'autunno del 1979, con i soldi della vendemmia, partii solitario per un viaggio nelle capitali nord europee. Bruxelles, Londra ed infine Amsterdam, dove mi ero messo in testa di cercare Sante, un amico partito diversi mesi prima e dato per disperso anche dalla famiglia. In un'epoca in cui i cellulari non esistevano neppure nei libri di fantascienza, ebbi una botta di culo notevole e per una serie di circostanze casuali riuscii a scovarlo: viveva in un ex-brefotrofio occupato più che altro da olandesi e tedeschi. Anch'io, dopo due notti passate in un ostello, decisi di trasferirmi lì e di prolungare il viaggio. 
Finiti i soldi e le gozzoviglie, riuscimmo a trovare lavoro in un ristorante di lusso sul Mare del Nord. E' rimasto indelebile il ricordo della radio olandese che quasi tutte le sere, mentre lavoravamo, trasmetteva Message in a bottle o Walking on the Moon. Io e Sante eravamo stati assunti in nero per stare in cucina insieme a due egiziani. Io mi occupavo dei piatti che i camerieri portavano dalla sala: li vuotavo, li sciacquavo e li mettevo nella lavastoviglie. La giornata lavorativa iniziava verso le 17: mangiavamo e quindi ci si metteva al lavoro. C'era un ottimo pasticcere e ogni sera potevo assaggiare diversi tipi di dolce che a volte i clienti del ristorante neppure sfioravano. Le serate libere spesso le passavamo dai nostri vicini di stanza, sempre forniti di cibo e birra: un tedesco e un inglese di nome Terry. Il tedesco era di poche parole, lo chiamavamo l'uomo di Neanderthal perché aveva i capelli lunghi, barba incolta e biondiccia, naso da pugile; prendeva le bottiglie di birra, toglieva il tappo con i denti e le scolava. Terry invece era un personaggio da film: scuro di pelle, tutto tatuato; era stato nella legione straniera e in giro per il mondo. Ogni sera ci raccontava storie incredibili ed anche se a prima vista sembrava un po' inquietante, ci aveva come adottato ed era sempre cordiale e protettivo nei nostri confronti. Entrambi lavoravano come muratori e Terry, per sottolineare la durezza del lavoro, ci ricordava spesso, battendo le nocche nel muro: "The wall is concreet", mentre il tedesco annuiva scimmiescamente in segno di approvazione. Ai primi di dicembre fummo licenziati senza preavviso e venimmo a sapere da un cameriere italiano che ci avevano sostituito con altri due egiziani: sicuramente avevano accettato il lavoro per una paga inferiore. Ormai era Natale e con grande sollievo dei miei genitori, ma gran dispiacere di Terry, decisi di tornare a casa; ritornò in Italia anche Sante, ma col tempo prendemmo strade molto diverse. Lo rividi raramente, si stava perdendo e rimasi gelato quando, alcuni anni dopo, venni a sapere che ci aveva tragicamente lasciato.

Anche se non sono stato un fan accanito dei Police, questo loro secondo album mi è rimasto nel cuore: oltre a piacermi ancora un sacco, mi commuove, perché ricorda l'amico col quale ho condiviso un periodo pazzesco della mia vita. Un disco dove Sting, Copeland e Summers, se proprio non inventano un genere, ci vanno molto vicini, creando un sound unico e impossibile da non riconoscere: un vero marchio di fabbrica. In certi ambienti veniva criticato e perfino sbeffeggiato (come ricordo di aver visto fare dai Damned dal vivo). In piena era post-punk appariva troppo leggero e commerciale. Io stesso preferivo i Joy Division che lo stesso anno (pochi mesi prima) erano usciti con Unknown Pleasure, ma come in tutti i dualismi che si rispettino, ombra e luce coesistono e si alternano a seconda dei periodi ed entrambi questi album sono nella lista di quelli che porterei sulla classica isola deserta.

giovedì 18 ottobre 2018

Cinque libri che mi piacerebbe vedere sullo schermo

Q è il libro che ho in mente da più tempo. Fu una folgorazione che è ancora viva vent'anni dopo. Complesso e coinvolgente, il primo romanzo del collettivo Wu Ming (all'epoca Luther Blisset), meriterebbe una serie proprio per l'ampiezza e la profondità dei temi trattati. Qualche anno fa c'era stato un approccio di cui gli autori hanno dato conto nel loro blog, ma a quanto pare il progetto si è arenato.







Ci hanno provato con Le Correzioni, ma dopo una puntata pilota non si è realizzato. Poi è stata la volta dello straordinario Purity; Franzen si era impegnato anche nella sceneggiatura e Daniel Craig, era stato incluso fra i potenziali protagonisti della serie. Le riprese avrebbero dovuto iniziare all’inizio del 2017 ma la produzione si è fermata. Alla fine forse è meglio così, perché per far rendere in video il libro di Franzen servirebbe alla regia una mente altrettanto brillante: non dico un Kubrick, che non ne esistono più, ma almeno qualcuno tipo Paul Thomas Anderson. E come ha dichiarato lo stesso autore:“Una buona parte di me sarebbe molto orgogliosa di non vedere mai realizzato un adattamento dei miei libri, perché se volete un’esperienza vera, c’è solo un modo per averla. Dovete leggere”.
Un virus si diffonde sulla Terra, ma colpisce e uccide solamente la popolazione adulta. I giovanissimi che sopravvivono devono riorganizzare la società, ma il modello ricorda quello feroce de Il signore delle mosche. Il viaggio di Anna e del fratellino, attraverso una Sicilia devastata dal ritorno al tribalismo e dalla mancanza di risorse, è il fulcro del racconto. Un mondo dove l’istinto vince sulla ragione e dove ci si scanna per una merendina. Sembra scritto apposta per essere filmato.  








L'avevo già scritto quando uscì qualche anno fa: mentre lo leggevo, immaginavo già le scene di un film con tanto di colonna sonora diegetica. L'amico Nicola ha il dono del saper raccontare e Quattro soli a motore è sorretto da una scrittura ironica e pungente che non annoia mai. Il racconto in prima persona delle vicende di Corradino nell'estate del 1978, durante il passaggio cruciale tra infanzia e adolescenza, ha qualcosa di familiare e universale. Si incontrano una serie di personaggi che si stampano subito nella memoria grazie a  poche e incisive pennellate che delineano ritratti indimenticabili, come l'odiosa zia ammazza-gatti; il misterioso centenario Kestenholz, la bigotta De Ropp, lo sgradevole prete Nocche Pelose e tanti altri. 




..ballate di paranoia e alienazione strappata dal petto di un uomo che – bastava guardarlo per capirlo – non aveva mai posseduto una pagina o un profilo o un nickname o un microportatile, che non era nella banca dati di nessuno, un uomo che per tutti quegli anni era vissuto negli interstizi, dimenticato e rabbioso, in un modo che ora risultava puro. Incontaminato. 
Una decina di personaggi incrociano le loro vite su diversi piani temporali ed in età differenti. Dal passato (siamo alla fine degli anni '70 in piena furia punk) verso un futuro prossimo asettico e uniformato. La musica e i suoi mutamenti nella società a fare da filo conduttore. Una storia che al cinema nelle mani giuste e con una colonna sonora da paura (che ho già in mente) potrebbe diventare un capolavoro. Scotty, ex chitarrista dei Flamingo Dildo, lo immagino con le fattezze di John Frusciante.

lunedì 15 ottobre 2018

Futuro invisibile

Potevo chiedervi come si chiama il vostro cane
Il mio è un po' di tempo che si chiama Libero
De André - Amico Fragile

All'inizio di questa storia si racconta della sparizione di un'intera città. Si fanno chiamare Invisibili. Hanno imparato a muoversi tra le pieghe della società civile come fantasmi, abitando le aree abbandonate del territorio reale. Il libro è la prima parte de “La trilogia degli evaporati" 

Visionario e con spunti parecchio stimolanti. A volte succede che un libro che all'improvviso accenda lampadine che se ne stavano lì pronte in un angolo della mente, in attesa di qualcuno o qualcosa che premesse l'interruttore. Un'illuminazione per far prendere forma a concetti intangibili che diventano parole nitide in grado di riflettere ciò che hai elaborato dopo tanti anni di lavoro.
Non è stato per modestia e né per scarsa voglia che sono voluto ritornare ad essere un soldato semplice, ma solo perché così il tempo improduttivo è tornato ad essere mio alleato. Il mito della crescita infinita... che si fottano! Come ultimo atto, terminata questa pantomima, bisognerebbe proprio trovare la strada e il coraggio per ritirarsi; sempre più underground, non catalogabili. Fino a diventare un giorno invisibili. Forse l'unica utopia ancora immaginabile per ribellarsi alla società in cui stiamo vivendo. 

Viviamo in un'epoca di grandi cambiamenti, un'epoca in cui la tecnologia è sempre più pervasiva e la nostra identità, la nostra vita, sempre meno private. Entriamo in un negozio e dopo qualche minuto Facebook ci propone pubblicità dei prodotti che erano in vendita in quel negozio. Ci tracciano, ci ascoltano, sanno tutto di noi e noi diciamo loro tutto, tramite i social, tramite le nostre tracce elettroniche. Allora forse la vera rivolta, il vero sovvertimento del sistema non sarà opporsi alla globalizzazione, opporsi alla finanza, opporsi all'autorità, ma semplicemente sparire. Diventare invisibili al sistema, non lasciare più tracce, costruirsi una vita non solo fuori dagli schemi, ma proprio del tutto fuori dal sistema.
da fantascienza.com


giovedì 4 ottobre 2018

Effetto serie / effetto cinema

Avere sempre più possibilità di scelta da molteplici piattaforme, sta creando un effetto bulimico e un aumento della difficoltà nell'andarsi a cercare le serie migliori. La luna di miele iniziata ormai dieci anni fa con Breaking Bad e continuata con True Detective, si è fermata con Barry: l'ultima cosa che mi ha veramente convinto e divertito. Sto diventando sempre più selettivo ma nonostante ciò le ultime tre serie che ho visto mi hanno deluso o annoiato. Puntavo parecchio su Maniac () ma alla fine, molta forma e poca sostanza: a tratti un esercizio di stile quasi irritante. Dopo le vette sublimi di True Detective, un Fukunaga incomprensibile. Dopo un inizio fulminante, anche Castle Rock (@@) è andato alla deriva in uno stallo privo di interesse con una trama inconsistente. La seconda stagione di Ozark (@@½) è stata un riempitivo senza infamia, né lode. La pilota di questa teiera ieri sera è tornata entusiasta dall'anteprima al cinema de L'amica geniale (a parte il furto di 12 euro). Speriamo bene, visto che spesso i nostri gusti coincidono.
Con la fine dell'estate è tornata prepotente la voglia di cinema: la mia lista si allunga di giorno in giorno (Spike Lee, Gus Van Sant, Terry Gilliam). Oltretutto ho sempre tante lacune da colmare: film di culto consigliati da amici (La morte corre lungo il fiume) e curiosità varie, come i film meno noti di registi che adoro (tipo Kaurismäki) che sono lì in attesa. 
Stay tuned, sempre che vi vada. Lo so, questa teiera dopo dieci anni comincia a mostrare la sua età e a perdere qualche colpo, ma più di tre o quattro post al mese sono la dose che posso reggere senza forzare un'ispirazione che va e che a volte viene.