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venerdì 8 maggio 2020

Prima di noi















Quattro generazioni che attraversano un secolo di storia italiana: dalla prima guerra mondiale ai nostri giorni. Di solito nutro una certa diffidenza per i libri lunghi (come anche i film) e questa è un'opera colossale che tuttavia si legge tutta d'un fiato nonostante le quasi novecento pagine. 
Giorgio Fontana (autore che non conoscevo, classe 1981) ci regala un grande romanzo che poi è la storia di milioni di famiglie italiane; lo fa con personaggi credibili alle prese con la Grande Storia; come lo siamo tutti in fondo e come recita De Gregori ne La Storia siamo noi. Una cicatrice che resta impressa sulla pelle. Si inizia con la disfatta di Caporetto e la fuga di un soldato disertore nelle campagne friulane, per poi proseguire con l'avvento del fascismo, la seconda guerra mondiale, la ricostruzione, le lotte operaie, le contestazioni giovanili, il terrorismo, fino alla globalizzazione e alle fragilità dei giovani del nuovo millennio. Ho rivisto in parallelo la storia dei miei nonni: quello paterno tornato traumatizzato dalla Grecia con i piedi in cancrena e quello materno, falegname analfabeta, inventore di filastrocche romagnole (zirudell) per sfottere i potenti. Poi mio padre, la sua breve militanza in potere operaio e la fede a tratti ottusa di quelli della sua generazione nel sol dell'avvenire; fino alla frattura generazionale di fine anni settanta e l'incapacità di familiari e parenti di capire ogni mia scelta. Infine le problematiche complesse delle giovani generazioni che ho modo di toccare con mano grazie al lavoro che svolgo. Un libro ambizioso sì, ma anche molto coraggioso con riferimenti alla grande letteratura. Progressivamente ci si affeziona ai personaggi e infine ci si innamora di questa saga familiare nella quale mi sono immerso con una passione come non accadeva da qualche anno.
Per la potenza del racconto e per il suo ampio respiro vedrei bene un adattamento cinematografico o ancor meglio seriale.

domenica 5 aprile 2020

C'è troppa gente in giro? Too much pressure!

















Stamattina in panetteria c'erano tre persone prima di me in attesa di entrare: ho scoperto che la prima era una tipa che si trovava a 10 m. dall'ingresso fra le auto parcheggiate nella piazzetta. Con tutta la prudenza necessaria e soprattutto con il rispetto per la tragedia che ha colpito migliaia di persone, questa mi pare una forma di psicosi in piena regola: non è che stiamo un tantino esagerando? Ovunque il leitmotiv quotidiano è c'è troppa gente in giro. Cittadini indignati e giustizieri da social scrivono post incarogniti contro presunti untori/camminatori, minacciando foto (o addirittura scattandole) salvo poi fare marcia indietro per non beccarsi una giusta denuncia. All'epoca sarebbero stati ligi collaboratori di quartiere dell'OVRA. Un conto sono la coscienza civica e il rispetto assoluto delle regole, un altro è trasformarsi in cacciatori di streghe.

Ora spiego una cosa semplice: abito in una zona centrale e ieri sono uscito a piedi per andare in farmacia a prendere dei medicinali per mio padre. Nello spazio di 200 metri abbiamo alcuni fra i pochi esercizi ancora aperti: un frutta e verdura, due panetterie, un negozio di articoli per l'igiene, l'edicola, la tabaccheria, un supermercato. In paese di dodicimila abitanti, vorrei che qualcuno mi spiegasse come sia possibile pretendere che non ci sia nessuno in giro.

lunedì 23 marzo 2020

Cara catastrofe 4 - Dagli all'untore

I promessi sposi (1840) 666.png
l’untore! dagli! dagli! dagli all’untore!"
“Chi? io! ah strega bugiarda! sta zitta,” gridò Renzo; e fece un salto verso di lei, per impaurirla e farla chetare. Ma s’avvide subito, che aveva bisogno piuttosto di pensare ai casi suoi. Allo strillar della vecchia, accorreva gente di qua e di là; non la folla che, in un caso simile, sarebbe stata, tre mesi prima; ma più che abbastanza per poter fare d’un uomo solo quel che volessero.


La storia si ripete. I nuovi untori sono i runner o ancora peggio semplicemente chi, per motivi di salute come il sottoscritto, dovrebbe camminare un'oretta tutti i giorni e si vergogna o addirittura ha paura di farlo anche attorno all'isolato. Il passo dall’aggressività social a quella faccia a faccia è molto più breve di quanto sembri.
A tal proposito è molto significativo il racconto di  Pietro De Vivo, editor di narrativa e saggistica per le edizioni Alegre, fermato a Roma mentre rincasava a piedi dal lavoro e trattato come un delinquente in maniera vergognosa.

Ho appreso con tristezza della scomparsa di Gianni Mura: l'unico narratore sportivo che amavo leggere. Riusciva a farti emozionare e a volare alto con i suoi racconti e la sua cultura.

Siamo andati a suonare da nostro zio che abita in fondo alla strada per chiedergli se aveva bisogno. Chissà se abbiamo trasgredito! Classe '28, pensava di averle viste tutte: il fascismo, la fame, la guerra, l'asiatica, Chernobyl, le torri gemelle, Trump, le citofonate... Questa gli mancava, ma non gli manca mai il senso dello humour. Ci ha tirato lui su di morale. Persona fantastica.

Periodo ideale per iniziare a leggere un libro come questo (896 pagine!). Una di quelle saghe familiari che mi sono sempre piaciute. C'è tutto il tempo.

mercoledì 11 marzo 2020

Cara catastrofe

Chissà se con questo isolamento riprenderanno vita i blog, oltre ad un minimo di coscienza civica. Visti i recenti segnali, ne dubito. Comunque da un giorno all'altro sta cambiando la lista delle priorità; fra le mie non c'è mai stato l'aperitivo a Cortina o sui navigli. Mai come adesso, gli scacchi, i libri e la musica sono salvifici. 
E poi ci sono appunto le priorità. Mio padre col Parkinson, che frequentava un centro diurno per anziani, è dovuto rimanere a casa dalla sera alla mattina, per cui buona parte del mio tempo sarà dedicata a lui che abita in un altro paese e non può muoversi da casa. 
E poi mio figlio a Bologna che doveva partire, ma dovrà restare.
La sua compagna che presto deve laurearsi, ma l'università è chiusa.

Nelle nostre camere separate
a inchiodare le stelle
a dichiarare guerre
 

Dieci anni fa usciva questo disco.
  

lunedì 2 marzo 2020

Waiting for the End of the World: paranoia, virus e sogni apocalittici



Ieri sera eravamo in cinque a cena qua sulla teiera a raccontarci, come in una specie di decamerone, fatti e novelle della settimana di delirio da poco terminata. Un'amica racconta che al supermercato qui vicino un signore si è presentato alla cassa con 70 barattoli di fagioli; se non l'ammazzerà il virus saranno i problemi intestinali!
Franco, il più preparato, ci ha esposto con fervore il contenuto di Spillover, il libro di David Quammen che aveva previsto la pandemia. L'abbiamo presa come sempre con ironia, ma su quello che racconta il libro, documentato scientificamente, non c'è molto da ridere, tanto che stanotte (sarà stata la troppa piadina) ho avuto un incubo...
Sono a Bologna da mio figlio che a giorni deve essere assunto definitivamente nell'azienda per cui sta lavorando. Gli chiedo se è tutto ok, ma mi accorgo che c'è qualcosa che non va, infatti mi racconta che ha rifiutato perché deve partire per un viaggio a Hong Kong. Messo alle strette mi confessa che fa parte di un'organizzazione che propugna l'estinzione della specie umana: si introducono nelle manifestazioni per spargere virus in tutti continenti. 

Al risveglio mi è tornata in mente Utopia, una serie britannica di qualche anno fa: vaccini tenuti segreti, corporazioni e cospirazioni, virus letali e una soluzione brutale al problema della sovrappopolazione mondiale.
Che il virus sia ruspante, o che sia stato creato e diffuso intenzionalmente come arma batteriologica, l’epidemia è comunque destinata a sfuggire al controllo. E dopo il numero dei morti, bisogna preoccuparsi di quello dei non morti. Carmilla - World War V

lunedì 27 gennaio 2020

Av salùt

Per come intendo l'essere di sinistra oggi, lungi da me un qualsiasi elogio del PD, ma questa gentaglia che propone di liberarci (non si sa da cosa) mi fa ribrezzo. Per fortuna la loro infezione non ha attecchito, almeno non ancora del tutto.
Av salùt! Ci rivediamo tra cinque anni, ma a questo punto saremo noi emiliano-romagnoli a proporre la secessione...
Dai va là, si scherza, venite da noi che si sta ancora abbastanza bene.

ps: come Renzi, Matteo Salvini ha rotto i coglioni. Carmilla-Parmageddon

giovedì 6 giugno 2019

La fiera dei cialtroni

C'era una volta Berlusconi che annunciava la sconfitta del cancro; Renzi che tra mille proclami è riuscito solo in due cose: far quasi scomparire la sinistra e demolire la scuola; Di Maio che dal balcone inneggiava alla fine della povertà; Salvini che un anno fa assicurava l'espulsione di mezzo milione di clandestini (ne mancano ancora 496 mila).

Cosa prometterà il prossimo cazzaro per farsi votare dagli italiani creduloni?

In Europa almeno avanza un'onda verde e ambientalista, mentre da noi...

   Con questo passo e chiudo

venerdì 21 dicembre 2018

Un articolo che sottoscrivo, due documentari e un libro

L’immagine perfetta della contemporaneità per le nuove destre europee che si nutrono della paura è quella di una zattera sempre più piccola. Salvarsi vuol dire buttare qualcuno a mare per liberare spazio.
L'articolo in questione è quello di Christian Raimo su minimaetmoraliaUna riflessione dolorosa e cristallina sul nostro presente che si apre con una citazione tratta da Orizzonti di Gloria, il capolavoro di Kubrick.

Per chi ama musica e letteratura, mi pare il regalo ideale da fare e da farsi. Anche perché, cos'altro potrà mai salvarci dalla barbarie di cui sopra?

Robert Smith che da adolescente legge Lo straniero e scrive di getto Killing an Arab, uno dei primi successi dei Cure. William S. Burroughs e la sua tecnica di scrittura – il cut up – che influenzò Patti Smith, Michael Stipe dei R.E.M. e Kurt Cobain. Ma anche un viaggio nella narrativa Southern Gothic, fondamentale per artisti come Sparklehorse o Nick Cave, e il ruolo di Alice, il personaggio creato da Lewis Carroll, nelle canzoni dei Beatles e del rock psichedelico. I Radiohead e George Orwell.

Jimenez è una realtà editoriale indipendente nata a Roma nel 2018.


Ho letto su Solaris la recensione del docufilm Santiago, Italia di Nanni Moretti. Spero di poterlo vedere presto. Come ho commentato nel blog, una storia che mi coinvolge anche perché l'ho conosciuta una di quelle famiglie cilene, accolta in Romagna nel paese dove sono cresciuto da ragazzino. Si integrarono alla perfezione e uno dei figli entrò a far parte del gruppo dei miei amici. Tempi che purtroppo pochi ricordano e ha fatto bene Nanni a ripercorrere questa storia. 

Secondo documentario - che non vedrò mai - e che mi urta già solo col titolo è Firenze secondo me ad opera di un uomo dall'ego inutilmente smisurato. A tal proposito un articolo molto persuasivo su linkiesta che inizia così: Non lo invitiamo a cambiare mestiere, sennò poi ce lo ritroviamo di nuovo a fare il premier. E sarebbe un’eventualità decisamente più pericolosa rispetto al ruolo tutto sommato innocuo dell’Alberto Angela dei poveri.


via

giovedì 20 settembre 2018

Sulla nostra pelle

Ho visto Sulla mia pelle: devastante e al tempo stesso coinvolgente e sincero. Senza sconti per nessuno, Cucchi compreso. Non mi piace la definizione di film necessario, quello che conta è che ti fa vedere con una lente d'ingrandimento come la stupidità della burocrazia e la violenza di uno Stato, unite all'indifferenza dei suoi rappresentanti, possono annientare la vita delle persone. A tutti prima o poi sarà capitato di provare sulla propria pelle la rabbia e la frustrazione nel trovarsi di fronte a un muro di gomma; una barriera eretta da funzionari di qualsiasi settore si voglia; ottusi rappresentanti di un apparato statale che verrebbe voglia di radere al suolo per ricostruire da zero. C'è chi ne è uscito ammaccato moralmente e/o fisicamente, ma c'è anche chi come il povero Cucchi, ci ha lasciato le penne.



E come troppo spesso accade in Italia, è stato nauseante l'atteggiamento di condanna del film da parte di certi settori delle forze dell'ordine, che continuano ancora a giustificare e a difendere l'indifendibile: Aldrovandi, G7 e compagnia bella. Va bene solo Don Matteo.


venerdì 9 febbraio 2018

Sanremo e altre piccole (grandi) insofferenze
















Il Festival di Sanremo
Lo giuro, non è snobismo: non ce la faccio proprio e oltretutto non me ne frega una beata mazza di classifiche, commenti, ospiti marchettari e alla fine anche delle canzoni. L'ultima volta devo averlo visto (comunque a spezzoni) nel 1996, l'anno de La terra dei cachi. Oggi il senso è tutto in questo tweet:
Se una signora è andata in coma 50 anni fa, si sveglia ora e vede Sanremo con Baglioni, Pippo Baudo, La Vanoni e i Pooh pensa di aver dormito solo un paio di mesi.

La polo col colletto alzato
Tornerà l'estate.
Amici ometti: già la polo è triste... col colletto alzato sappiate che scatta l'effetto pavone o peggio ancora, pataca (alla romagnola con una c) che pensa di essere di figo.

I bambini che corrono, sbraitano e fanno danni nei luoghi pubblici 
La scorsa estate un pargolo di 6/7 anni che aveva l'abitudine di dare dello stupido al padre (sentito con le mie orecchie), ha scavato una buca praticamente sotto al nostro lettino nella più totale indifferenza. Vista la drammatica inerzia di certi genitori, serve una nuova figura professionale: l'esorcista da supermercato, da ristorante e da spiaggia.

Quelli che parlano al cinema
Non quelli che ridono o piangono.

Quelli che non mettono la freccia
... e quelli che in autostrada lampeggiano come pazzi arrivando da dietro (nonostante tu stia facendo i 135 km/h). Le ipotesi sono due: forse state impedendo loro di decollare; oppure, più banalmente, vogliono segnalare che loro ce l’hanno molto lungo.

martedì 5 settembre 2017

Saturazione

Dopo una domenica svagata, inizia subito ripida la settimana.
All'alba le cure termali: lo scorso inverno la sinusite mi ha devastato.
Poi una corsa per essere in tempo ad una riunione di lavoro (mentre la mia auto, profetica, puzzava di merda) ad ascoltare una grigia funzionaria dalla voce stridula con i suoi princìpi da ipermercato.
Mi ha disgustato.
Non c'è niente di più pericoloso di queste suore laiche inconsapevoli, votate alla causa di un falso efficientismo; indottrinate in modo ridicolo per uniformare i cervelli.
A lei e ai suoi mandanti va tutto il mio disprezzo.
Voglio tornare ad essere l'ultima ruota di questo carrozzone.

Sono passati vent'anni da Tabula Rasa Elettrificata, ma è ancora più attuale.

lunedì 28 agosto 2017

Tormentoni, cult e cose belle dell'estate 2017

SERIE

Top of the Lake - China Girl
Dopo quattro anni, ritornano Jane Campion e la detective Robin Griffin (Elisabeth Moss, affiancata da Gwendoline Christie, la Brienne de Il Trono di spade) con la seconda stagione di una delle serie più originali degli ultimi tempi. Una storia intricata ed intensa, ambientata in una Sydney inedita in cui, ahimè, il genere maschile ne esce con le ossa rotte. Da segnalare anche Nicole Kidman con la chioma grigia  in un ruolo interessante e diverso dal solito. Attualmente trasmessa su BBC; non si sa ancora quando in Italia.

Ozark
Jason Bateman, protagonista nel ruolo di produttore e regista di alcune puntate, è un cinico consulente finanziario che di punto in bianco si trova in guai molto seri sia con l'FBI che con il cartello della droga messicano a causa del riciclaggio di denaro. Parte in sordina, ma poi si rivela abbastanza coinvolgente e originale.

Il Trono di Spade 7
Ormai ci sono affezionato, anche se da quando gli sceneggiatori hanno sopravanzato il romanzo, la serie si sta trasformando sempre più nella lotta convenzionale tra bene e male. Chissà Martin se ha ancora voce in capitolo. Vedremo. Stasera mi aspetta l'ultima puntata.


MUSICA
Black Grape - Pop Voodoo
Una delle (poche) sorprese dell'estate. A vent'anni di distanza sono ricomparsi i Black Grape con un album bello carico fin dal titolo. Un reload positivo della scena Madchester che ebbe negli Happy Mondays il gruppo di punta.



LIBRI
Massimo Zamboni - Nessuna voce dentro. Un’estate a Berlino Ovest


Ora che di nuove barriere si arma quotidianamente il mondo, il simbolo murario è la manifestazione più concreta ed eterna del fallimento non di un regime, ma dell'esperienza umana tout court.

Il racconto dell'ex-chitarrista dei CCCP che nell'estate del 1981 lascia gli studi di medicina e si trasferisce a Berlino. La Berlino del muro raccontata con verve e sincero amore per una città unica. Uno di quei viaggi che ti cambiano la vita, grazie anche ad un incontro che contribuirà alla nascita di uno dei gruppi più influenti degli anni '80.




Jack London - Il vagabondo delle stelle
Ho (ri)scoperto grazie al post di wrong uno scrittore in passato poco considerato.
Incipit:Assai spesso, nella mia vita, ho provato la strana impressione che il mio essere si sdoppiasse, che altri esseri vivessero o avessero vissuto in lui, in altri tempi o in altri luoghi.” 


TORMENTONI
Il caldo e la musica latinoamericana...

Se tra gli effetti del riscaldamento globale c’è anche l’aumento delle canzoni estive latinoamericane, allora è il momento di intervenire seriamente. Alessandro Bartolini


ATAC E VACCINAZIONI

Un'altra accoppiata micidiale!
Tu puoi sembrare un idiota e parlare come un idiota, ma non devi stupirti: sei realmente un idiota. Groucho Marx





sabato 12 agosto 2017

Italia che affonda anche nell'atletica


Atletica antica passione. Nessun altro sport sa darmi le stesse emozioni. Fin da bambino non perdo un'olimpiade, un europeo o un mondiale ed è veramente triste vedere l'Italia così ridotta: una comparsa in un film in cui tutti gli altri sono protagonisti. A un giorno dalla fine dei mondiali di Londra siamo a 0 medaglie e soprattutto nessun atleta che abbia raggiunto una finale. La regina dello sport come metafora del nostro declino.

mercoledì 4 gennaio 2017

Quarant'anni fa un titolo profetico: Disoccupate le strade dai sogni

















Dopo il successo di Ho visto anche degli zingari felici e lo sdoganamento verso un pubblico più ampio, nel 1977 Claudio Lolli se ne uscì con album cupo e spigoloso, figlio della repressione delle rivolte che ebbero l'epicentro nella grassa e dotta Bologna del Pci di Zangheri. Ribellione che segnò anche la fine delle illusioni all'alba del 13 marzo, quando una colonna di carri armati sfilò nelle strade del centro. Trent'anni dopo, in un'intervista, l'ex sindaco ammise: di quei giovani non è che avessimo capito un granché. Io che a Bologna c'ero (anche se all'epoca ero solo uno sbarbatello che ci andava di nascosto dai genitori) non posso che confermare. Un vizietto che ancora oggi la sinistra italiana - se così vogliamo chiamare il PD - non ha ancora perso. 

Ed il potere
nella sua immensa intelligenza
nella sua complessità.
Non mi ha mai commosso
con la sua solitudine
non l'ho mai salutato come tale.
Però ho raccolto la sfida,
con molta eleganza e molta sicurezza,
da quando ho chiamato prigione la sua felicità.


Incubo numero zero
Disoccupate le strade dai sogni,
per contenerli in un modo migliore,
possiamo fornirvi fotocopie d'assegno,
un portamonete, un falso diploma, una ventiquattrore...




Di Bologna, dopo 40 anni, che dire... Forse le sue strade non fanno più sognare i giovani, ma io la amo ancora: da Piazza Maggiore ai suoi 40 chilometri di portici; i pochi anni trascorsi lì, sono una parte fondamentale di quello che sono diventato. 
Purtroppo ormai per immaginare un futuro, se non più a cambiare la società, tanti ragazzi (anche non più ragazzi) prendono la via dell'estero: in fuga dall'incubo dei voucher, dai mediocri politici di turno e da un paese dove la ricchezza delle famiglie over 65 è sette volte superiore rispetto a quelle under 30. La prima generazione del dopo-guerra che ha visto arretrare, quasi di colpo, i propri diritti e privilegi. 
Allora mi viene in mente una scritta sul muro. Forse è una storia già vista, chissà... o forse riuscire a fuggire è già una piccola rivolta.


venerdì 22 aprile 2016

Digital divide

Anche se negli ultimi anni la situazione è leggermente migliorata, purtroppo il livello medio di competenza digitale degli italiani si limita alla scrittura di qualche stronzata su facebook e a ditate varie su tablet e smartphone. Non è un caso che il nostro Paese sia uno dei peggiori in Europa in quanto a digital divide.
Le immagini qui sotto dicono tutto.
























lunedì 29 febbraio 2016

Fuocoammare, il blues di Lampedusa

Rimettere a fuoco senza giudicare uno dei drammi più grandi del nuovo millennio: è questo il principale merito di Fuocoammare, il documentario di Gianfranco Rosi vincitore del Festival di Berlino. Un'operazione rischiosa su due distinti versanti: quello della retorica buonista e quello del voyeurismo della sofferenza. Si può affermare senza enfasi che questa opera si elevi al di sopra di ogni contesa ideologica, facendoci fare i conti con una realtà a cui siamo assuefatti e che spesso congediamo frettolosamente con la visione del solito servizio televisivo sempre accompagnato da un'inutile e tragica colonna sonora. 
Rosi invece, in solitaria, ci conduce in un viaggio dove gli unici suoni sono quelli del mare e del vento, protagonisti sull'isola come il piccolo Samuele che ama tirare con la fionda e soffre il mal di mare in un luogo dove tutti sono pescatori. Altro personaggio chiave è il dottore Pietro Bartolo che in cinque minuti di racconto riesce a condensare il terribile dramma di dover soccorrere e curare quasi ogni giorno centinaia di esseri umani dovendo decidere chi va in ospedale, chi va nel Centro di Accoglienza e chi è deceduto. Le uniche musiche ad accompagnare la quotidianità degli isolani sono quelle della radio locale che trasmette canzoni popolari su richiesta, ma quella che resta impressa e scolpita è la ballata dall'antico sapore blues improvvisata da un gruppo di disperati appena sbarcati, scampati più volte alla morte:
"Non potevamo restare in Nigeria / Molti morivano, c'erano i bombardamenti / Ci bombardavano / e siamo scappati dalla Nigeria / siamo scappati nel deserto, / nel deserto del Sahara, / molti sono morti. / Nel deserto del Sahara molti sono morti / Sono stati uccisi, stuprati / Non potevamo restare / Siamo scappati in Libia / E in Libia c'era l'ISIS / e non potevamo rimanere / Abbiamo pianto in ginocchio: 'Cosa faremo?"

Volenti o nolenti temo che in Europa per i prossimi decenni continueremo a fare i conti con il racconto di questa canzone.




Legenda voti
@ una cagata pazzesca
@½ pessimo
@@ trascurabile
@@½ passabile
@@@ buono
@@@½ da vedere
@@@@ da non perdere
@@@@½ cult
@@@@@ capolavoro

martedì 2 febbraio 2016

10 programmi cult di intrattenimento e la tristezza della RAI attuale

In Italia non abbiamo programmi musicali decenti: pochi giorni fa è stato soppresso Ghiaccio Bollente che andava in onda su Rai 5. Per fortuna c'è Sky Arte che per la musica ha una marcia in più: per dire, di recente ha trasmesso uno splendido documentario della BBC su Bowie (Five Years).

In Italia non abbiamo mai avuto uno show come il David Letterman (di cui mi sento orfano). Ci aveva provato Daniele Luttazzi con Satyricon e ovviamente fu sbattuto fuori. Oggi il programma di punta è quello dell'inamovibile Fazio, sagra dell'ovvietà e della piaggeria. Un personaggio con così poca dignità e carenza di cojones che nell'ultima puntata ha acconsentito a far slittare fino alle 22 il suo solito siparietto, affinché i temi affrontati da Presa Diretta (il bullismo, l'educazione sentimentale e sessuale tra gli adolescenti) andassero in onda il più tardi possibile. Ogni altro commento è superfluo.
Nel campo dell'intrattenimento però ci sono stati programmi che hanno lasciato un segno. Purtroppo parliamo al passato, perché da qualche anno c'è il vuoto.











1) Blob
Gioiosa, perfida e geniale macchina da guerra che ha frantumato la tv trasportandola in una realtà parallela. L'unico programma della tv generalista che ancora oggi guardo volentieri.

2) Quelli della notte (1985)
Ero giovanissimo, la tv era per me un oggetto estraneo, soprattutto quando non uscire la sera significava essere malati. Quella primavera però alle 23 scattava una molla che mi riportava tra le mura domestiche. C'era da divertirsi!

3) Mai dire gol (1990/2001)
Una palestra di comicità con personaggi pazzeschi: i primi Aldo, Giovanni e Giacomo, Albanese, Fabio De Luigi, Crozza, Daniele Luttazzi con il suo tabloid che esordiva così: Buonasera questa edizione del telegiornale andrà in onda in forma ridotta per venire incontro alle vostre capacità mentali. Lunedì sera raramente prendevo impegni.

4) L'Ottavo nano (2001)
Silvio Berlusconi e Massimo D'Alema di Sabina Guzzanti;
Vulvia, Funari, Rutelli e Quelo di Corrado Guzzanti
Alberto Angela, Gasparri, PierFerdinando Casini di Neri Marcorè.
Può bastare?

5) Il poeta e il contadino (1973)
Facevo le medie e il sabato sera non potevo ancora uscire. Nonostante l'età ingrata e gli ormoni impazziti, riuscivo a mantenere vivo qualche neurone per apprezzare l'ironia stralunata di Cochi e Renato.

6) D.O.C. (1987-88)
Grazie ad Arbore, due anni in cui si è potuta sentire della musica decente dal vivo in RAI. Ovviamente soppresso, come è accaduto di recente a Ghiaccio Bollente.

7) Avanzi (1991-93)
Come non amare un programma che portò in tv i Sonic Youth e il regista de paura Rokko Smitherson?

8) Mister Fantasy (1981-84)
Massarini era un marziano che proponeva i Talking Heads in tv quando a Sanremo vincevano ancora Al Bano e I Ricchi e Poveri...

9) L'altra domenica (1976-79)
Purtroppo vista poco per via dell'orario (domenica pomeriggio).

10) Cinico TV (1992-96)
Satira al vetriolo e relitti umani. Uno sputo in faccia al perbenismo e alle buone maniere.

giovedì 21 gennaio 2016

Piuttosto che finocchio meglio ladro o prete

Avete presente le feste di compleanno e le cene di classe quando i figli frequentano la materna o le elementari?
É stato lì, mentre i bambini giocavano nelle case delle famigliole etero-tradizionali, che ho raccolto perle di saggezza e cultura che hanno ispirato la mia carriera di genitore. Oggi ne rispolvero alcune:

- Piuttosto che finocchio preferisco che mio figlio diventi un ladro o un prete.
- Bisogna votare Berlusconi perché ci farà stare tutti meglio.
- Io non ho mai letto un libro e poi dirigo un'azienda...

Non so se era peggio la musica che si ascoltava o i discorsi di merda. Poi mio figlio è cresciuto e per fortuna le feste di compleanno sono finite. Era l'Italia di Berlusconi. E oggi? Dopo vent'anni mi sa che poco è cambiato. Siamo l'unico paese in Europa che non ha ancora uno straccio di legge sulle unioni civili. 
Non mi esalta la gogna mediatica dei gay di professione sempre pronti a indignarsi nel nome di un politically correct di facciata, però la vicenda tra Sarri e Mancini mi ha fatto tornare alla mente quei discorsi e la squallida realtà della nostra italietta.  



lunedì 23 marzo 2015

Fino a qui tutto bene (o quasi)

Dopo avere ascoltato l'intervista radiofonica di Roan Johnson, che raccontava l'iter produttivo del suo secondo lungometraggio, Fino a qui tutto bene, avevo qualche aspettativa per questa commedia; soprattutto la speranza di ritrovare la freschezza e il divertimento di Smetto quando voglio ed evitare la pesantezza pseudo-intellettuale di Castellitto e consorte, ormai puntuali come le tasse.
Non avendo una vera produzione, il film è stato girato in quattro settimane con 250.000 euro di budget ed è nato come Co-Producers, il meccanismo organizzativo per cui il cast e la troupe si autofinanziano per poi dividersi in percentuale le eventuali entrate.
Il regista anglo-pisano (fino a qualche anno fa solo sceneggiatore) è stato spinto e sponsorizzato da Virzì, entusiasta dopo la lettura della sceneggiatura. La trama è molto semplice e racconta gli ultimi giorni insieme di cinque ragazzi laureati nell'appartamento a Pisa dove hanno studiato e convissuto per anni. E' giunto il momento delle scelte riguardanti il loro futuro: chi tornerà in famiglia, chi andrà all'estero e chi ancora non sa cosa farà...
Tonalità agro-dolci per una commedia molto sentita che è anche un addio alla giovinezza (ormai protratta ad oltranza) di una generazione cresciuta nel ventennio berlusconiano e ora alle prese con la crisi e la disoccupazione. L'umorismo e le situazioni grottesche non mancano, ma il sottotesto è amaro, come l'ombra dell'amico che se n'è andato in maniera tragica. 
Fin qui tutto bene, anche se alcune cose non mi hanno del tutto convinto: certi dialoghi a volte forzati (Tu ci andresti mai con una fascista?) situazioni sul filo del patetico (i ragazzi in auto che cantano in coro Morirò d'incidente stradale) o poco convincenti, come la scalcagnata compagnia di teatro alternativo stile anni '70. Di ragazzi ne conosco parecchi e credo di poter dire che alcuni passaggi li ho trovati non del tutto credibili. Nel complesso comunque una commedia positiva e sufficientemente gradevole, dove emerge su tutti la simpatia di Paolo Cioni, ventinovenne pisano doc. Anche se non segnerà la stagione, una ventata d'aria fresca che lascia sperare in una via alternativa ai cliché ammuffiti in cui sta stagnando da troppi anni questo genere in Italia.


venerdì 12 dicembre 2014

Ai figli regalate una laurea, non una casa*

Quando eri più piccolo ti dicevamo: "Studia, perché noi non abbiamo nulla di meglio della nostra mente." Niente intrallazzi, né conoscenze o raccomandazioni e neppure l'azienda di famiglia per regalarti un lavoro.

A turno di sera (siccome non dormivi mai) ti leggevamo il GGG, Asterix, Gianni Rodari e qualsiasi altro libro ci capitasse per le mani, pur di riuscire nell'impresa di farti prendere sonno. Fino a quando, per fortuna, hai cominciato a farlo da solo. Ricordi la tua sfida con "Il signore degli anelli? E poi i viaggi, le mostre, il cinema e i concerti per la nostra gioia e per il tuo interesse (almeno così speravamo). 
E la musica...  Possibile che con due genitori "pallinati" non ti venisse voglia di suonare?
I genitori hanno sempre troppa fretta, ma tutto arriva quando meno te lo aspetti o quando sei distratto. 

All'inizio coi figli il tempo sembra rallentare, poi accelera improvvisamente e vola via veloce. E così un giorno ci si ritrova, quasi increduli, alla vigilia di una laurea che dovrebbe sancire la tua specializzazione in Sviluppo e Cooperazione Internazionale con una tesi sull'immigrazione. Beh, visto lo stato della cooperazione in Italia dopo le ultime vicende romane, c'è da mettersi le mani nei capelli. E poi l'hai detto anche tu: - Cos'ho imparato in questi anni? Ho soltanto un po' di cultura in più! Alla domanda di amici e parenti che chiedono cosa sei diventato, rispondo scherzando, ma neanche troppo: "Un nuovo impiegato per i Call Center."

Ecco, allora che si fottano: l'Italia, il lavoro e il 47% di disoccupazione giovanile.
Io oggi sono felice e te lo ripeto ancora: studia, conosci, viaggia; e ricordati di amare sempre la vita e le persone che lo meritano, magari anche lontano dai miasmi di questo paese.

* titolo preso in prestito da un articolo del Sole 24 ore (comunque, coi tempi che corrono, anche una casa non è poi così male).