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giovedì 16 aprile 2020

Life songs - Canzoni della vita

Essendo nato nel '60, questo disastroso 2020 rappresenta un giro di boa significativo. Visto il momento, bilanci direi che non è il caso di farne e guardo avanti perché non so ancora quanto mi toccherà lavorare. E così ho scelto dieci canzoni, non necessariamente le più belle, ma quelle che rappresentano la colonna sonora dei periodi e dei momenti più significativi della mia vita. In parte le ho scelte io, ma quasi sempre sono state loro a scegliere me.

Patti Smith - Gloria
Bologna 1979, il mio primo concerto.

R.E.M. - Shiny happy people
Dopo la guarigione da una grave malattia, l'estate 1991 la trascorsi tutta al mare aspettando la nascita di nostro figlio e ascoltando Out of Time.

Talking Heads - Psycho Killer
Primi anni '80: l'esordio su un palco con la cover di questa canzone.

Claudio Lolli - Ho visto anche degli zingari felici
La fine dell'adolescenza, le radio libere, le rivolte di Bologna del 1977 e la certezza di far parte di una minoranza.

The Cure - The Lovecats
1984: dopo un periodo buio, un lungo viaggio in camper fatale per i piloti di questa teiera volante.
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David Sylvian - Orpheus
Alla fine degli anni '80 siamo andati a vivere insieme e il sottofondo era questo: l'ultimo disco solista di Sylvian; l'ho amato e ascoltato a ripetizione.

Radiohead - Lucky
I nostri tempi richiamano alla mente i personaggi di Walt Disney quando corrono sull'orlo di un baratro senza rendersene conto. (Thom Yorke, a proposito del verso We are standing on the edge che chiude la canzone.)
Mai attuale come ora, ma in realtà questa canzone (anche per il titolo) è l'emblema di un periodo spensierato di viaggi in auto ascoltando della gran musica per tutti gli anni '90. Gli ultimi con le cassette.

Police - Message in a bottle
Autunno 1979: Finite le superiori, fuga da casa per vagabondare nell'Europa del nord finendo a fare lo squatter e, per mantenermi, il lavapiatti in un ristorante di lusso sul Mare del Nord. Tutte le sere passava in radio.

Tre allegri ragazzi morti - La mia vita senza te
2012: Una canzone che mi strappa il cuore, perché coincide con la prima volta in cui ho dovuto affrontare la scomparsa di una persona cara.

The Shins - Phantom Limb
Madagascar 2007, colonna sonora (per caso) di un viaggio solitario e indimenticabile in mezzo alla natura primordiale. Gruppo poco noto in Italia, ma portatore di un pop sopraffino.

mercoledì 8 aprile 2020

Cara catastrofe 6 - il fascino di dodici suite

Sarà la nostalgia o saranno i tempi dilatati della quarantena, ma in questi giorni mi è tornata la voglia di ascoltare suite musicali. Ve ne sono alcune di una bellezza incommensurabile che non mi stancano mai, specie mentre dedico quei venti minuti di straching ed esercizi per evitare di assumere la forma di un divano o della sedia su cui lavoro. Parliamo di brani di una durata minima di dieci minuti che hanno caratterizzato una stagione musicale ormai sepolta, ma per me indimenticabile.












King Crimson - Starless
: in 12 minuti tutta la dolcezza e il furore della musica. Geni!

Can - HalleluwahUn mantra tribale con un groove funk che manda in trance. Avanti, avanti; i più avanti di tutti nel kraut rock e parliamo del 1971, anno d'uscita di Tago Mago.

Genesis - Supper's ready: suite capolavoro in sette movimenti. A mio avviso una delle più alte espressioni (sia per il livello compositivo che per la complessità dei testi) della musica progressive. Qui in fondo in una meravigliosa versione a fumetti ad opera dell'artista newyorkese Nathaniel Barlam.

Brainticket - BrainticketNel 1971 una banda di fricchettoni provenienti dai più svariati paesi europei si mette in testa di dare una lezione ai californiani su come si fa un disco sotto l'effetto dell'acido lisergico. Ne ho parlato qua!

Gong - The Isle Of Everywhere: L'ultimo viaggione interstellare di Daevid Allen & company.

Supertramp - Fool's Overture: Suite sinfonica che chiude maestosamente l'album Even in the Quietest Moments; siamo nel 1977 e i super-vagabondi qui e con l'album successivo (Breakfast in America) raggiungono il loro apice creativo.

Grace Slick - Theme From The Movie Manhole: una suite di 15 minuti con l'accompagnamento della London Symphony Orchestra, che si dipana potente e delicata allo stesso tempo. La vocalità di Grace esplode in tutte le sue sfaccettature: lirismo, passione e sensualità sorretti da un cantato in cui si alternano inglese e spagnolo.

Date Palms - Honey Devash: Ninna nanna sciamanica del deserto.

Pink Floyd - Atom earth mother: Ogni commento è superfluo. Una versione live della Orchestre Philharmonique de Radio France.

Pink Floyd - Echoes: Come sopra.

Mike Oldfield - Ommadown: 22 anni aveva nel 1975 Mike Oldfield! 

Claudio Lolli - Ho visto anche degli zingari felici:
In questa meravigliosa composizione ci sono parole e suoni che raccontano la mia storia e quello che sono diventato. Uno dei primi post della teiera volante parla di questo.

sabato 18 agosto 2018

Ho fatto in tempo ad essere uno di quegli zingari felici














Seconda metà degli anni settanta: un ragazzino partiva di nascosto in motorino per andare al suo primo concerto al Festival della Gioventù: De Gregori, Napoli Centrale e Claudio Lolli che presentava per la prima volta Ho visto anche degli zingari felici. 

I miei amici li ho chiamati piedi,
perché ero felice solo
quando si partiva.
Ed il mio mare l'ho chiamato cielo,
perché le mie onde arrivavano
troppo lontano.

(Analfabetizzazione - Disoccupate le strade dai sogni, 1977)

Ho fatto in tempo a vagabondare per l'Europa in autostop
ho fatto in tempo ad abitare nelle case occupate
ho fatto in tempo ad ubriacarmi di luna in Piazza Maggiore
ho fatto in tempo a conoscere un poeta senza compromessi come Claudio Lolli.

Dopo quell'incontro e quel concerto ho iniziato a suonare mettendo in pratica, senza ancora conoscerla, una sua frase detta in un'intervista molti anni dopo: “La musica mi ha salvato la vita dalla banalità”. In seguito ho conosciuto e ascoltato di tutto: dal punk all'elettronica, però una fiammella è sempre rimasta accesa. Era nato dieci anni prima di me; grazie anche a lui ed ai suoi versi non ho mai disoccupato le strade dai sogni e ho cominciato a guardare la realtà con occhi diversi. Gli stessi occhi degli studenti che hanno avuto la fortuna di averlo come insegnante al liceo.

E’ stato snobbato da tv, da critici e dal grande pubblico, ma siamo certi: quell’anima anarchica si prenderà il posto che gli spetta nel cuore dei grandi ideali, delle parole che animano idee, speranze e il grande cuore di chi non si arrende per cambiare.
E quanti hanno avuto fortuna e costanza di ascoltare le sue canzoni, o di conoscerlo, da oggi hanno un motivo in più per ricordarlo e ringraziarlo. 
Un bellissimo ricordo, prosegue qua. 

mercoledì 4 gennaio 2017

Quarant'anni fa un titolo profetico: Disoccupate le strade dai sogni

















Dopo il successo di Ho visto anche degli zingari felici e lo sdoganamento verso un pubblico più ampio, nel 1977 Claudio Lolli se ne uscì con album cupo e spigoloso, figlio della repressione delle rivolte che ebbero l'epicentro nella grassa e dotta Bologna del Pci di Zangheri. Ribellione che segnò anche la fine delle illusioni all'alba del 13 marzo, quando una colonna di carri armati sfilò nelle strade del centro. Trent'anni dopo, in un'intervista, l'ex sindaco ammise: di quei giovani non è che avessimo capito un granché. Io che a Bologna c'ero (anche se all'epoca ero solo uno sbarbatello che ci andava di nascosto dai genitori) non posso che confermare. Un vizietto che ancora oggi la sinistra italiana - se così vogliamo chiamare il PD - non ha ancora perso. 

Ed il potere
nella sua immensa intelligenza
nella sua complessità.
Non mi ha mai commosso
con la sua solitudine
non l'ho mai salutato come tale.
Però ho raccolto la sfida,
con molta eleganza e molta sicurezza,
da quando ho chiamato prigione la sua felicità.


Incubo numero zero
Disoccupate le strade dai sogni,
per contenerli in un modo migliore,
possiamo fornirvi fotocopie d'assegno,
un portamonete, un falso diploma, una ventiquattrore...




Di Bologna, dopo 40 anni, che dire... Forse le sue strade non fanno più sognare i giovani, ma io la amo ancora: da Piazza Maggiore ai suoi 40 chilometri di portici; i pochi anni trascorsi lì, sono una parte fondamentale di quello che sono diventato. 
Purtroppo ormai per immaginare un futuro, se non più a cambiare la società, tanti ragazzi (anche non più ragazzi) prendono la via dell'estero: in fuga dall'incubo dei voucher, dai mediocri politici di turno e da un paese dove la ricchezza delle famiglie over 65 è sette volte superiore rispetto a quelle under 30. La prima generazione del dopo-guerra che ha visto arretrare, quasi di colpo, i propri diritti e privilegi. 
Allora mi viene in mente una scritta sul muro. Forse è una storia già vista, chissà... o forse riuscire a fuggire è già una piccola rivolta.


giovedì 7 aprile 2016

Il 7 aprile 1976 usciva Ho visto anche degli zingari felici

Avevo già parlato di questo disco in uno dei primissimi post della teiera. Lo riprendo in parte perché proprio oggi compie 40 anni ed è ancora bellissimo.
Questo album lo amo per diversi motivi: primo perché l'ho sentito suonare dal vivo: è stato il mio  primo concerto a 16 anni (Lolli ne ha dieci in più di me) ed è anche il primo LP acquistato insieme al giradischi. Mi entusiasmava il fatto che tutti i brani fossero concatenati, senza stacchi, in un'unica suite. Lolli fu il primo dei cosiddetti cantautori a introdurre elementi musicali nuovi che non fossero la solita chitarra acustica o il piano.

Lunga vita agli zingari felici quando nella piazza, la sera si giocava a frisby".






giovedì 12 novembre 2015

Canzoni commoventi

Quali sono i meccanismi soggettivi che portano ad emozionarsi o addirittura a commuoversi ascoltando una canzone? Sicuramente i ricordi ad essa legati, capaci di creare quel mix di nostalgia e rimpianto; poi c'è il testo, con le riflessioni e le sensazioni che suscita; un binomio classico sono le immagini associate alla musica: a molti sarà capitato guardando un film; infine l'umore e la situazione del momento: perché la stessa canzone ci può investire oppure in altri casi scorre via senza lasciare particolari emozioni. Cos'altro non saprei, se non scrivere alcune delle mie canzoni. Tutte di seguito però non le ascolterò mai.

Claudio Lolli - Michel 
Le amicizie della prima adolescenza sono assolute e sembra impossibile che possano spezzarsi. Questa canzone ne coglie l'essenza in maniera struggente.
Francesco De Gregori - Sempre e per sempre
Trasformare in musica e poesia certi concetti è un'operazione complicata e ad alto rischio retorico. De Gregori ci riesce con due strofe, in maniera commovente.
Fabrizio De André - Fiume Sand Creek
Da piccoli giocavamo con i soldatini, quasi sempre indiani e cowboy; poi uscirono film come Soldato Blu e Piccolo grande uomo e ci fecero capire perché istintivamente avevamo sempre parteggiato per i pellerossa.
Nico - The fairest of the seasons
Non a caso utilizzata da Van Sant per il finale tragico e poetico del suo ultimo film Restless.
Lou Reed - Perfect day
L'illusione di un giorno perfetto che sembra cancellare i periodi bui che prima o poi attraversano la nostra esistenza.
Eddie Vedder - No Ceiling
Splendida colonna sonora di Into the Wild che mi ricorda le fughe giovanili e la voglia di mollare tutto.
Pink Floyd - The great gig in the sky
Vocalizzo magico, forse il più famoso della storia del rock, che nella versione live del 1994 con le tre coriste fa venire il groppo alla gola.
David Sylvian - Nostalgia
E poi arriva l'assolo di tromba...
Patti Smith - Pissing in a river
In questa ballatona il piano e la voce toccante di Patti Smith sono protagonisti, ma il colpo di grazia arriva con l'assolo di chitarra. Nick Hornby l'ha inserita fra le 31 canzoni colonna sonora della sua vita.
Radiohead - Lucky
Irresistibile incedere tra dolcezza e malinconia blues.
Smiths - There is a light that never goes out
Avete mai vissuto momenti così felici, intensi o romantici da fottervene di tutto? Morrisey con la musica e le parole descrive perfettamente questa sensazione.
The Cure - Picture of you
La foto di una persona cara.
Johnny Cash - Hurt
Ma che cosa sono diventato?
Caro amico mio
Alla fine tutti quelli che conosco se ne sono andati.

lunedì 5 maggio 2014

Quando eravamo zingari felici


Da un'altra era è pervenuto questo flash di trenta secondi; è tratto da una delle nostre performance scovata e riportata alla luce dall'amico Hans, incredibile cacciatore di ricordi. In prima linea, il futuro pilota della teiera volante con il fisico da culturista denutrito. Non ricordo cosa stessimo ballando; forse ognuno aveva la sua musica in testa e probabilmente anche la sua libertà e la sua ribellione. Chi frequentava l'università ma studiava da indiano metropolitano; chi già inseguiva la musica punk e chi l'arte; chi voleva vivere suonando o viaggiando sulle orme di Rimbaud; chi creava fumetti; chi manifestava con rabbia per le strade di Bologna.
Ricordo ancora più struggente perché qualcuno non c'è più.

“Oggi gli zingari non sono ben visti, abbiamo un prezzo imposto, per sopravvivere dobbiamo mimetizzarci da brave persone... Ma sul nostro sorriso non si può mentire”. Claudio Lolli

mercoledì 26 gennaio 2011

LP cover art: Claudio Lolli - Aspettando Godot 1972















Lolli scrisse questo suo disco d'esordio a soli 22 anni. La copertina è la riproduzione della banconota da cinquemila lire circolante in quegli anni, quella con Cristoforo Colombo, sostituito dal ritratto di Lolli, assorto e con lo sguardo rivolto verso il basso. Rispetto a tanti artworks di cui ho parlato non è di certo un capolavoro, ma è rimasto nell'immaginario di una generazione. La mia canzone preferita è sempre stata Michel, storia di un'amicizia e struggente mini-romanzo di formazione. A parte la moneta, non mi pare che siano cambiate troppe cose: basta sostituire la parola borghesia con lega mia (giusto per fare la rima) e anormali con immigrati, per riprodurre una fotografia simile a quella scattata 40 anni fa dal cantautore bolognese in una delle sue canzoni più famose.

Vecchia piccola borghesia per piccina che tu sia
non so dire se fai più rabbia, pena schifo o malinconia.

G
odi quando gli anormali son trattati da criminali

chiuderesti in un manicomio tutti gli zingari e intellettuali.
Ami ordine e disciplina, adori la tua Polizia
tranne quando deve indagare su di un bilancio fallimentare.
Sai rubare con discrezione meschinità e moderazione
alterando bilanci e conti fatture e bolle di commissione.
Sai mentire con cortesia con cinismo e vigliaccheria
hai fatto dell'ipocrisia la tua formula di poesia. (da Borghesia)




lunedì 16 novembre 2009

Il Cannibale, Frigidaire e il naufragio degli anni ottanta

Il Cannibale ovvero il talento, la creatività e l'arte della provocazione a fumetti. Il numero zero di cui vedete la copertina a fianco (disegno di Liberatore) è custodito sotto allarme nella mia libreria insieme agli altri numeri.
Liberatore, Mattioli, Pazienza, Scozzari e Tamburini diedero vita ad un progetto di rottura, in contemporanea al movimento di contestazione più creativo del dopo guerra in Italia, quello del '77 che vide il suo epicentro a Roma e Bologna. Il fumetto ebbe vita breve: pochi numeri che divennero ben presto un cult. Ma nel 1980 il gruppo si allargò per fondare Frigidaire; allora fu la volta del cinico Zanardi, di Rank Xerox, di servizi corrosivi e di una serie infinita di provocazioni nei confronti del potere costituito (a volte anche di cattivo gusto). Raffrontando tutto questo con le polemichette attuali sul fumetto la Ministronza è facile capire come oggi in Italia l'omologazione e la voglia di censura siano arrivati ad un livello preoccupante.
Iniziava un decennio inaugurato musicalmente col botto da quel capolavoro che è Remain in Light e che a me pareva nascere sotto buoni auspici. Furono invece gli anni dell'Aids, della diffusione delle droghe pesanti; anni sì meravigliosi per la nostra giovane età, ma anche tragici e che portarono alla morte di Paz e Tamburini e di schiere di ragazzi che avevano scambiato l'eroina per un passatempo. Forse a qualcuno faceva e fa comodo così: meno centri sociali e impegno politico = più facilità di controllo.
Disoccupate le strade dai sogni, aveva cantato Claudio Lolli
qualche anno prima profetizzando l'arrivo di una decade che ha contribuito al declino delle controculture così come le avevamo conosciute fino ad allora: assorbite, metabolizzate e normalizzate nel calderone fintamente spensierato e consumistico degli anni '80, al grido di Gimme Five! Le mie poche certezze non erano più politiche, ma avevano altri nomi: David Sylvian, Tom Waits, The The, Cure, Style Council, Smiths... e un nome di donna.

lunedì 30 giugno 2008

20 album: 2° Ho visto anche degli zingari felici - C. Lolli 1976


In un imprecisato giorno del 1976 ebbi in dotazione il mio primo giradischi decente. Fino ad allora avevo sempre ascoltato la musica attraverso registratori più o meno scalcagnati. Questo fu il mio primo 33 giri acquistato alla modica cifra di 3500 lire (prezzo politico imposto dall'autore). Conoscevo già Lolli per i dischi precedenti e non mi entusiasmava, anche se avevo apprezzato brani come Michel o Vecchia piccola borghesia. Questo disco l’ho amato sostanzialmente per tre motivi: primo perché l’avevo sentito suonare dal vivo; secondo mi aveva colpito il fatto che tutti i brani fossero concatenati, senza stacchi, in un'unica suite; terzo perché Lolli fu forse il primo dei cosiddetti cantautori ad introdurre elementi musicali nuovi a livello compositivo che non fossero le solite chitarre acustiche o il piano. Nell’estate del ’77 Lolli venne a suonare in paese al festival dell’Avanti su nostro suggerimento. In quel periodo il partito socialista locale contattò i cosiddetti giovani, categoria che anche allora veniva sempre tirata in ballo, per coinvolgerli nell’organizzazione della festa e dare un tono di creatività. Malgrado le perplessità iniziali accettammo e armati di pennelli e vernici disegnammo all’interno dell’area della festa un murale psichedelico; convincemmo inoltre i responsabili a contattare Claudio Lolli per suonare alla festa. Era l’estate successiva agli scontri di Bologna, alla chiusura di Radio Alice e all’uccisione di Lorusso; alcuni di noi frequentavano l’Università e tutti più o meno eravamo orientati politicamente in un certo modo, perciò la scelta di Lolli non fu affatto casuale. Malgrado il nostro scetticismo, il concerto si fece; era uscito da poco il nuovo album che prendendo spunto proprio dai fatti di Bologna non risparmiava bordate anche alla sinistra con brani polemici come La Socialdemocrazia. Ricordo le discussioni furiose la sera dopo la fine del concerto con il segretario della FGCI che accusava noi e Claudio Lolli di provocazione politica ed esaltazione della violenza. In seguito nessuno ci convocò mai più, probabilmente anche quell’unica volta, dopo aver visto i primi disegni e alcuni slogan del murale, i responsabili si pentirono quasi subito di averci chiamato, ma ormai era troppo tardi: dovettero subire la commistione improbabile che si era creata tra una festa di paese e un mini-raduno underground. L’esperimento del murale ci era talmente piaciuto che qualche giorno dopo, con i resti delle vernici, dipingemmo la facciata della casa, nostro abituale luogo di ritrovo, dove viveva da solo mio cugino ventenne. A fine lavoro il disegno che faceva più spicco era un cammello in primo piano su uno sfondo a tema orientaleggiante. Da allora il cammello divenne, a nostra insaputa, l’emblema famigerato della casa. Imparai infatti, diversi anni dopo, che la gente del paese aveva soprannominato il nostro covo “la cà de camel”. Per noi era tutto così naturale da non renderci conto che molti abitanti di un piccolo paese potessero andare fuori di testa di fronte a cose simili. Non so se per iniziativa propria o se sollecitato da qualche cittadino, un pomeriggio si presentò alla casa un Ufficiale della Polizia Municipale che in modo informale e con un certo imbarazzo ci invitò a cancellare il murale. Questo non fu mai fatto malgrado altri blandi solleciti e attualmente il murale, seppure sbiadito, è ancora al suo posto.