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giovedì 10 gennaio 2019

Che non ci sono poteri buoni: De André vent'anni dopo

I primi amori non si scordano mai e fra questi c'è Fabrizio De André, complice un viaggio all'estero nella Spagna uscita da poco dal franchismo. Avevo appena dato l'esame di maturità e su quella NSU Prinz imparai a memoria tutti i testi di Non all'amore nè al denaro nè al cielo. Mi innamorai anche di una ragazza basca, bionda dagli occhi azzurri, ma ormai è un ricordo sbiadito, mentre la sua voce mi ha accompagnato attraverso i decenni. Se n'è andato nel 1999 all'alba di internet e in questi vent'anni mi sono sempre chiesto cosa avrebbe detto o scritto di fronte al fenomeno che ha trasformato così radicalmente le nostre esistenze. Lui, che come diceva Don Gallo (riferendosi a La buona novella) ha scritto un quinto Vangelo; lui che ha cantato gli ultimi, i derelitti e le puttane, chissà cosa avrebbe pensato e raccontato di questo nostro presente livoroso. Le cose che più mi urtano da un po' di anni a questa parte sono l'appropriazione, il pressapochismo e la santificazione: fino ad arrivare alla melassa televisiva di Fabio Fazio. Tutti pronti a indossarne un pezzetto fino a rendersi ridicoli. Vedi questo tweet...



L'anarchia e il libertarismo sono sempre stati la sua bussola poetica e Fernanda Pivano lo considerava, per me a ragione, il più grande poeta italiano del Novecento.
Quello che amo in lui è racchiuso in queste sue due frasi:
"...è dal 1957 ( io avevo 17 anni allora), da quando frequentavo i circoli libertari di Genova e di Carrara, che io mi sono schierato in maniera precisa. E da allora non ho mai trovato nessuno schieramento che da un punto di vista sociale e morale mi garantisse qualcosa di meglio".

Ebbi ben presto abbastanza chiaro che il mio lavoro doveva camminare su due binari: l’ansia per la giustizia sociale e l’illusione di poter partecipare a un cambiamento del mondo. La seconda si è sbriciolata ben presto, la prima rimane.

Da quando se n'è andato, purtroppo anche dalla prima ci siamo ulteriormente allontanati.

lunedì 15 ottobre 2018

Futuro invisibile

Potevo chiedervi come si chiama il vostro cane
Il mio è un po' di tempo che si chiama Libero
De André - Amico Fragile

All'inizio di questa storia si racconta della sparizione di un'intera città. Si fanno chiamare Invisibili. Hanno imparato a muoversi tra le pieghe della società civile come fantasmi, abitando le aree abbandonate del territorio reale. Il libro è la prima parte de “La trilogia degli evaporati" 

Visionario e con spunti parecchio stimolanti. A volte succede che un libro che all'improvviso accenda lampadine che se ne stavano lì pronte in un angolo della mente, in attesa di qualcuno o qualcosa che premesse l'interruttore. Un'illuminazione per far prendere forma a concetti intangibili che diventano parole nitide in grado di riflettere ciò che hai elaborato dopo tanti anni di lavoro.
Non è stato per modestia e né per scarsa voglia che sono voluto ritornare ad essere un soldato semplice, ma solo perché così il tempo improduttivo è tornato ad essere mio alleato. Il mito della crescita infinita... che si fottano! Come ultimo atto, terminata questa pantomima, bisognerebbe proprio trovare la strada e il coraggio per ritirarsi; sempre più underground, non catalogabili. Fino a diventare un giorno invisibili. Forse l'unica utopia ancora immaginabile per ribellarsi alla società in cui stiamo vivendo. 

Viviamo in un'epoca di grandi cambiamenti, un'epoca in cui la tecnologia è sempre più pervasiva e la nostra identità, la nostra vita, sempre meno private. Entriamo in un negozio e dopo qualche minuto Facebook ci propone pubblicità dei prodotti che erano in vendita in quel negozio. Ci tracciano, ci ascoltano, sanno tutto di noi e noi diciamo loro tutto, tramite i social, tramite le nostre tracce elettroniche. Allora forse la vera rivolta, il vero sovvertimento del sistema non sarà opporsi alla globalizzazione, opporsi alla finanza, opporsi all'autorità, ma semplicemente sparire. Diventare invisibili al sistema, non lasciare più tracce, costruirsi una vita non solo fuori dagli schemi, ma proprio del tutto fuori dal sistema.
da fantascienza.com


giovedì 11 gennaio 2018

L'eredità di Faber

La musica e le parole di De André mi accompagnano fin dall'adolescenza e l'unica cosa che mi infastidisce, a 19 anni dalla sua scomparsa, è quella piega sottile verso la santificazione o peggio ancora la banalizzazione del suo universo poetico e intellettuale. Bene allora i concerti tributo e la nuova fiction di Rai uno, ma la parte più intima resterà sempre e solo dentro di noi; nei ricordi legati a un viaggio con Non all'amore, non al denaro, né al cielo a fare da colonna sonora oppure nel furore giovanile alimentato da Storia di un impiegatoE ancora oggi nel desiderio di prendersi un'ora per mettersi lì a riascoltare Creuza de mä e Anime Salve, emozionandosi per l'ennesima volta.

La rivista A ripropone un'intervista interessante rilasciata all'epoca dell'uscita dell'album Le Nuvole, dove Faber spiega anche le radici del suo anarchismo. 
Due brevi estratti:

Già dalle tue prime canzoni ti sei occupato di problemi sociali. Perché?
Mi interessava raccontare storie di gente comune per capire di più il mondo in cui vivevo. Era una specie di autoanalisi. Poi ho trovato coinvolte in questo altre persone, prima quattro, poi quaranta, poi quattromila...

Io credo che in qualche maniera la canzone possa influire sulla coscienza sociale, almeno a livello epidermico. Credo che in qualche misura le canzoni possano orientare le persone a pensare in un determinato modo e a comportarsi di conseguenza. A me è successo con Brassens, non vedo perché agli altri non possa succedere.

A me è successo con Fabrizio De André.

sabato 16 dicembre 2017

L'anno degli idioti

Un idiota è un idiota; due idioti sono due idioti. Diecimila idioti sono un partito politico.
Franz Kafka

Un anno di macelleria bancaria. Di alluvioni, incendi e siccità.
Di muri visibili e invisibili. Di idioti nelle stanze del potere.
Di parchi delle meraviglie aperti h24 dai padroni moderni
per il mercato dei nuovi schiavi/consumatori.
Come questo o quest'altro.

Fra qualche mese andremo anche a votare e penso proprio che stavolta non potrò neanche turarmi il naso. Allora mi tornano in mente i pensieri di un uomo; idee che riescano a darmi una prospettiva più autentica, benché utopica e lontana.

Aspetterò domani, dopodomani e magari cent’anni ancora finché la signora Libertà e la signorina Anarchia verranno considerate dalla maggioranza dei miei simili come la migliore forma possibile di convivenza civile, non dimenticando che in Europa, ancora verso la metà del Settecento, le istituzioni repubblicane erano considerate utopia.
Fabrizio De André




giovedì 12 novembre 2015

Canzoni commoventi

Quali sono i meccanismi soggettivi che portano ad emozionarsi o addirittura a commuoversi ascoltando una canzone? Sicuramente i ricordi ad essa legati, capaci di creare quel mix di nostalgia e rimpianto; poi c'è il testo, con le riflessioni e le sensazioni che suscita; un binomio classico sono le immagini associate alla musica: a molti sarà capitato guardando un film; infine l'umore e la situazione del momento: perché la stessa canzone ci può investire oppure in altri casi scorre via senza lasciare particolari emozioni. Cos'altro non saprei, se non scrivere alcune delle mie canzoni. Tutte di seguito però non le ascolterò mai.

Claudio Lolli - Michel 
Le amicizie della prima adolescenza sono assolute e sembra impossibile che possano spezzarsi. Questa canzone ne coglie l'essenza in maniera struggente.
Francesco De Gregori - Sempre e per sempre
Trasformare in musica e poesia certi concetti è un'operazione complicata e ad alto rischio retorico. De Gregori ci riesce con due strofe, in maniera commovente.
Fabrizio De André - Fiume Sand Creek
Da piccoli giocavamo con i soldatini, quasi sempre indiani e cowboy; poi uscirono film come Soldato Blu e Piccolo grande uomo e ci fecero capire perché istintivamente avevamo sempre parteggiato per i pellerossa.
Nico - The fairest of the seasons
Non a caso utilizzata da Van Sant per il finale tragico e poetico del suo ultimo film Restless.
Lou Reed - Perfect day
L'illusione di un giorno perfetto che sembra cancellare i periodi bui che prima o poi attraversano la nostra esistenza.
Eddie Vedder - No Ceiling
Splendida colonna sonora di Into the Wild che mi ricorda le fughe giovanili e la voglia di mollare tutto.
Pink Floyd - The great gig in the sky
Vocalizzo magico, forse il più famoso della storia del rock, che nella versione live del 1994 con le tre coriste fa venire il groppo alla gola.
David Sylvian - Nostalgia
E poi arriva l'assolo di tromba...
Patti Smith - Pissing in a river
In questa ballatona il piano e la voce toccante di Patti Smith sono protagonisti, ma il colpo di grazia arriva con l'assolo di chitarra. Nick Hornby l'ha inserita fra le 31 canzoni colonna sonora della sua vita.
Radiohead - Lucky
Irresistibile incedere tra dolcezza e malinconia blues.
Smiths - There is a light that never goes out
Avete mai vissuto momenti così felici, intensi o romantici da fottervene di tutto? Morrisey con la musica e le parole descrive perfettamente questa sensazione.
The Cure - Picture of you
La foto di una persona cara.
Johnny Cash - Hurt
Ma che cosa sono diventato?
Caro amico mio
Alla fine tutti quelli che conosco se ne sono andati.

domenica 12 gennaio 2014

Faber e le categorie

Gli uomini si dividono in due categorie: quelli che pensano e quelli che lasciano che siano gli altri a pensare.
Fabrizio De Andrè

Anche le canzoni di Faber si dividono in due categorie: quelle poetiche e quelle che fanno pensare. Non di rado questi due elementi convivono: ed è allora che sono nati capolavori.
Quindici fra le mie preferite di sempre in ordine causale: una per ogni anno da quando se n'è andato.
  1. Smisurata preghiera
  2. La collina
  3. Verranno a chiederti del nostro amore
  4. Canzone del maggio
  5. Il testamento di Tito
  6. Crêuza de mä
  7. Sally
  8. Fiume Sand Creek
  9. Un giudice
  10. Ho visto Nina volare
  11. Geordie
  12. Canzone per l'estate
  13. Le storie di ieri
  14. La guerra di Piero
  15. Il fannullone

mercoledì 11 gennaio 2012

Faber e la musica

La musica non è simbolica. La musica rappresenta se stessa. È un fenomeno protomentale, anticipa la ragione. Evoca, ma non simbolicamente.

Immagine tratta dalla fondazione De Andrè



martedì 11 gennaio 2011

Smisurata preghiera

«Le maggioranze hanno la cattiva abitudine di guardarsi alle spalle e di contarsi... dire "Siamo 600 milioni, un miliardo e 200 milioni..." e, approfittando del fatto di essere così numerose, pensano di poter essere in grado, di avere il diritto, soprattutto, di vessare, di umiliare le minoranze.
La preghiera, l'invocazione, si chiama "smisurata" proprio perché fuori misura e quindi probabilmente non sarà ascoltata da nessuno, ma noi ci proviamo lo stesso. » 
De André, presentando dal vivo questa splendida canzone.



"Ho imparato di più da tre minuti di una tua canzone che da tutto quello che mi hanno insegnato a scuola."
(Hanno detto di lui)

lunedì 11 gennaio 2010

La grandezza di Faber



La sua poesia e la sua musica mi hanno accompagnato, arricchendomi, dall'adolescenza fino alla maturità. Con una frase o una canzone De André è sempre riuscito ad esprimere compiutamente concetti e sentimenti ai quali altri scrittori hanno dedicato anche libri interi con risultati meno efficaci.

"Perché scrivo? Per paura. Per paura che si perda il ricordo della vita delle persone di cui scrivo. Per paura che si perda il ricordo di me. O anche solo per essere protetto da una storia, per scivolare in una storia e non essere più riconoscibile, controllabile, ricattabile."

martedì 18 agosto 2009

Fernanda e Fabrizio: due splendide persone

A dieci anni di distanza da Fabrizio De André, è morta a Milano all'età di 92 anni, Fernanda Pivano. Ambasciatrice della cultura americana del novecento in Italia, grande pacifista e libertaria. Grazie a lei e a Faber abbiamo potuto ascoltare quel capolavoro di musica e poesia che è "Non al denaro, non all'amore nè al cielo" tratto da Spoon River. Con loro l'Italia era un paese migliore. Vignetta di Mauro Biani

"Credo che Bob Dylan sia il Fabrizio De André americano!"

Fernanda Pivano: Genova 18 luglio 1917 - Milano 18 Agosto 2009

venerdì 9 gennaio 2009

Viaggio in Spagna con Fabrizio De Andrè













Con lui ci sono cresciuto e mi sono piagato i polpastrelli imparando a suonare La guerra di Piero e La ballata dell'amore cieco. Nell'oceano dei ricordi e dei pensieri che in tanti giustamente si sentono di esprimere, voglio riproporre un post di agosto quando il blog era ancora in fasce della serie album vissuti. E' il racconto di un viaggio che ebbe Faber come colonna sonora. Per quanto mi riguarda è il modo migliore di ricordarlo, con un episodio di vita vissuta, incorniciato dalla sua musica.

Agosto 1978: mi ero già diplomato e non avevo ancora compiuto 18 anni; dopo una snervante attesa per ottenere i passaporti, si parte per la Spagna con la Prinz dei genitori di Giampaolo. L’unico problema logistico consisteva nel fatto che eravamo in sei: cinque ragazzi e una ragazza.
La soluzione fu molto semplice quanto impegnativa: a parte Giampaaolo, unico patentato del gruppo, tutti gli altri, a turno e a coppie, avrebbero viaggiato in autostop raggiungendo la stazione della città decisa come punto di ritrovo.
Non all'amore, non al denaro, né al cielo, fu la colonna sonora di quel viaggio, che ci portò a vagabondare da Figueras, città natale di Salvador Dalì, fino a Barcellona e infine sulla costa atlantica nei paesi baschi in una Spagna da poco uscita dalla dittatura di Franco che come noi cominciava a gustare il sapore della libertà.
Liberamente tratto dall'antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters, è uno degli album di Fabrizio che preferisco: un'opera geniale e poetica che ogni tanto amo riascoltare e suonare.
Il viaggio andò benissimo; a Ondarroa, un paese affacciato sull'Atlantico vicino a San Sebastian, grazie alle chitarre, conoscemmo con un gruppo di ragazze basche vicine di tenda: erano belle, biondissime e disponibili, ma dove eravamo in Svezia? Quando fu ora di tornare a casa avrei manomesso la Prinz pur di ritardare la partenza. Non ci perdemmo mai e tutti gli appuntamenti furono rispettati, con il solo inconveniente che chi viaggiava in auto doveva sempre aspettare la coppia che viaggiava con il pollice, a volte anche una mezza giornata.
Al ritorno si offrirono in due (ragazzo e ragazza) di sobbarcarsi in autostop tutto il viaggio di ritorno. Ebbero un colpo di fortuna incredibile: ci raccontarono che poco dopo esserci salutati si fermò per dare loro un passaggio un tedesco con una Mercedes che non solo doveva andare in Italia, ma era diretto a Rimini e praticamente era obbligato a passare dalle nostre parti. Quando noi con la Prinz arrivammo a casa stanchissimi dopo non so quante ore di viaggio, loro avevano già passato la notte a casa e ci aspettavano freschi, e riposati davanti al bar con un sorrisino beffardo sulle labbra.

mercoledì 22 ottobre 2008

Classifiche: Le tre canzoni più belle

Fin da bambino ho sempre avuto un'insana passione per le classifiche. Sia che fossero musicali, sportive, di film o di qualsiasi altro genere: l'importante era che fossero classifiche. Mi divertivo a scrivere e riempire gli spazi liberi del diario scolastico e quaderni appositamente creati. Anche da "grande" ogni tanto cedo alla tentazione, come ho già fatto una volta elencando i cinque concerti più belli mai visti, ma poi mi freno per non perdere tempo e per la difficoltà di includere ed escludere uno invece dell'altro. Sull'argomento del titolo, in verità piuttosto pretenzioso, i miei dubbi sono stati stavolta superati dalle certezze: appena ho avuto l'idea mi si sono stampate in mente tre canzoni, già in ordine di preferenza.
Partiamo dalla numero uno ... The great gig in the sky. Non c'è gara e la scelta non ha bisogno di lunghe spiegazioni. Oltre all'originale da The dark side of the moon, una versione che mi stordisce per la sua intensità è quella live di Pulse, dove le tre coriste (una bianca e due nere) si alternano regalandoci, dopo l'introduzione del magico piano di Wright e le dolci note della steel guitar di Gilmour, minuti indimenticabili.
Medaglia d'argento a Paranoid Android dei Radiohead: praticamentetre pezzi in uno: una magia di canzone mutante che ti rapisce e che ogni volta pare diversa e più bella della volta precedente. Fra l'altro tostissima da suonare (cantare poi non ne parliamo, meglio stendere un velo pietoso sui miei tentativi).
Medaglia di bronzo per l'Italia. Non posso trascurare Fabrizio De André, non tanto per amor patrio, ma perché ha scritto canzoni indimenticabili. Quella che preferisco in assoluto è La collina. Riascoltarla e riascoltarlo ancora dopo tanti anni è come prendere una medicina che funziona al contrario: subito può fare male perché realizzi ancora una volta che ci ha lasciato per sempre, ma poi gli effetti collaterali sono benefici come solo la purezza della poesia sa essere.Le tre canzoni più belle?
Per cavarsene la voglia... Rolling Stones ha pubblicato nel 2004 la lista delle 500 migliori canzoni di tutti i tempi. Nel 2003 invece i 500 migliori album.

martedì 2 settembre 2008

LA FRASE: Fabrizio De André

"Con l'andare del tempo si scopre che gli uomini sono dei meccanismi talmente complessi che agiscono tante volte in modo indipendente dalla loro volontà. Allora finisci per trovare poco merito nella virtù e ben poca colpa nell'errore. Se estendi questo tipo di indulgenza anche a te stesso riesci ad avere un rapporto meno contrastato con il tuo prossimo."
Il genio e l'umiltà del grande Faber.

giovedì 21 agosto 2008

20 Album vissuti: 12° Fabrizio De André - Non al denaro non all'amore né al cielo 1971

Agosto 1978: dopo l'esame di maturità e una snervante attesa per ottenere i passaporti si parte per la Spagna con la Prinz di G. L’unico problema logistico consisteva nel fatto che eravamo in sei: cinque ragazzi e una ragazza. La soluzione fu molto semplice quanto impegnativa: a parte G, proprietario dell’auto nonchè unico guidatore autorizzato, tutti gli altri, a turno e a coppie, avrebbero viaggiato in autostop raggiungendo la stazione della città decisa come punto di ritrovo. Il quinto album di Fabrizio De André fu la colonna sonora principale di quel viaggio, che ci portò a vagabondare da Figueras, città natale di Salvador Dalì, fino a Barcellona e poi sulla costa atlantica a San Sebastian e nei paesi baschi in una Spagna da poco uscita dalla dittatura di Franco che cominciava a gustare il sapore della libertà. Liberamente tratto dall'antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters, è uno degli album di Fabrizio che preferisco: un'opera geniale e poetica che ogni tanto amo riascoltare e suonare. Di questo disco nel 2005 è uscita una interessante versione riarrangiata e cantata da Morgan che ha voluto rendere omaggio ad un grande con l'approvazione di Dori Ghezzi. Il viaggio andò bene, non ci perdemmo mai e tutti gli appuntamenti furono rispettati, con il solo inconveniente che chi viaggiava in auto doveva sempre aspettare la coppia che viaggiava in autostop, a volte anche una mezza giornata. Al ritorno si offrirono in due (ragazzo e ragazza) di fare in autostop tutto il viaggio fino a casa. Ebbero un colpo di fortuna incredibile: ci raccontarono che poco dopo esserci salutati si fermò per dare loro un passaggio un tedesco con una Mercedes che non solo doveva andare in Italia, ma era diretto a Rimini e praticamente era obbligato a passare dalle nostre parti. Quando noi con la Prinz arrivammo a casa stanchi dopo non so quante ore di viaggio, loro avevano già passato la notte a casa e ci aspettavano freschi e riposati davanti al bar.