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domenica 29 dicembre 2013

Cinema: il meglio e il peggio del 2013

Sessantadue film. Poco più di uno alla settimana, di cui la metà circa al cinema. Ma l'obiettivo ideale (utopistico) della teiera resterà sempre quello di Truffaut: Tre film al giorno, tre libri alla settimana, dei dischi di grande musica basteranno a fare la mia felicità fino alla morte.
Anche quest'anno è arrivato il classificone (work in progress).

L'OLIMPO

1) DJANGO UNCHAINED di Q. Tarantino -  9 travolgente
Quentin non tradisce mai! Solo un mezzo gradino sotto Inglorious Basterds, ma in ogni caso quasi tre ore di pura goduria cinefila con quattro attori strepitosi

2) QUALCOSA NELL'ARIA di Oliver Assayas - 8½  limpido
Gli anni dell'utopia e del dogmatismo raccontati con commovente lucidità attraverso i diversi percorsi di crescita di un gruppo di ragazzi parigini all'ultimo anno di liceo. Colonna sonora fantastica con Syd Barrett, Nick Drake, Captain Beefheart, Soft Machine, giusto per citarne alcuni.

3) BROKEN di Rufus Norris 8½ toccante
Da non perdere: attori fantastici, regia asciutta e di alto livello e... preparate un fazzoletto. Dannazione, c'è proprio da soffrire e da commuoversi sinceramente e senza tiri ruffiani: il bullismo, la scoperta del sesso, la delusione nei confronti del mondo adulto, la relazione con la malattia mentale. Una storia tenera e durissima come solo gli anni dell'adolescenza sanno essere.

L'ECCELLENZA
Re della terra selvaggia 8 primordiale
Zero dark thirty 8 tosto
Prisoners 8 lacerante
Philomena 7½
Miele 7½ coraggioso
Il lato positivo 7½ brillante
Nella casa 7½ multilevel
Un giorno devi andare 7½ profondo
The Master 7½ complesso
Giovane e bella 7½  pungente

DA VEDERE
Bellas mariposas 7 tribale urbano
Gravity 7 immersivo
Noi siamo infinito 7 formativo
Looper 7 ispirato
Blue Jasmine 7 disilluso
La grande bellezza 7 onanista
Bizantyum 7 gotico
No - I giorni dell'arcobaleno 7 politico
Come un tuono 7 tre in uno

SI POSSONO VEDERE
Molière in bicicletta 6½ sottile
L'ultima ruota del carro 6½ piacione
La notte del giudizio 6½ ferino
The Liability 6½ schizzato
Confessions 6½ disturbato
Anna Karenina 6½ audace
La fine del mondo 6½ cazzaro
Cloud Atlas 6½ ridondante
Viva la libertà 6½ attuale
La scelta di Barbara 6½ algido
Anni felici 6 ingenuo
Elysium 6 sprecato
Stoker 6 elegante/vuoto
Blood 6 plumbeo
Firefox - Ragazze cattive 6 puntiglioso
Paulette 6 passabile
Spring breakers 6 mtv degenerato
Effetti collaterali 6 patinato
Promised land 6 Gus main stream
Educazione siberiana 6 addomesticato
Gambit 6 leggero
Les Misérables 6 estenuante
Killer in viaggio 6 pretenzioso
In darkness 6 meccanico

ANCHE NO
L'intrepido 5½ riuscito a metà
Oblivion 5½ senz'anima
Il ministro 5½ forzato
La cuoca del presidente 5½ insipido
In trance 5½ cervellotico

DA EVITARE
Don Jon 5 insulso
World War Z 5 fallimentare
The Bay 5 ributtante
La miglior offerta 5 telefonato
La scoperta dell'alba 5 veltroniano
La madre 5 fuffa ghost
Upside down 5 annacquato
The Impossible 5 inutile
Our day will come 5 presuntuoso
Cercasi amore per la fine del mondo 5 ba
L'ipnotista 4½ scialbo
Una ragazza a Las Vegas 4 raschiabarile

lunedì 19 agosto 2013

CBGB: 50.000 bands e un bagno disgustoso

Interrompo la pausa d'agosto per segnalare l'uscita imminente in America di CBGB: il film sullo storico locale dove sono nati il punk e la new wave newyorkese. La sala, ormai chiusa dal 2006, è ora sede di un negozio di abbigliamento di John Varvatos. Segno dei tempi, cantava Prince.
La teiera volante atterrerà per la prima volta sulla grande mela nell'ultima settimana di agosto, ma per questa visita come anche per il Chelsea Hotel (chiuso e in procinto di diventare un condominio di lusso) purtroppo siamo fuori tempo massimo.
Ci consoleremo con la colonna sonora del film:
Life During Wartime – Talking Heads
Kick Out the Jams (Uncensored Version) – MC5
Chatterbox – New York Dolls
Careful – Television
Blank Generation – Richard Hell & The Voidoids
Slow Death – Flamin’ Groovies
I Can’t Stand It – The Velvet Underground
Out of Control – Wayne County & The Electric Chairs
Psychotic Reaction – The Count Five
All For the Love of Rock ’n’ Roll (Live) – Tuff Darts
All By Myself – Johnny Thunders & The Heartbreakers
California Sun (Original Demo) – The Dictators
Caught With the Meat in Your Mouth – Dead Boys
I Got Knocked Down (But I’ll Get Up) – Joey Ramone
Get Outta My Way – The Laughing Dogs
Sunday Girl (2013 Version) – Blondie
I Wanna Be Your Dog – The Stooges
Sonic Reducer – Dead Boys
Roxanne – The Police
Birds and the Bees – Hilly Kristal

martedì 30 luglio 2013

Broken

Nella periferia anonima di Londra si incrociano le vicende di tre famiglie, ognuna alle prese con qualcosa che si è spezzato per sempre (broken, appunto). Archie, il sempre ottimo Tim Roth, è un avvocato abbandonato dalla moglie che deve crescere due figli adolescenti: una maschio e una femmina (la dolce protagonista soprannominata affettuosamente Skunk, cioè puzzola). Oswald è un padre vedovo con tre figlie, violento e iperprotettivo. Rick è un ragazzo con problemi mentali che vive con i genitori apprensivi.
Siamo in pieno dramma sociale-familiare, genere che gli inglesi sanno trattare come pochi. In questo caso il regista è Rufus Norris, quasi esordiente al cinema ma veterano del teatro. Il racconto è incentrato sulla piccola e fragile Skunk, dodicenne protagonista di una serie di eventi drammatici che le segneranno l'esistenza.

Il film è stato presentato nel 2012 a Cannes e ha vinto nello stesso anno il British Independent Film Awards. Da non perdere: attori fantastici, regia asciutta e di alto livello e... preparate un fazzoletto. Dannazione, c'è proprio da soffrire e da commuoversi, sinceramente e senza tiri ruffiani: il bullismo, la scoperta del sesso, la delusione nei confronti del mondo adulto, la relazione con la malattia mentale. Una storia tenera e durissima come solo gli anni dell'adolescenza sanno essere.
Che ve lo dico a fa', in Italia niente distribuzione, perciò cercatelo su cineblog perché merita veramente. Inizio e titoli di coda sulle note della dolce Colours dei Blur, riadattata e cantata dalla stessa giovane protagonista Eloise Laurence: già più di una promessa.

sabato 1 giugno 2013

Cinema 2013: visioni e pagelle di maggio








Miele di Valeria Golino (Italia) - 7½ coraggioso
Come un tuono di Derek Cianfrance (USA) - 7 tre in uno
No - I giorni dell'arcobaleno di Pablo Larrain (Cile) - 7 politico
Confessions di Tetsuya Nakashima (Giappone) - 6½ disturbato


Spring breakers di Harmony Korine (USA) -  6 degenerato
Effetti collaterali di Steven Soderbergh (USA) - 6 patinato



 La migliore offerta di Giuseppe Tornatore (Italia) - 5 telefonato






lunedì 20 maggio 2013

Miele (Please, Please, Please, Let Me Get What I Want)















Miele è una giovane donna che viaggia per la penisola aiutando i malati terminali ad andarsene dolcemente per mezzo di un barbiturico ad uso veterinario (illegale in Italia) che si procura in Messico. Questo suo lavoro, molto ben remunerato e svolto con estrema convinzione, è anche il grande segreto che non condivide con nessuno. L'incontro/scontro con un anziano e cinico ingegnere, nuovo potenziale "cliente", sconvolgerà i suoi schemi e le sue certezze.
Per l'esordio al lungometraggio Valeria Golino non poteva scegliere un tema più delicato e destabilizzante come quello della morte declinata nella forma del suicidio assistito. Missione compiuta grazie ad un racconto svolto soprattutto per immagini, senza tante sovrastrutture, proclami o scorciatoie ideologiche, sorretto dalla prova maiuscola dei due protagonisti: Jasmine Trinca e Carlo Cecchi. Un film che si collega degnamente ad un filone (Le invasioni barbariche, Mare dentro) che scuote le certezze squarciando il velo dell'ipocrisia su un tema etico di fondamentale importanza che riguarda tutti noi e che troppo spesso fingiamo di ignorare. Apprezzato ed applaudito a Cannes. Per me uno dei migliori film italiani usciti quest'anno.

Molto bella la colonna sonora (autentico rifugio di Miele/Irene nei tanti momenti di solitudine) con Thom Yorke, The Shins, Caribou (Found out), Shearwater (Rooks) e Talking Heads (Nothing but flowers, concessa da D. Byrne ad una cifra simbolica).
A proposito di musica, negli ultimi minuti in attesa del trapasso, le persone scelgono un brano d'addio: a me viene in mente Please, Please, Please, Let Me Get What I Want degli Smiths (canzone dolcissima dal titolo simbolico), ma ne avrei tante altre, troppe.
Forse basterebbero il silenzio o il rumore del mare e del vento.

lunedì 13 maggio 2013

Spring breakers - Una vacanza di noia

Non accenno alla trama perché se n'è già parlato molto dopo la presentazione a Venezia e in occasione dell'uscita del film a marzo. Per quanto riguarda i giudizi, si va dalla cagata pazzesca di fantozziana memoria a chi invece ha intravisto una sorta di capolavoro ultrapop. 
Nell'ambito della nostra rassegna locale "cattivi maestri" ho avuto modo di vedere Spring Breakers di Harmony Corine e devo dire che mi aspettavo qualcosa di più. Uscito dalla sala, mi sono quasi dovuto sforzare per riprendere il filo del ragionamento dopo il bombardamento audio-video per capire se e quanto mi fosse piaciuto. E questo non è quasi mai un bel segno.
Per fare un film ovviamente non basta prendere quattro ninfette ex-disney e trasformarle in riot girls sboccate e violente da sogno americano malato. Qui c'è anche qualcosa di diverso e l'idea di partenza è molto interessante, ma dopo il primo tempo, durante il quale si è sottoposti alla reiterazione esasperata e stordente dell'iconografia stile MTV USA con tutto l'armamentario di party sfrenati in spiaggia, bikini, alcol e ammiccamenti assortiti con la fellatio che la fa da padrona, ci si comincia ad annoiare specie quando la storia deraglia in una versione a ruoli ribaltati di pupe e gangsters, anche per la totale sciattezza dei dialoghi [1]. Pure questa voluta e funzionale come le scene di cui sopra? E va beh, che palle però! Non è proprio una stroncatura, né intendo banalizzare un'opera evidentemente provocatoria e fuori da ogni schema. I momenti originali ed esilaranti non mancano (notevoli la sequenza della rapina al fast food e le scene violente sulle note caramellose di Britney Spears) grazie soprattutto ad un eccellente montaggio che frantuma la cronologia, tra ellissi continue, fermo-immagini, dialoghi banalizzati in loop che riaffiorano periodicamente fuori campo. Mi chiedo però che cosa ne avrebbe cavato, giusto per fare un nome, un regista come Tarantino: uno che di bad girls se ne intende parecchio. Chi poi viene a parlare di provocatoria estremizzazione del lato oscuro giovanile contemporaneo, forse è meglio che ripassi un po' di cinematografia recente a partire da Elephant o E ora parliamo di Kevin.
Per restare sul versante femminile segnalo invece God Bless America (2011) con Tara Lynne Barr adolescente nichilista in coppia con Joel Murray: due marce in più rispetto alle quattro festaiole in gita in Florida.

[1] A quanto pare la sceneggiatura è stata scritta in dieci giorni e si vede.

voto 6 - mtv degenerato

martedì 30 aprile 2013

Cinema 2013: visioni e pagelle di aprile





Qualcosa nell'aria di Olivier Assayas (Francia) - 8 limpido
Gli anni dell'utopia e del dogmatismo raccontati con commovente lucidità attraverso i percorsi di crescita di un gruppo di ragazzi parigini all'ultimo anno di liceo.


Nella casa di François Ozon (Francia) - 7½ multilivel

Un giorno devi andare di Giorgio Diritti (Italia) - 7½ profondo
Raramente si sono letti giudizi così contrastanti come per il terzo film del regista bolognese. Io sono fra quelli che l'ha amato per la sincerità, la splendida fotografia dei paesaggi brasiliani e perché il tema della fuga alla ricerca di se stessi è affrontato in maniera profonda. Un grande regista italiano poco conosciuto al grande pubblico.

Bellas mariposas di Salvatore Mereu (Italia) - 7 tribal urbano (qua)


Promised Land di Gus Van Sant (Usa) - 6 Gus main stream
Sulla teiera preferiamo decisamente il Van Sant di Restless ed Elephant.

Il ministro - L'esercizio del potere di Pierre Schoeller (Francia - Belgio) - 5½ forzato





L'ipnotista di Lasse Hallström (Svezia) - 4½  scialbo



sabato 13 aprile 2013

Bellas mariposas e il cinema resistente

Sant'Elia non è solo lo stadio di Cagliari, ma anche il quartiere più meridionale della città nei pressi di un'area paludosa. Negli anni '70 nella parte nord sono sorti palazzoni in serie: una periferia d'asfalto con un alto tasso di criminalità e degrado. Nella finzione siamo a Sante Lamenera nell'estrema periferia della città in un caldissimo giorno d'agosto; Cate, tredici anni, vive in un condominio con i numerosi fratelli e sorelle (la più grande avviata alla prostituzione e un ragazzino già tossico), un padre odioso, laido e segaiolo con finta pensione di invalidità e la madre sforna-figli.
Lei e la sua amica Luna hanno imparato presto la lotta per la sopravvivenza circondate perennemente dallo squallore. L'ironia e una sorta di istinto di purezza adolescenziale le guidano nella giungla urbana piena d'insidie, tra giovani maschi aggressivi e adulti indifferenti. Salvatore Mereu (regista sardo, classe 1965) le segue con occhio lucido per un'intera giornata, dalla mattina alla sera, in una specie di diario pubblico senza filtri nel quale la ragazzina rivela direttamente allo spettatore le sue riflessioni più intime sulla vita e sull'ambiente disastrato in cui è costretta a crescere.
Dovevo nascere pesce, quando nuoto mi dimentico tutto - racconta dopo il bagno al mare con l'amica. Due volti di giovanissime attrici non professioniste che rimangono impresse per la loro naturalezza nell'essere sboccate, irriverenti e al tempo stesso "pulite". L'irruzione dell'elemento magico porta nel finale un tocco fiabesco forse forzato, ma che non mi è dispiaciuto, ricordandomi altri recenti esempi di ottimo cinema come Miracolo a Le Havre e Ricky di François Ozon, dove realtà sociale e fantastico convivono felicemente. In questo caso, grazie all'intervento di una maga, accadono eventi che modificano la vita delle due protagoniste. Il film è tratto da un racconto, uscito postumo, dello scrittore e giornalista sardo Sergio Atzeni.

Diversi premi per questo film nei vari festival e nessuna distribuzione nonostante l'ottimo riscontro di pubblico e critica ottenuto a Venezia. Se ieri sera l'ho potuto vedere è grazie alla caparbietà di un amico che riesce ancora a contrastare lo strapotere delle multisale organizzando dalle nostre parti rassegne come quest'ultima, intitolata aprile resistente, con quattro opere: Qualcosa nell'aria (molto bello, visto la settimana scorsa); Bellas Mariposas: la resistenza, appunto, di due belle farfalle nel girone dantesco di una periferia tribale; In Darkness: la resistenza di una famiglia di ebrei polacchi nelle fogne di Leopoli; La scelta di Barbara: ovvero la vita d'inferno dei dissidenti nella Germania Est. 

Cate e Luna alle prese con un maniaco che subirà una punizione esemplare.

martedì 2 aprile 2013

Cinema 2013: le pagelle del primo trimestre


Django Unchained di Quentin Tarantino: 9 travolgente



Re della terra selvaggia di Benh Zeitlin:  8 primordiale
Zero dark thirty di Kathryn Bigelow: 8 tosto



The Master di P. Thomas Anderson: 7½ complesso
Il lato positivo di David O. Russel: 7½ brillante
Noi siamo infinito di Stephen Chbosky: 7 formativo
Looper di Ryan Johnson: 7 ispirato
Viva la libertà di Roberto Andò: 6½ attuale
Anna Karenina di Joe Wright 6½ audace
Cloud Atlas di Tom Tykwer, Andy e Lana Wachowski: 6½ ridondante




Educazione siberiana di Gabriele Salvatores: 6 addomesticato
La frode - di Nicholas Jarecki 6 onesto
Gambit di Michael Hoffman: 6 simpatico
In darkness di Agnieszka Holland: 6 meccanico
Les Misérables di Tom Hooper: 6 estenuante
La scelta di Barbara di Christian Petzold: 6 algido
La cuoca del presidente di Christian Vincent 5½ insipido
Upside down di Juan Diego Solanas: 5½ annacquato



The Impossible di J. Antonio Bayona 5 inutile
Our day will come di Romain Gravas: 5 presuntuoso
Cercasi amore per la fine del mondo di Lorene Scafaria:  5 bla bla bla
La madre di Andres Muschietti: 5 solita fuffa in salsa ghost






lunedì 4 febbraio 2013

Compromessi sulla teiera: Les Misérables in cambio di Zero dark thirty


Equo compromesso cinematografico fra bravi piloti della teiera: Les Misérables, al cinema sabato scorso, in cambio di Zero Dark Thirty della splendida sessantenne Kathryn Bigelow, in uscita questa settimana. 
Ho una notevole passione per il musical, ma questa versione diretta da Tom Hooper non mi ispirava granché e ne avrei fatto anche a meno: sia per la lunghezza, che per il regista del sopravvalutato Il discorso del re. Infatti alla fine, pur non disprezzandolo, i miei timori erano abbastanza fondati (improponibile vederlo in dimensione casalinga). 
Primo aspetto poco esaltante: la staticità. Per quasi la metà del film gli attori sono inquadrati in primissimo piano che cantano e cantano fino allo sfinimento! La cosa regge di fronte alla bravura spaventosa di Hanne Hathawey; più faticoso resistere ai monologhi lamentosi di Hugh Jackman o al faccione di Russell Crowe. E poi cos'è un musical senza uno, dico, neanche uno straccio di coreografia? Niente dialoghi che non siano più di due parole ogni mezz'ora, e questa è una scelta stilistica in linea col musical originale, però in pratica i personaggi cantano anche quando tossiscono e starnutiscono e questo alla lunga provoca (in)sofferenza. Ciò non toglie che nell'arco delle quasi tre ore, tolti i momenti di (mio) sconforto, non emergano sequenze di grande impatto visivo ed emotivo: su tutte il finale dei rivoltosi sulle barricate con le note trascinanti della commovente Do You Hear the People Sing e, come già detto, la performance di H. Hathawey (Fantine). Con un classico del genere, già visto e stravisto decine di volte al cinema e a teatro, si poteva osare di più (Moulin Rouge insegna) ma così facendo la strada degli oscar si sarebbe allontanata ...
Giudizi finali molto distanti: una sufficienza striminzita contro un otto abbondante.

martedì 29 gennaio 2013

Inside Llewyn Davis: il nuovo film dei fratelli Coen

Qui sotto il trailer del nuovo film dei fratelli Coen ambientato nei primi anni sessanta a Greenwich Village: una storia che si ispira al libro di memorie di Dave Van Ronk, leader della scena folk che contribuì a diffondere lo spirito di contestazione e il movimento di rivendicazione dei diritti civili che culminò, nel 1969, nella rivolta del movimento gay di Stonewall dove fu anche arrestato. Non lo conoscevo questo musicista newyorkese (morto nel 2002) e ho scoperto da wikipedia che era un grande amico di Bob Dylan e che contribuì con il suo arrangiamento a portare al successo The House of the rising sun. La canzone che accompagna il trailer è Farewell, scritta da Dylan nel 1963. 
Nel cast: Oscar Issac, John Goodman, Carey Mulligan, Justin Timberlake e Adam Driver. A febbraio esce negli States. Come per Tarantino, anche per i fratelli Coen, attendo sempre ogni loro nuovo film con entusiasmo. Registi che fanno parte di una cerchia ristretta in grado di farci amare il cinema come pochi altri.


A proposito dei fratelli Coen, racconta Javier Bardem in un'intervista:
Joel e Ethan Coen mi hanno portato in una caffetteria e mi hanno descritto Anton Chigurh (protagonista di Non è un paese per vecchi) in tre minuti. Io ho detto: 'Non parlo inglese, non guido e odio la violenza. Come posso interpretarlo?'. E loro: 'È per questo che vogliamo te, porterai qualcosa di nuovo alla storia'. 

domenica 20 gennaio 2013

Django Unchained: 100 bare nere

Soundtrack: Rick Ross - 100 Black Coffins



Quentin non tradisce mai! Solo un gradino sotto Inglorious Basterds, ma in ogni caso quasi tre ore di pura goduria cinefila con quattro attori strepitosi: due (per così dire) buoni e due parecchio cattivi. Tanto si è scritto e tanto ho letto: quella sotto per me è una sintesi perfetta (con buona pace di Spike Lee, già in polemica dai tempi di Jackie Brown per l'uso troppo disinvolto del termine nigger).

Django Unchained è un esempio di grande cinema spettacolare. Montato benissimo e girato meglio il film presenta tutti gli elementi di stile aspettabili dall’ultimo Tarantino: personaggi chiacchieroni e dalla favella particolarmente forbita, lunghe e cesellate conversazioni in interni, grande recitazione sopra le righe (con un Di Caprio colpevolmente non candidato agli Oscar e un Waltz in dirittura di doppietta), cortocircuiti audio-visivi innestati da colonne sonore anacronistiche, presa di petto di una grande violenza storica affrontata con dissacrante noncuranza per la Storia.
(La rec. completa su Point Blank)

sabato 5 gennaio 2013

The Master (non una recensione ma un atto di fede)


Paul Thomas Anderson + J. Phoenix + P.S. Hoffman + J. Greenwood (colonna sonora) = Sabato pomeriggio tardi dedicato ad uno dei miei registi preferiti (fin dai tempi di Boogie Night) e in assoluto il migliore dell'attuale generazione dei quarantenni. Essendo stato presentato a Venezia, su questo film si è già detto tanto: in rete centinaia di recensioni, a volte non proprio invitanti riguardo la complessità e l'eccessiva verbosità dell'opera, in altri casi esaltanti; è anche questa la bellezza e la magia del cinema, perché...
il cinema non morirà mai, ormai è nato e non può morire: morirà la sala cinematografica, forse, ma di questo non mi frega niente. Monicelli

DUE GIUDIZI DIAMETRALMENTE OPPOSTI

The Master varrebbe da solo al suo autore il titolo non troppo contestabile di massimo cineasta statunitense dei nostri tempi. L'attesa virale e il mistero che precede l'uscita dei suoi film lo hanno fatto accostare a Kubrick, e il paragone non è poi così azzardato.
... un'opera sfaccettata e ostica, estremamente intelligente, complessa e filosofica; riflessione sul desiderio più o meno volontario di trovare una guida, una parabola sul potere accecante della suggestione, una seduta psicanalitica. I Cineuforici

...sorvolando sul fatto che la sceneggiatura - a firma dello stesso Anderson - non sembri in alcun modo raggiungere l’indispensabile compattezza, sfaldata dall'infinità di dialoghi che finiscono per catturare lo spettatore nella letale, soporifera morsa della noia, l’impressione è che il cineasta pecchi in maniera eccessiva di desiderio di dimostrazione di bravura autoriale; penalizzando, di conseguenza, il processo narrativo della vicenda raccontata. everyey

Nei commenti qualche considerazione post visione.

lunedì 10 settembre 2012

Raschiando il fondo del barile: la piaga di sequel, remake, antologie e cofanetti

"I don't write about heroes" diceva Philip K. Dick, l'abitudine hollywoodiana di trasformare ogni protagonista dickiano in un mascelluto action hero è un totale tradimento delle sue opere, in ossequio alle leggi del mercato: al costo degli effetti speciali che un film di fantascienza richiede, deve corrispondere un incasso da blockbuster, considerato ottenibile solo da una stronzata. Questo rincoglionimento del cinema è tragicamente progressivo, è un'encefalite spongiforme, bovina come l'espressione di Farrell. Vent'anni fa rimpiangevamo l'intenso e tormentato Harrison Ford di Blade Runner. Oggi rimpiangiamo pure il grugno sfranto di Schwartzy che si scàppera la microspia dal naso. Tratto da Carmilla: Rincoglionimento totale

Non dà più tregua questa tendenza che ad ogni avvio di stagione cinematografica ci fracassa le sfere togliendo sempre più spazio alle pellicole veramente interessanti (che poi ci tocca scaricare). 
Per analogia la collego all'altrettanto deprimente consuetudine dell'industria musicale di raschiare il fondo del barile pubblicando cofanetti e antologie deluxe per anziani nostalgici. Nel caso del cinema, la situazione è quasi rovesciata: è sul pubblico più giovane e bue da multisala che si punta a livello commerciale.

Nei prossimi mesi assisteremo all'uscita di:
- Total Recall
- The Bourne Legacy (già uscito)
- L'era glaciale 4
- Resident Evil: Retribution
- Step up Revolution
- Silent Hill: Reveltion 3D
- Asterix e Obelix al servizio di sua maestà
- The Twilight bis, ter, ambo, cinquina
- Carrie
- Robocop
- Dredd
- Mad Max: Fury Road
Old Boy
- Suspiria

E la lista è solo parziale. A parte Prometheus, penso che non ne vedrò neppure uno.

venerdì 31 agosto 2012

Stagione 2012-13: 5 film da vedere assolutamente al cinema


Prometheus - Ridley Scott (14 sett. 2012)
E' già uscito in tutto il mondo e saremo gli ultimi in assoluto a poterlo vedere grazie alla solita, demenziale distribuzione italiana. Resistere per mesi alle perfette versioni blu-ray con sottotitoli scaricabili comodamente dalla rete è stata dura, ma ormai è quasi fatta.
Anche se Alien e Blade Runner sono un ricordo lontano, R. Scott che torna alla fantascienza (dopo averci tediato con crociate e vinificazioni) è una grande notizia. Magari sarà una delusione; di certo è un'operazione rischiosa, visti i colossi con i quali dovrà inevitabilmente confrontarsi. Il trailer è spettacolare e promettente, ma se per caso dovesse tradire, ci consoleremo con Charlize Theron, sempre più brava e bella: Young Adult, dove è protagonista assoluta, è la migliore commedia dell'anno.

The Master - Paul Thomas Anderson (11 gen 2013)
Attesissima anteprima al festival Venezia. Stravedo per questo regista fin dai tempi di Boogie Night. La storia non riguarderà direttamente scientology, come hanno dichiarato Philip Seymour Hoffman e la produttrice, ma pare che Tom Cruise a fine visione sia rimasto poco contento.
Il film è stato girato con pellicola da 70 mm, il che darà una visione spettacolare, ma anche qualche problema di distribuzione, visto il formato ormai poco diffuso.

Moonrise Kingdom - Wes Anderson (5 dic. 2012)
A differenza del precedente, non ho una gran passione per quest'altro Anderson. Ne apprezzo comunque il talento inimitabile (diversi l'hanno scopiazzato), espresso ai massimi livelli soprattutto ne I Tanenbaum, manifesto stralunato sulla famiglia disfunzionale e sull'incapacità di crescere. Sarà per via della fuga, tema che mi ha sempre affascinato e per il cast (Bruce Willis, Edward Norton, Bill Murray, Tilda Swinton, Frances McDormand) ma questo nuovo film, ambientato nell'estate del 1965, mi ispira parecchio; vedremo se manterrà le aspettative.

Reality - Matteo Garrone (28 set. 2012)
Dopo aver vinto il premio speciale della giuria a Cannes, finalmente esce anche il film di Garrone. L'unico timore (rischio insito in questo genere di storie) è la scivolata nel solito atto d'accusa contro l'invadenza e la tirannia dei media. Trappola moralistica nella quale il regista pare non sia cascato: "Io e i miei sceneggiatori non avevamo intenti di denuncia sociale, non era questo che ci interessava. Volevamo raccontare una storia che si legasse alla gloriosa tradizione del cinema italiano, stavamo accanto ai personaggi cercando di capirli e di raccontarli con amore e calore"

Django Unchained - Quentin Tarantino (17 gen. 2013)
Ne ho parlato qualche giorno fa: ogni uscita del tarantolato è sempre un evento.

giovedì 16 agosto 2012

Spaghetti western

In dialetto romagnolo li chiamavano I caplo'  (I cappelloni). Da bambino, nella sala di fianco a casa, ogni domenica pomeriggio c'era la doppia proiezione che prevedeva sempre un western e anch'io, come Tarantino, sono cresciuto con quell'immaginario (senza però sapere le battute a memoria come lui). Ne ho visti talmente tanti che da grande per parecchi anni ho avuto il rifiuto. Un digiuno durato fino al 1990, anno di uscita di Balla coi lupi.
Dopo aver esplorato altri campi, per Tarantino è arrivato il momento di applicare la sua geniale abilità metacinematografica anche a questo glorioso genere con Django Unchained. Tutta la troupe ha dovuto vedere il Django originale del 1966 con Franco Nero (presente con un cameo nel film). Penso ci sarà da divertirsi; spero almeno quanto Bastardi senza gloria. La data da segnare è il 17 gennaio 2013.

Nell'intro del film di Corbucci del 1974 gli spaghetti western erano già al crepuscolo, ma nel monologo della donna è condensato in un minuto un omaggio alla storia del genere in un diluvio di citazioni:
Per un pugno di dollari - Sergio Leone, 1964
Per qualche dollaro in più - Sergio Leone, 1965
Vamos a matar companeros - Sergio Corbucci, 1970
Il buono, il brutto, il cattivo - Sergio Leone, 1966
Giù la testa - Sergio Leone, 1971
La resa dei conti - Sergio Sollima, 1967
Il mio nome è nessuno - Tonino Valerii, 1973
Faccia a faccia - Sergio Sollima, 1967
Un dollaro a testa (Navajo Joe) - Sergio Corbucci, 1966
O'Cangaceiro - Giovanni Fago, 1969
Il mucchio selvaggio - Sam Peckinpah, 1969 (unico non italiano citato)
Un dollaro bucato - Giorgio Ferroni, 1965
Minnesota Clay - Sergio Corbucci, 1965
E poi lo chiamarono il magnifico - Enzo Barboni, 1972
C'era una volta il west - Sergio Leone, 1972
Corri uomo corri - Sergio Sollima, 1968
Dio perdona... io no! - Giuseppe Colizzi, 1967
Django - Sergio Corbucci 1966