domenica 25 novembre 2018

Produci e consuma anche con le pezze al culo

Prima era un giorno, ora una settimana, il prossimo anno sarà tutto novembre... Colonizzati da Halloween e dal Black Friday, presto festeggeremo anche il Thanksgiving. Ho un account amazon e come tutti ci sono dentro fino al collo, ma quest'anno ho avuto il rigetto e non compro nulla da nessuna parte. Non è una posa, ma solo nausea e il conseguente rigetto a partecipare a questa nuova forma di totalitarismo che ci martella a raffica in ogni dove.

Nessun centralismo fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo della civiltà dei consumi. (Pasolini, Corriere della Sera - 9 settembre 1973)

giovedì 22 novembre 2018

Murder ballads dai fratelli Coen

Come ha detto il grande Monicelli: Il cinema non morirà mai, ormai è nato e non può morire: morirà la sala cinematografica, forse, ma di questo non mi frega niente. 
Sembrava solo una battuta, invece si sta rivelando una frase quasi profetica.
Da ex accanito frequentatore dei cinema non voglio generalizzare, ma spesso, leggendo la programmazione della multisala più vicina a casa, mi prende lo sconforto. Qualche volta trovo qualcosa di interessante ma mi passa la voglia. Un film che deve iniziare alle 15, comincia alle 15.25 dopo una valanga di pubblicità più svariati trailers. Stessa musica, con minutaggio inferiore tra il primo e il secondo tempo. Allora vaffanculo: a queste condizioni me ne sto a casa.
Ed è quello che ho fatto con l'ultimo film dei fratelli Coen, purtroppo distribuito solo su Netflix. Forse sarà grazie a gente come loro se il cinema continuerà a sopravvivere anche fuori dalle sale. Peccato solo non poterlo vedere in uno schermo adeguatamente grande, perché La Ballata di Buster Scruggs segna il ritorno al western dei due fratelli con sei episodi in cui tra il tragico e il comico, il destino degli esseri umani segna il suo corso, ma come spesso accade per vie imprevedibili. La pagina di un vecchio libro apre gli episodi che scorrono così tra pistoleri logorroici, ladri di banche, attori freaks, cercatori d'oro, ragazzine ingenue e i passeggeri di un'inquietante carrozza, l'humour nero dei Coen si scatena in tutte le sue sfaccettature: un marchio di fabbrica che, come raccontava il cowboy de Il Grande Lebowski, non fa altro che mettere in scena la dannata commedia umana che procede e si perpetua.

martedì 20 novembre 2018

Autumn blues e rifugi musicali: Portishead - Roads

I primi freddi, insieme al buio al mattino che ti sorprende in modo ancora più avvilente nel pomeriggio, portano d'istinto a rifugiarsi in certa musica, oltre che nel vino e nelle castagne.
Dummy è l'album di debutto dei Portishead, un cult degli anni '90. Un mix raffinato tra avanguardia e retrò: una babele di stili musicali che ha segnato l'apice e anche l'inizio del tramonto del genere trip hop. Bellissima la definizione che ho letto su musicletter: la musica dei Portishead faceva penetrare le lacrime del blues attraverso le crepe della musica elettronica.
Questa è Roads, una delle gemme del disco, qui suonata dal vivo con orchestra e soprattutto con la voce unica di Beth Gibbons. 
Di lei consiglio di recuperare Out of season, lavoro da solista uscito nel 2002 con la collaborazione di Paul Webb, ex Talk Talk nonché suo compagno.



Non sono un amante dei remix, ma questo è un ottimo lavoro.

lunedì 12 novembre 2018

Blues dei 90 anni

Antonio, detto Totò per la discreta somiglianza con il principe De Curtis, abita all'inizio della mia strada. Classe 1928 (coetaneo di Piero Angela ed Ennio Morricone) ha da poco compiuto novant'anni e come regalo di compleanno i parenti gli hanno preso un computer nuovo. Farei la firma per mantenere la lucidità e la curiosità della sua mente, oltre che lo spirito. E' vedovo da diversi anni e quando passo davanti casa sua, mi fermo sempre volentieri a chiacchierare e a scambiare opinioni. Mi appassionano i suoi racconti, come blues che sanno di radici, tribolazione e riscatto, però sempre con un immancabile sfondo d'ironia. Come tanti della sua generazione, Antonio viene dalla miseria, quella nera. Da ragazzino ha vissuto il fascismo, la guerra e le bombe, patendo la fame con tutta la sua famiglia. In questa parte della Romagna il fronte rimase fermo per cinque lunghi mesi con tedeschi e alleati separati solo dall'argine di un fiume. Alla fine si vedevano soltanto macerie, ma aveva 17 anni e una vita davanti.
Il suo percorso è l'esempio di come l'animo umano possa, con la forza di volontà e l'intelligenza, affrancarsi dalla miseria e dalla mancanza di cultura. In poche parole elevarsi dalle brutture. Antonio dopo la guerra si fa una cultura da autodidatta, sposa una maestra, poi con il suo lavoro la mantiene all'università per darle la possibilità di fare il concorso e insegnare alla scuola secondaria. Ben presto inizia a viaggiare all'estero, spesso nei paesi dell'Est dove ci sono milioni di chilometri di strade da asfaltare e lui un po' alla volta diventa responsabile delle squadre di romagnoli inviate dalla ditta locale per svolgere questo lavoro.

LA GRATICOLA
Sabato mattina me ne ha raccontata un'altra.
Siamo alla fine degli anni '50 in Jugoslavia, in una zona molto arretrata vicino ai confini con Grecia e Bulgaria. I locali parlano un dialetto slavo incomprensibile; vicino al cantiere il nulla e per mangiare c'è solamente una bettola in un villaggio. Quando vanno per pranzare, col cameriere non c'è modo di capirsi, Totò allora con la sua mimica irresistibile inizia a fare i versi di vari animali e tutto il locale a ridere. Lo prendono in simpatia e viene accompagnato in cucina dove la cuoca, un donnone di due quintali, sta mescolando una zuppa di gulash nauseabonda in un grande paiolo. Non ci siamo! Allora gli aprono il frigorifero da dove spunta ogni ben di dio: pomodori giganti, ma soprattutto pezzi di carne da acquolina in bocca. Antonio sigla una sorta di contratto e poi torna soddisfatto al cantiere, dove chiama un operaio e gli fa costruire una graticola gigante. Tutti i giorni alle undici qualcuno avrebbe staccato dal lavoro per preparare il fuoco per cuocere alla brace la carne e le verdure fornite dal locale. Due o tre anni dopo, passando sempre per lavoro da quelle parti, Antonio si ferma a salutare i proprietari del locale e scopre che avevano ancora la sua graticola e la usavano per cucinare. Gli dico ridendo che se si fosse fermato ancora un po' l'avrebbero fatto prima capo cuoco e poi sindaco del villaggio.