mercoledì 30 luglio 2008

Arthur Rimbaud - Democrazia 1874

«La bandiera va al paesaggio immondo, e il nostro gergo soffoca il tamburo. «Nei centri alimenteremo la più cinica prostituzione. Massacreremo le rivolte logiche.
«Ai paesi pieni di pepe e acqua! - al servizio dei più mostruosi sfruttamenti industriali o militari.

«Arrivederci qui, o non importa dove. Coscritti della buona volontà, avremo una filosofia feroce; ignoranti riguardo la scienza, esperti riguardo il benessere; crepi il mondo che va. E' la vera marcia. Avanti».
Le Illuminazioni di Rimbaud: nel nostro presente suonano ancora sinistramente attuali.

sabato 26 luglio 2008

20 Album vissuti: 9° Patti Smith Group - Easter 1978

Per proiettare questo disco nell'empireo del rock bastano tre canzoni:
1) Because the night, scritta con Springsteen; non ha bisogno di commenti, dopo tanti anni basta riascoltarla per emozionarsi.
2) Rock n roll nigger, pura energia e incazzatura rock.
3) We three, ballatona da brividi accompagnata da un piano perfetto. Tutto il resto del disco è sullo stesso livello, o quasi.
Il mio primo vero concerto: Patti Smith allo stadio di Bologna, settembre 1979. Nel sito del fotografo
Enrico Scuro sono pubblicate bellissime foto in bianco e nero di quell'evento. Per quattro anni, dal 1975 al 1979, gli artisti stranieri avevano evitato l'Italia come la peste, a causa del disastro accaduto a Roma in occasione del concerto di Lou Reed, dove gli scontri tra la polizia e manifestanti, che volevano entrare gratis, provocarono diversi feriti schiacciati dal fuggi fuggi e dalla calca che si creò all'interno del palazzetto al cui interno era volato di tutto, perfino lacrimogeni e bottiglie molotov. Patti Smith fu un evento e rappresentò un nuovo inizio per i concerti in Italia. Ho un ricordo molto confuso delle sensazioni provate e dell'atmosfera; di certo ero emozionato e più o meno andò tutto bene; ero anche in dolce compagnia! Di lì a poco arrivarono i Clash e tutti gli altri.
Ecco
in ordine cronologico, a partire dal più recente, i cinque concerti più belli in assoluto che ho visto:
1) Massive Attack - Ravenna 2008
2) Radiohead - Ferrara 2003

3) Pink Floyd - Modena 1994

4) Bauhaus - Punto a Capo Bologna 1982

5) Talking Heads - Bologna 1981

giovedì 24 luglio 2008

"Control" Il film sulla vita di Ian Curtis

Probabilmente (speriamo) in settembre dovrebbe uscire nelle sale per Metacinema, "Control", il film diretto da Anton Corbijn sulla vita di Ian Curtis, cantante dei Joy Division. Il film, già uscito in Inghilterra e Olanda è già stato presentato con successo anche al festival di Cannes. La sceneggiatura è stata tratta direttamente da Touching From A Distance, la biografia di Curtis scritta dalla moglie Deborah pubblicata in Italia con il titolo di Così vicino così lontano. Viene finalmente reso omaggio ad una band leggendaria, scioltasi dopo il suicidio del loro leader e cantante (riformatasi poi come New Order) con all'attivo due solo dischi: Unknown pleasure e Closer (1980) che hanno lasciato un segno indelebile nella storia della musica. Girato inizialmente a colori, il film è stato in seguito trasformato in bianco e nero, forse per creare maggiore sintonia con la personalità tormentata di Ian Curtis, malato di epilessia (nei suoi diari giovanili lui stesso la definiva "il grande male") e la musica dark del gruppo di Manchester in un'epoca di grande fermento musicale, quello dell'Inghilterra della fine anni '70 e inizio anni '80, dove furono gettate gettate le basi di nuove formule musicali per gli anni a venire.
Nel frattempo accontentiamoci del trailer in inglese

mercoledì 23 luglio 2008

Ana Popovic: in concerto il 27/07 a Bertinoro

L'interessante rassegna Donne in blues di Bertinoro (FC) si conclude domenica 27 luglio con il concerto di Ana Popovic, in arrivo dagli USA, dove ha appena concluso un lungo tour.
Ana Popovic è nata a Belgrado e vive ad Amsterdam, ma se la senti cantare e suonare la chitarra diresti che sia nata e cresciuta sulle sponde del Mississippi. Grazie alle performances dal vivo si è affermata prepotentemente come una delle principali figure blues europee e anche una delle migliori, se non la migliore chitarrista donna. Con un trio formato da Fabrice Ach (basso), Denis Palatin (batteria) e Dominique Vantomme (piano e organo), aggredisce i pezzi con un suono che permette a soul, funk e jazz di entrare in circolo su una base rock-blues in cui la chitarra elettrica emerge come protagonista principale. Ana Popovic è una musicista di razza, dotata di talento puro e voce calda: dal vivo è capace di farvi alzare dalla sedia. Il suo stile ricorda (con tutto il rispetto) quello dell'indimenticato Stevie Ray Vaughan, chitarrista bianco scomparso in un incidente nel 1990. Nel 2006 ha partecipato alla prestigiosa “Blues cruise”, leggendaria crociera all'insegna del blues che ogni anno riunisce i migliori artisti del momento, ed ha ottenuto sei nomination per the 'Living blues awards 2006', fra cui "Miglior performance live', e 'Miglior artista blues femminile'. Sito web: http://www.anapopovic.com
Ana: Live in Amsterdam

domenica 20 luglio 2008

Massive Attack - Fantastico live a Ravenna

Sabato sera ho assistito ad uno strepitoso concerto dei Massive Attack al Pala de Andrè di Ravenna. Il collettivo di Bristol ha presentato diversi pezzi del nuovo album in uscita "Weather underground", con una formazione che ha visto il ritorno di Daddy G, il supporto di tre vocalist, il cantante jamaicano Horace Andy (Angel e 16 Seeter) e un gruppo di musicisti eccezionale. Una base ritmica ipnotica e trascinante (due batterie sempre presenti) e un impianto luci sobrio ma spettacolare allo stesso tempo per la sua capacità di trasformarsi e produrre messaggi scorrevoli fra cui anche frasi di denuncia come quando a sorpresa è apparsa la scritta: "Alemanno, evacuare campi nomadi". A Napoli uno dei leder Del Naja ha dedicato il concerto a Roberto Saviano e Matteo Garrone, autori rispettivamente del libro e del film Gomorra, dimostrando sensibilità e una conoscenza sorprendente delle questioni italiane.
Da brividi la voce della cantante di colore Jolanda che ha interpretato Safe from arm e Unfinished simpathy in uno dei due bis. Il concerto si è concluso con Karmacoma con tutto il pubblico che ondeggiava trascinato dal ritmo sinuoso del celeberrimo brano. Una prova da 10 e lode per quello che si può definire un collettivo più che un gruppo, anche per l'atteggiamento assolutamente da anti-star di tutti gli elementi che sono subito entrati in perfetta sintonia con il pubblico fra l'altro numeroso. I nuovi brani presentati sono interessanti e coinvolgenti e fanno presagire che l'album, presto in uscita, sarà di altissimo livello.
Teardrop Live Ravenna

giovedì 17 luglio 2008

20 Album vissuti: 7° The Stranglers - The Raven 1979

Nell'Ottobre del 1979 partii solitario per una specie di viaggio di formazione attraverso il Nord Europa: Bruxelles, Londra, Amsterdam, la città dopo rimasi più a lungo. Fu a Londra che con gli ultimi risparmi guadagnati con la vendemmia acquistai, tra gli altri, questo splendido disco - ahimè ora disperso - in edizione limitata con la copertina tridimensionale. L'ispirazione, come si può intuire dal corvo in primo piano, è decisamente dark. L'originalità degli Stranglers fu però nella capacità di discostarsi da altri gruppi post punk del periodo inserendo costantemente nei brani tastiere dal sapore quasi doorsiano unite a tappeti sonori elettronici che a volte emergono dal sottofondo in primo piano fino a sovrastare gli altri strumenti, come accade ad esempio nella splendida title track. Un disco oscuro e minaccioso, dal fascino ambiguo che raggiunge livelli che il gruppo successivamente non sarà neanche in grado di avvicinare. Dopo una breve permanenza a Londra, mi apprestavo soddisfatto a concludere il mio viaggio con il borsone pieno più di dischi che di vestiti, avendo deciso di passare qualche giorno ad Amsterdam. Viste le finanze limitate alloggiai in un albergo molto economico vicino al quartiere a luci rosse in una stanza doppia condivisa con un francese. La prima sera andai al Melkweg, famoso locale della città; ero entusiasta perché avevo visto la locandina che pubblicizzava un concerto dei Gong. Della vecchia formazione però erano rimasto solo il batterista, Pierre Moerlen; ormai suonavano un jazz-rock sì dignitoso, ma assai distante dal loro sound originario. La vera sorpresa fu all'uscita perché incontrai Sante, un ragazzo italiano delle mie parti che conoscevo; lo stupore fu di entrambi, ma mentre io mi consideravo di passaggio lui stava già ad Amsterdam da quasi un mese: viveva in un un ex brefotrofio abbandonato che squatters olandesi e tedeschi avevano occupato ed arredato per viverci. Aveva una stanza in società con un tedesco e mi invitò a stabilirmi da loro. Il giorno seguente mi trasferii con le mie cose dall'albergo ad una nuova stanza libera che mi era stata assegnata. Mi restavano pochi fiorini con i quali sarei stato autosufficiente ancora per poco e così il giorno dopo feci la mia fila alla stazione di polizia olandese per ottenere un permesso di soggiorno con cui avrei potuto cercare lavoro in una delle tante agenzie. La sera stessa Sante mi portò alla sede degli Hare Krishna, non perché fosse un loro seguace, ma perché dopo aver assistito a tutta la cerimonia si era ricompensati con una buona cena, seppur vegetariana: era uno dei tanti stratagemmi da lui utilizzati per riempirsi la pancia senza lavorare. Nei giorni successivi però cominciai a scoraggiarmi, la vita precaria alla freak brothers non faceva per me e avevo già deciso di telefonare ai miei genitori per farmi mandare i soldi del biglietto di ritorno, quando un pomeriggio, all'interno di un'agenzia, fummo contattati in modo un po' losco da un signore di mezza età, che ci chiese sottovoce se eravamo in cerca di lavoro. Ci spiegò che ci avrebbero pagato in nero se avessimo accettato di lavorare come inservienti in un ristorante. Accettammo al volo e il giorno dopo eravamo già al lavoro come lavapiatti nella grande cucina di un ristorante di lusso sul Mare del Nord... segue

mercoledì 16 luglio 2008

20 Album vissuti: 6° Gaznevada - Sick Soundtrack 1980

Frequentavo l'università a Bologna e nell'inverno del '79 uscendo una sera dal mio appartamento di via Sant'Isaia per andare a fare un giro in centro, scoprii per caso il Punkreas, un locale ricavato in una cantina. Entrai e in apparenza pareva una delle tante tipiche osterie di Bologna, ma mi sbagliavo. Dopo pochi minuti il locale underground cominciò a riempirsi di ragazzi e ragazze che dall'aspetto non parevano i tipici frequentatori di osterie. Quella sera si esibivano i Gaznevada, gruppo bolognese a me sconosciuto probabilmente ad una delle prime uscite di una certa importanza. Suonarono brani dei Ramones ma anche pezzi loro e, malgrado emergessero alcuni limiti tecnici, si intuiva che stava nascendo qualcosa di nuovo partorito dalla Bologna del '77 di Radio Alice, del movimento e della cultura alternativa, ora già post-punk e avviata verso territori comunicativi inesplorati che avrebbero portato alla luce personaggi geniali come Andrea Pazienza e Scozzari e che aveva già fatto emergere un gruppo cult come gli Skiantos. L'anno dopo comprai il loro primo L.P. "Sick Soundtrack" e constatai che i ragazzi erano non poco migliorati. Abbandonati gli esordi in stile Ramones, i Gaznevada partorirono qualcosa di originale per il panorama ammuffito della musica italiana di quegli anni. Crearono una nuova prospettiva musicale..." Erano i figli del post punk americano e furono bravissimi, autentici surfisti dell'immaginario a prendere l'onda buona della new wave adattandola alla fantasia nostrana che rifletteva nell'universo rock la parte creativa del movimento bolognese del '77. "Sick Soundtrack", primo LP dei Gaznevada, era un ingorgo stupefacente di intuizioni fra Devo e Contortions ('Going Underground'), Talking Heads (Oil Tubes), no wave newyorkese, psichedelia..." (Flavio Brighenti).
Nel giro di pochi anni furono fagocitati e integrati dal business musicale e probabilmente anche rammolliti dall'eroina. Comparvero alcune volte in TV intristiti in stile dance-music anni '80, specie dopo l'uscita del singolo I.C. love affair (rispetto alle schifezze successive non era neanche male), che nel 1982 era ballato in tutte le piste.
Japanese girl.mp3

sabato 12 luglio 2008

Cover art: Con i LEGO tutto è possibile

Dopo essere stato con mio figlio a Legoland California a San Diego pensavo di averle viste tutte sui Lego, ma questa mi mancava. Utilizzando i mattoncini e gli omini qualcuno è stato capace di riprodurre alcune famose copertine di 33 giri. L'effetto è veramente spassoso e incredibilmente riuscito. Per vedere tutte le altre cover la pagina web è: http://www.thetoyzone.com/20-album-covers-recreated-in-lego
Ecco un paio di esempi:

Beatles - Abbey Road




































Pink Floyd - The Division Bell

martedì 8 luglio 2008

20 Album vissuti: 5° Hunky Dory - David Bowie 1971


Secondo anno delle superiori. Avevo già ascoltato qualcosa di David Bowie, ma il giorno in cui andai a casa di Capo (questo era il suo soprannome di cui ignoro le origini), feci una vera full immersion e lì sentii per la prima volta questo splendido disco che contiene capolavori come Life on Mars. Conobbi Capo il giorno in cui mio cugino, detto il Man (più grande di me di un paio d'anni), mi invitò a casa dell'amico dove stava andando a suonare, sapendo che anch'io strimpellavo. Io ero perplesso, perché era risaputo che entrambi erano un po' sciroccati, però ebbe il sopravvento la curiosità di vedere che cosa riuscivano a combinare. Ricordo che in soggiorno c'era un pianoforte che Capo sapeva suonare da autodidatta, un buonissimo impianto stereo e tanti dischi tra cui tutti gli album, vari singoli, bootleg e spartiti di Bowie. Capo per tutto il pomeriggio suonò il pianoforte, ci mostrò e ci fece ascoltare diversi dischi e non fu difficile cogliere nei suoi atteggiamenti e nella sua enfasi un'insana e maniacale passione per il Duca Bianco. In seguito, incontrandolo altre volte e parlandoci, mi resi conto che la realtà che Capo viveva e percepiva era quasi sempre filtrata attraverso la musica e i testi di Bowie; con lui era molto difficile e complicato conversare di altri argomenti. Avevo la sensazione che vivesse una condizione di fragilità preoccupante. Nei mesi successivi non ci feci molto caso, ma non si fece più vedere in giro e un giorno chiesi al Man se ne sapeva qualcosa. Mi raccontò che era stato ricoverato in preda a crisi depressive e sentendosi un po' in colpa, mi spiegò che forse anche lui aveva contribuito a questa situazione. Con la sua tipica flemma (opposta alla costante febbrile eccitazione dell'amico), mi raccontò che Capo, non si sa in base a quali principi etici, aveva sempre sostenuto fermamente che una persona nella propria vita, una volta ottenuto un lavoro, doveva mantenerlo per sempre, altrimenti era da considerarsi un fallito. Come il Man appunto, additato di continuo come esempio negativo poiché aveva già cambiato più volte posto di lavoro. Ormai non si frequentavano quasi più, ma la morale che Capo si era imposto gli si ritorse contro, perché il Man al primo lavoro perso dell'ex-amico lo aspettò al varco e incontrandolo per strada gli urlò: "Conto uno!". Quando anche il secondo lavoro andò in fumo, fu la volta di "Conto due", parole che il Man gridava con regolarità implacabile ogni volta che si incrociavano, nel bar o lungo la strada. L'epilogo si ebbe quando il Man, consapevole di colpire nel segno, un giorno al termine di una discussione gli gridò: "Tanto si sa che ormai la musica di Bowie la fa Brian Eno al computer!" Capo, sicuramente non solo per questi motivi, andò fuori di testa. I suoi genitori si presentarono addirittura a casa del Man a fare una scenata, attribuendo a lui la colpa per la depressione del figlio e intimandogli di non tormentarlo più con le sue perfide frasi. Rividi Capo in circolazione dopo cinque-sei anni, visibilmente sedato ed ingrassato; si sapeva che era stato in un istituto di cura. Mi salutò e scambiammo qualche parola stentata: due ragazzi, quasi adulti in imbarazzo reciproco. Provai pena per questo abruzzese fuori di testa, incompreso dai genitori molto anziani.
Il Man un giorno mi fece leggere alcuni suoi scritti stralunati (alla Syd Barrett): erano poesie e testi di canzoni dai titoli improbabili tipo Canto d'addio al cosmico Daniele. Uno mi colpì, perché il finale era divertente: narrava in versi un episodio vero riguardante questo suo amico sprovveduto che per un paio di anni, quando in paese arrivava l'autoscontro gestito da un omone obeso, si faceva assumere come lavorante, sperando di guadagnare qualche soldo. Finiva così: "...ma alla fine della settimana di lavoro il grasso padrone non gli dava dei soldi bensì gli dava del pazzo".

lunedì 7 luglio 2008

20 Album vissuti: 4° Talking Heads - Remain in light 1980

Una folgorazione. Questo disco per me fu veramente un'autentica rivelazione, una visione del futuro e di come sarebbe cambiata la musica nei decenni a venire. Ancora oggi riascoltandolo non teme in nessuna maniera il peso degli anni passati. Un album di luce (la prima facciata) e di oscurità (la seconda). Un connubio musicale che ha unito il genio di David Byrne con l'esperienza di Brian Eno in un'alchimia di funk, percussioni tribali, elettronica, rock con in più la chitarra furiosa di Adrian Below e l'inconfondibile basso di Tina Weymouth. Ascoltando soprattutto la prima parte viene una gran voglia di muoversi, impossibile resistere. Infatti "Crosseyed and Painless" diventò quasi una hit da discoteca alternative. Io quel genere di musica desideravo anche suonarla, per lo meno qualcosa che si potesse idealmente avvicinare; era un impulso irrefrenabile. Da qualche anno avevo abbandonato la chitarra acustica per maneggiare quella elettrica. Avevamo formato il nostro primo gruppo, il cui nome era impensabile potesse comparire scritto o stampato senza rischiare seriamente l'apologia di reato: avevamo infatti deciso di chiamarci "Aldo Morto e le B.R.". Visto col senno degli anni, non è per niente divertente, però la nostra testa allora funzionava così. Almeno avemmo l'accortezza, le poche volte che ci chiamarono a suonare in pubblico, di non svelare il vero nome; quando ce lo chiedevano rispondevamo ridendo sotto i baffi "Tua sorella"! E così con quel nome fasullo riuscimmo a partecipare nel 1980 ad un paio di concerti con altri gruppi. Durante le nostre prove mettemmo a punto due cover: "Psyco Killer" dei Talking Heads (in cui io cantavo e ci veniva discretamente) e "Socialist" dei P.I.L. di John Lydon, ex Johnny Rotten dei Sex Pistols. In questo brano, che in effetti si presta molto, davamo sfogo a tutta la nostra esuberanza e voglia di caos, creando un improbabile intreccio di suoni stridenti tra chitarre e synt; la durata del brano era imprecisata. Il gruppo durò pochi mesi, ma la new wave ormai ci aveva contagiato e presto sarebbero nati i Reverse. Era un periodo di incredibile energia, vitalità e confusione; dopo il boom del concerto di Patti Smith del 1979, l'anno dopo in Emilia Romagna iniziò la stagione dei concerti: a distanza di pochi mesi ne vidi 6 fantastici: Talking Heads e Devo al palasport di Bologna, Bauhaus e A Certain Ratio al Punto a Capo, Killing Joke non ricordo dove, Siouxie and the Banshees all'Aleph di Gabicce Mare.

mercoledì 2 luglio 2008

20 Album: 3° Frank Zappa - Overnite sensation 1973

Radio Graal fu una delle tante radio cosiddette libere che, dalla metà degli anni '70, erano spuntate come funghi in tutta Italia. La radio era stata allestita con materiale di fortuna, prima occupando una sede di proprietà comunale, poi si trasferì all'interno di un capannone. La potenza di trasmissione era blanda e copriva solo alcuni comuni della Romagna. Pochi ormai se la ricordano, in rete purtroppo non si trovano tracce di quell'esperienza, magari raccontate da persone che parteciparono fin dagli esordi. L'iniziativa era partita da un gruppo eterogeneo di personaggi che comprendeva: attivisti politici della sinistra extra-parlamentare, fricchettoni storici, anarchici e cani sciolti. Iniziai a frequentarla con un certa soggezione, poichè c'erano persone anche di quindici anni più vecchie di me, coltivando il sogno di poter trasmettere. Ai suoi esordi la radio godeva di un minimo di organizzazione e i programmi avevano una certa regolarità, ma col passare del tempo la situazione era andata degenerando.
La mia frequentazione corrispose più o meno al periodo finale, in cui molti dei fondatori iniziali avevano mollato l'iniziativa. Cominciarono a sparire i dischi e la radio diventò sempre più meta di sbandati o comunque persone disinteressate alle trasmissioni. Io mi sentivo impotente di fronte a tale situazione ed era spiacevole vedere una simile opportunità sfumare inesorabilmente: Radio Graal tutto sommato era stata nel suo piccolo una spina nel fianco del potere, una voce originale, provocatoria e alternativa. Nel periodo delle contestazioni all'università di Bologna si era mantenuta in contatto con il movimento, trasmettendo notizie ed informazioni di prima mano. Non subì la stessa sorte di Radio Alice che ebbe l'onore di cadere sul campo in seguito alla rivolta dopo l'assassinio di Lorusso (11/03/77), ma chiuse per esaurimento mi pare un paio di anni dopo. Riuscii comunque a trasmettere. Diversi pomeriggi alla settimana c'erano spazi liberi e allora mi costrui un mio programma in cui leggevo poesie di Rimbaud, spezzoni dei "Canti di Maldoror" e racconti di Edgar Allan Poe intervallati dalla musica che preferivo. Mi ricordo che a scuola e al bar avvisavo i miei compagni e miei amici su quando avrei trasmesso per avere un minimo di audience che stimolasse il mio ego.
E veniamo al disco. Spulciare tra le centinaia di L.P. presenti in radio (quando ancora non avevano cominciato a sparire) era come entrare in una realtà parallela fatta di disegni, testi, nomi, copertine fantastiche. Qui ho scoperto gruppi come Gong, Genesis, King Crimson e Frank Zappa. Quest'ultimo risultava un po' ostico per le mie orecchie ancora acerbe, fino a quando ad una festa della Radio qualcuno non fece girare sul piatto "Overnite Sensation" e finalmente, grazie a questo album, apprezzai il genio di un chitarrista che fino ad allora avevo considerato con superficialità un personaggio bizzarro e musicalmente troppo complicato. Ascoltare ancora oggi brani come "Zombie Woof" e "I'm the slime" è uno spasso. Ci ha lasciato troppo presto e ci manca.