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venerdì 26 giugno 2020

1980 vs 2020, gli anniversari e gli anni che volano

Gli anni sono volati qui sulla teiera e sui blog in generale disperdendo decine di amici con cui si condividevano passioni comuni. L'avventura iniziò a fine giugno del 2008, perciò proprio in questi giorni fanno dodici. Certi post sono ormai diventati archeologia del web ma alcuni, grazie alla musica, mantengono sempre il loro valore; come questo che scrissi sull'annata 1980: si scatenò un vespaio, con discussioni che definire animate è poco. Pagine e pagine di commenti e prese di posizione.
Sono dieci album usciti tutti in quell'anno che voglio qui riproporre con una piccola modifica (col tempo si può anche cambiare idea). Dischi da avere nella propria collezione. Poi se volete facciamo il confronto con questo 2020, ma anche no. 

The Pretenders - Album omonimo
1979 (uk) - gennaio 1980 (usa)








The Cure - Seventeen Seconds
18 aprile 1980

La seconda tappa di un percorso unico che fatto di Smith e compagni uno dei pochi gruppi capaci di evolversi e resistere fino ad oggi alle mode, alle tendenze e a MTV.





Joy Division - Closer 18 luglio 1980
Un capolavoro straziante uscito pochi giorni dopo il suicidio di Ian Curtis. L'emblema del post punk e la sua stessa pietra tombale.
Heart and soul.





David Bowie - Scary Monsters 20 settembre 1980
L'atto finale di un decennio clamoroso. Il canto del cigno per il Bowie che fu: Cenere alla cenere, funk to funky, sappiamo che Major Tom è un tossico, perso nell’alto dei cieli e depresso da tanto tempo.
L'ultimo disco che comprato del duca bianco, con Fripp alla chitarra geniale.




Killing Joke - Album omonimo agosto 1980
Disco feroce e seminale che ha ispirato diversi gruppi futuri. Tribalismo, dark, metal e industrial in una miscela esplosiva.







Bauhaus - In the flat field ottobre 1980
Il dark più puro che ha avuto molti seguaci. Un disco memorabile, come le loro esibizioni dal vivo, con la presenza istrionica Peter Murphy.






Talking Heads - Remain in light ottobre 1980
Ancora oggi un disco di una modernità spiazzante.








Japan - Gentleman take polaroid
15 novembre 1980

La sensibilità compositiva e la decadenza di David Sylvian che per la prima volta collabora a pieno con Sakamoto.







The Clash - Sandinista
12 dicembre 1980

Un triplo vinile per raccontarci dove la musica sarebbe andata.







Tuxedomoon - Half Mute
Il rock come avanguardia creativa e sperimentazione non solo musicale.







giovedì 16 aprile 2020

Life songs - Canzoni della vita

Essendo nato nel '60, questo disastroso 2020 rappresenta un giro di boa significativo. Visto il momento, bilanci direi che non è il caso di farne e guardo avanti perché non so ancora quanto mi toccherà lavorare. E così ho scelto dieci canzoni, non necessariamente le più belle, ma quelle che rappresentano la colonna sonora dei periodi e dei momenti più significativi della mia vita. In parte le ho scelte io, ma quasi sempre sono state loro a scegliere me.

Patti Smith - Gloria
Bologna 1979, il mio primo concerto.

R.E.M. - Shiny happy people
Dopo la guarigione da una grave malattia, l'estate 1991 la trascorsi tutta al mare aspettando la nascita di nostro figlio e ascoltando Out of Time.

Talking Heads - Psycho Killer
Primi anni '80: l'esordio su un palco con la cover di questa canzone.

Claudio Lolli - Ho visto anche degli zingari felici
La fine dell'adolescenza, le radio libere, le rivolte di Bologna del 1977 e la certezza di far parte di una minoranza.

The Cure - The Lovecats
1984: dopo un periodo buio, un lungo viaggio in camper fatale per i piloti di questa teiera volante.
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David Sylvian - Orpheus
Alla fine degli anni '80 siamo andati a vivere insieme e il sottofondo era questo: l'ultimo disco solista di Sylvian; l'ho amato e ascoltato a ripetizione.

Radiohead - Lucky
I nostri tempi richiamano alla mente i personaggi di Walt Disney quando corrono sull'orlo di un baratro senza rendersene conto. (Thom Yorke, a proposito del verso We are standing on the edge che chiude la canzone.)
Mai attuale come ora, ma in realtà questa canzone (anche per il titolo) è l'emblema di un periodo spensierato di viaggi in auto ascoltando della gran musica per tutti gli anni '90. Gli ultimi con le cassette.

Police - Message in a bottle
Autunno 1979: Finite le superiori, fuga da casa per vagabondare nell'Europa del nord finendo a fare lo squatter e, per mantenermi, il lavapiatti in un ristorante di lusso sul Mare del Nord. Tutte le sere passava in radio.

Tre allegri ragazzi morti - La mia vita senza te
2012: Una canzone che mi strappa il cuore, perché coincide con la prima volta in cui ho dovuto affrontare la scomparsa di una persona cara.

The Shins - Phantom Limb
Madagascar 2007, colonna sonora (per caso) di un viaggio solitario e indimenticabile in mezzo alla natura primordiale. Gruppo poco noto in Italia, ma portatore di un pop sopraffino.

mercoledì 8 aprile 2020

Cara catastrofe 6 - il fascino di dodici suite

Sarà la nostalgia o saranno i tempi dilatati della quarantena, ma in questi giorni mi è tornata la voglia di ascoltare suite musicali. Ve ne sono alcune di una bellezza incommensurabile che non mi stancano mai, specie mentre dedico quei venti minuti di straching ed esercizi per evitare di assumere la forma di un divano o della sedia su cui lavoro. Parliamo di brani di una durata minima di dieci minuti che hanno caratterizzato una stagione musicale ormai sepolta, ma per me indimenticabile.












King Crimson - Starless
: in 12 minuti tutta la dolcezza e il furore della musica. Geni!

Can - HalleluwahUn mantra tribale con un groove funk che manda in trance. Avanti, avanti; i più avanti di tutti nel kraut rock e parliamo del 1971, anno d'uscita di Tago Mago.

Genesis - Supper's ready: suite capolavoro in sette movimenti. A mio avviso una delle più alte espressioni (sia per il livello compositivo che per la complessità dei testi) della musica progressive. Qui in fondo in una meravigliosa versione a fumetti ad opera dell'artista newyorkese Nathaniel Barlam.

Brainticket - BrainticketNel 1971 una banda di fricchettoni provenienti dai più svariati paesi europei si mette in testa di dare una lezione ai californiani su come si fa un disco sotto l'effetto dell'acido lisergico. Ne ho parlato qua!

Gong - The Isle Of Everywhere: L'ultimo viaggione interstellare di Daevid Allen & company.

Supertramp - Fool's Overture: Suite sinfonica che chiude maestosamente l'album Even in the Quietest Moments; siamo nel 1977 e i super-vagabondi qui e con l'album successivo (Breakfast in America) raggiungono il loro apice creativo.

Grace Slick - Theme From The Movie Manhole: una suite di 15 minuti con l'accompagnamento della London Symphony Orchestra, che si dipana potente e delicata allo stesso tempo. La vocalità di Grace esplode in tutte le sue sfaccettature: lirismo, passione e sensualità sorretti da un cantato in cui si alternano inglese e spagnolo.

Date Palms - Honey Devash: Ninna nanna sciamanica del deserto.

Pink Floyd - Atom earth mother: Ogni commento è superfluo. Una versione live della Orchestre Philharmonique de Radio France.

Pink Floyd - Echoes: Come sopra.

Mike Oldfield - Ommadown: 22 anni aveva nel 1975 Mike Oldfield! 

Claudio Lolli - Ho visto anche degli zingari felici:
In questa meravigliosa composizione ci sono parole e suoni che raccontano la mia storia e quello che sono diventato. Uno dei primi post della teiera volante parla di questo.

venerdì 13 marzo 2020

Riascoltare vecchi dischi

Visti i tempi, è anche l'occasione per riascoltare dischi non vecchissimi, ma dimenticati troppo in fretta. Il 13 marzo 1995, esattamente venticinque, anni fa usciva The Bends, il secondo album dei Radiohead.
L'ho riascoltato tutto: era ed è ancora un fottuto capolavoro.

Fake plastic tree fu il terzo singolo e malgrado il disco non fosse andato molto bene nelle vendite, raggiunse il 20° posto in UK. Pochi accordi con la chitarra acustica bastarono a Thom Yorke per fare esplodere tutta la sua vocazione lirica. In studio registrò voce e chitarra in una sola sessione, lasciando poi le rifiniture agli altri. La dolcezza del brano stride spesso con il testo, a tratti lugubre, a tratti surreale: "She lives with a broken man/ A cracked polystyrene man who just crumbles and burn" (Lei vive con un uomo a pezzi / Un uomo di polistirolo marcio che si sbriciola e brucia)
L'albero finto di plastica del titolo si può interpretare come una metafora della finzione umana, anche se pare che Thom Yorke abbia scritto il testo pensando al consumismo e alla massificazione della società. Così l'incipit:
Il suo innaffiatoio di plastica verde
Per la sua piantina di gomma cinese finta
Nella terra di plastica finta 
Che ha comprato da un uomo di gomma

In una città piena di piani di gomma

sabato 1 febbraio 2020

1970/2020: Cinquanta album italiani

Con il 2020 fanno 50 anni di musica: praticamente da quando ne avevo dieci e nel diario scolastico riscrivevo arbitrariamente la hit parade radiofonica. Ovviamente gli album dei primi anni '70 li ho scoperti strada facendo e la lista non pretende di essere esaustiva: riflette esclusivamente i miei gusti e la mia sensibilità.

Fabrizio De André - La Buona Novella 1970
Osanna - L'uomo 1971
Claudio Rocchi - Volo magico n.1 1971
Le Orme - Collage 1971
Alan Sorrenti - Aria 1972
PFM - Storia di un minuto 1972
Banco del Mutuo Soccorso 1972
Lucio Battisti - Il mio canto libero 1972
Area - Arbeit Macht Frei 1973
Lucio Battisti - Anima Latina 1974
Perigeo - La valle dei templi 1975
Area - Crac 1975
Francesco De Gregori - Rimmel 1975
Napoli Centrale - Napoli Centrale 1975
Edoardo Bennato - Io che non sono l'imperatore 1975
Enzo Jannacci - Quelli che... 1975
Claudio Lolli - Ho visto anche degli zingari felici 1976
Francesco De Gregori - Bufalo Bill 1976
Francesco Guccini - Via Paolo Fabbri 43 1976
Eugenio Finardi - Sugo 1976
Rino Gaetano - Mio fratello è figlio unico 1976
Lucio Dalla - Com'è profondo il mare 1977
Ivan Graziani - Pigro 1978
Skiantos - MONOtono 1978
Pino Daniele - Nero a metà 1980
Gaznevada - Sick Soundtrack 1980
Franco Battiato - La voce del padrone 1981
Surprize - The Secret Lies In Rhythm 1982
Diaframma - Siberia 1984
Fabrizio De André - Crêuza de mä  1984
Not Moving - Flash on you 1988
Elio e le Storie Tese - Italyan, Rum Casusu Çikti 1992
Frankie Hi-Nrg Mc - Verba Manent 1993
Üstmamò - Üst 1996
Daniele Silvestri - Il Dado 1996
Fabrizio De Andrè - Anime Salve 1996
Consorzio Suonatori Indipendenti - Tabula Rasa Elettrificata 1997
Casino Royale - CRX 1997
Almamegretta - Lingo 1998
Subsonica - Microchip emozionale 1999
Quintorigo - Grigio 2000
Samuele Bersani - Giudizi Universali 2000
Offlaga Disco Pax - Socialismo tascabile 2005
Afterhours - Ballate per piccole iene 2005
Baustelle - La Malavita 2005
Verdena - Requiem 2007
Julie's Haircut ‎– Our Secret Ceremony 2009
A Toys Orchestra - Midnight Talks 2010
Tre Allegri Ragazzi Morti - Nel Giardino dei Fantasmi 2012
Le luci della centrale elettrica - Terra 2017

mercoledì 5 giugno 2019

Autobiografia musicale in 100 canzoni: Anima latina

Strano rapporto quello che mi lega a Lucio Battisti, colonna sonora della mia infanzia e della prima adolescenza. Amatissimo, ma in seguito ripudiato e infine rivalutato da adulto dopo aver compreso a pieno il valore di capolavori come Anima Latina e la scelta coraggiosa di sperimentare strade poco battute dopo la rottura con Mogol.  All'epoca in Italia l'intellighenzia lo snobbava considerandolo un canzonettaro disimpegnato, mentre all'estero lo copiavano e lo apprezzavano. Uno come Bowie, per dire, tradusse in inglese Io Vorrei, Non Vorrei, Ma Se Vuoi e Mick Ronson ne incise una cover.
Da un certo punto in avanti la fuga dai media invadenti. Come disse in una delle ultime intervistenon parlerò mai più, perché un artista deve comunicare soltanto per mezzo del suo lavoro. L’artista non esiste, esiste la sua arte.

Sto finendo il libro di Donato Zoppo: Il nostro caro Lucio. Uscito lo scorso anno nel ventennale dalla morte, è un'ottima biografia musicale (con diverse storie anche poco conosciute) che racconta attraverso momenti essenziali della sua carriera, l'evoluzione di un artista incredibile che dal mio punto di vista ha raggiunto l'apice con questo album e questa canzone. Quando la ascolto, non so perché, mi commuovo. 

giovedì 16 maggio 2019

Gli altri '80: Clock DVA - Beautiful Losers






















Al netto delle tastiere tamarre, del synth-pop plastificato e del rock da stadio, gli anni '80 (sulla scia della fine del decennio precedente) hanno prodotto nuovi generi e band seminali. Mi riferisco in generale a post punk e new wave in tutte le derivazioni: correnti musicali che in futuro potrebbero confluire in un programma radiofonico, incentrato proprio su una decade spesso valutata in maniera frettolosa e superficiale. Se per la musica italiana del periodo non salvo un granché (Crêuza de mä però è nell'empireo) allargando lo sguardo, si potrebbe cominciare da Talking Heads, David Sylvian, The The, Cure, giusto per fare qualche nome tra i più noti, ma grattando sotto lo strato più superficiale, è bello andare a ripescare altri artisti di valore con una carriera più distante dai riflettori principali, ma non per questo meno interessanti.
  
I Clock DVA, il cui nome fu ispirato dal romanzo di Burgess A Clockwork Orange (da cui anche Arancia meccanica) sono un ottimo esempio di avanguardia e commistione di sonorità: jazz, funk, elettronica e industrial. Siamo a Sheffield all'inizio degli anni '80, la città grigia e alienante delle industrie siderurgiche che ha visto nascere band come ABC, Cabaret Voltaire, Heaven 17 e Human League. Fondatore, leader, paroliere, nonché pianista e trombettista dei Clock DVA è Adi Newton. Dopo il primo album Thirst la band si fece notare anche al di fuori degli ambienti alternativi e fu messa sotto contratto dalla Polydor per il secondo album intitolato Advantage.
“Advantage” resterà la formula perfetta. L’alchimia in grado di traghettare le intuizioni dei pionieri industrial di Sheffield verso un sound moderno e totale, dove ogni steccato di genere veniva definitivamente abbattuto. (onda rock)

  

venerdì 3 maggio 2019

Disintegration, blob e la fine di un decennio

Maggio 1989: da pochi mesi mi ero trasferito sulla teiera volante con la pilota che amavo (e amo tuttora) e il fatto di avere finalmente un posto tutto nostro dove vivere, mi trasmetteva una strana e confusa sensazione. Col senno di poi, immagino che fossero momenti di pura felicità. Dopo una vita di cassette, vinili e puntine, avevo comprato il primo lettore cd e ne ero entusiasta. Mai avrei pensato che appena trent'anni dopo sarebbe andato in pensione, mentre i vinili avrebbero resistito, rimontato e vinto come in una maratona. 
Da poche settimane era comparso su Rai 3 un programma anarchico, capace di ribaltare i significati e crearne di nuovi; era inoltre appena uscito l'album di un gruppo che avevo amato da ragazzino e successivamente perso per strada. I dischi e i film spesso invecchiano male, ma questo, uscito esattamente 30 anni fa, non lo ha fatto; è uno di quelli che ascolto ancora grazie allo sterminato archivio di una chiavetta usb che tengo sempre in macchina e quando parte questa canzone il volume si alza al massimo e partono i brividi. Così come Blob ne sancisce ferocemente la fine, Disintegration è uno degli ultimi frammenti degli anni '80. All'epoca non ce ne siamo resi conto, ma oltre ad essere un ritorno alle radici dark dei Cure, è un album definitivo che rappresenta la fine della giovinezza per Robert Smith e per noi, i suoi coetanei, cresciuti ascoltando quel disco dalla copertina rosa acceso con in primo piano un frigorifero, un'aspirapolvere e una lampada.

domenica 14 aprile 2019

Autobiografia musicale in 100 canzoni: Summer '68

Primi anni delle superiori. Esplorando la collezione di dischi del padre di un compagno di classe rimasi colpito da una copertina senza scritte con la foto di una mucca. La curiosità fu immediata e si aprì un mondo nuovo. 
La suite orchestrale della facciata A la conoscono tutti e all'epoca mi lasciò sbigottito, facendomi quasi ignorare tutto il resto. Col passare del tempo ho sempre più apprezzato il lato B che contiene vere e proprie perle come questa: una delle più belle ballate scritte dai Pink Floyd scritta e interpretata da Rick Wright.

#3 Summer '68

sabato 6 aprile 2019

Autobiografia musicale in 100 canzoni: #2 Hiroshima Mon Amour

Unici e soprattutto i primi nel panorama inglese di fine anni '70 ad unire il punk con il glam rock e l'elettronica, utilizzando anche il violino. Tutto ciò fino al terzo album Systems of Romance. In seguito, con l'uscita di John Foxx, vi fu una svolta verso un sinth-pop melodico che andò per la maggiore per quasi tutti gli anni '80. I primi tre album degli Ultravox li ho ascoltati infinite volte; il seguito per me è trascurabile.
Hiroshima mon amour è il brano di chiusura del secondo disco Ha Ha Ha, nonché lato B del singolo ROckwrok. Una splendida canzone ritmata dalla drum-machine (la TR 77 della Roland ormai nei musei della musica) e dalla batteria, accompagnata da un basso geometrico e potente e dal synth in primo piano. Il tutto in contrasto con il cantato romantico, quasi decadente. Uno dei loro brani più belli che richiama, non so quanto volutamente, le atmosfere del Bowie berlinese. Come singolo non entrò nella pop charts, ma la Island Records continuò ad avere fiducia nel gruppo. Brian Eno fu il primo produttore.

giovedì 28 marzo 2019

Autobiografia musicale in 100 canzoni: Gioia e Rivoluzione

In quinta elementare scappai di casa, mentre mio cugino incredibilmente riuscì a fuggire da scuola. Eravamo in sezioni diverse, ma avevamo due insegnanti veramente stronzi: dei residuati del fascismo che menavano come fabbri. Io non le avevo mai prese, ma il mio compagno di banco, per aver sbagliato platealmente il cognome, ricevette due ceffoni con tanto di sbruffi di sangue che dal suo naso finirono sul mio quaderno e sul grembiule. Il paradosso è che oggi succede esattamente il contrario, ma sarebbe un lungo discorso.
Sta di fatto che un giorno di primavera, all'alba uscii in punta di piedi e andai a nascondermi in aperta campagna dietro l'argine di un fiume con una scorta di cibo. Si mobilitò tutto il paese e prima di sera mi ritrovarono. Parenti e conoscenti, scandalizzati, consigliarono subito ai miei genitori di mandarmi in collegio, dove nel frattempo erano già finiti i miei cugini. Per fortuna non andò così.
In gioventù ribellarmi alle ingiustizie e al conformismo è stato fisiologico, ma nell'arco dell'esistenza e ad ogni età ci sono sempre mille modi per farlo: dalla rivolta adolescenziale de I 400 colpi a quella senile di Ella & John, in fuga col camper fregandosene delle convenzioni.

Le rivolte del '77 a Bologna sono state una palestra ideale: ero ancora giovanissimo, simpatizzavo con gli indiani metropolitani e con l'ala più libertaria e anarchica del movimento. Cominciai a trasmettere in una radio libera, ma libera veramente.

#1 Gioia e Rivoluzione - Area (Crac! 1975)

giovedì 14 marzo 2019

Cult album: Alan Sorrenti e gli anni dei cantautori

I più giovani forse conoscono solo la parte di carriera fighetta con il successo commerciale di Figli delle Stelle, ma i primi tre album di Alan Sorrenti (1972-73-74) sono di un livello notevole con fior fiore di musicisti come Jean Luc Ponty (violino) e David Jackson dei Van Der Graaf Generator al flauto. Aria poi fu un esordio visionario: uno dei dischi più alti della stagione prog-folk e cantautorale. Harvest (storica etichetta fondata nel 1969) lo mandò in tour con i Pink Floyd per alcuni concerti. Vorrei incontrarti, prima traccia del lato B, è stata una delle prime canzoni che ho imparato a suonare con la chitarra e resta ancora oggi una delle più belle e toccanti ballate intimiste della musica italiana. Alan Sorrenti può essere considerato un cantautore sui generis, ma volendo fare una panoramica generale su quegli anni centrali del decennio '70, abbiamo una serie di album che hanno lasciato un segno indelebile nella storia della musica italiana: una produzione eccezionale che ha nutrito la mia generazione. Si suonava sempre e ovunque, in ogni luogo e situazione; così fino al 1977, anno che rappresenta uno spartiacque oltre che un momento di rottura. Con l'esplosione del punk e di tutto ciò che ne conseguì, si passò in un amen dalla chitarra acustica a quella elettrica. Non dico che rinnegai i cantautori e con loro un'intera stagione, però li dimenticai in un angolo, per poi recuperarne il valore e comprenderne anche meglio i testi in età più adulta.

I miei preferiti di quel periodo
Giorgio Gaber - Far finta di essere sani (1973)
Fabrizio De André - Storia di un impiegato (1973)
Lucio Battisti - Anima Latina (1974)
Francesco De Gregori - Rimmel (1975)
Edoardo Bennato - Io che non sono l'imperatore (1975)
Claudio Lolli - Ho visto anche degli zingari felici (1976)
Francesco Guccini - Via Paolo Fabbri 43 (1976)
Eugenio Finardi - Sugo (1976)
Ivan Graziani - I Lupi (1977)
Lucio Dalla - Com'è profondo il mare (1977)

lunedì 11 febbraio 2019

The Slits - I heard it to the grapevine (Marvin Gaye cover)





















Cover VS Original è una vecchia rubrica della teiera che ogni tanto ricompare.
Fin da quando ho iniziato a suonare non ho mai amato le cover fotocopia o peggio versione karaoke; mi piacciono solo quando si riesce a dare nuova linfa alle canzoni: non sempre basta stravolgerle completamente. I heard it to the grapevine delle Slits è un ottimo esempio di quello che intendo: classico della Motown del 1966 (cantato da Gladys Knight, the Miracles, Credence Clearwater Revival e nella versione più famosa da Marvin Gaye) venne incisa dal gruppo inglese delle Slits nel 1979 come lato B del loro primo singolo. Invece delle solite versioni dei gruppi punk del periodo, abbiamo qui un approccio dub, con un basso pompante e percussioni tribali, in una reinterpretazione completamente nuova ed originale.
Si formarono nel 1976 e fu il primo gruppo punk e post-punk tutto al femminile guidato da Ariane Daniela Forster (Ari Up) vocalist di origine tedesca, morta nel 2010. Furono tra i primi gruppi insieme a PIL e Clash a contaminare il punk con le sonorità dub e si fecero conoscere proprio come supporter dei Clash nel White Riot Tour del 1977. In seguito collaborarono anche con The Pop Group. Comprai il vinile del loro album di debutto, Cut. E' ancora un pugno in faccia a partire dalla copertina, con le tre ragazze che posano insolenti a seno nudo tutte sporche di fango. Un disco che col tempo è diventato un classico post-punk. Raggiunse la trentesima posizione in classifica nel Regno Unito. Ironiche e al tempo stesso riot grrrls incazzate ante litteram: «buy magazines» (“comprano riviste”), «worry about spots» (“si preoccupano dei brufoli”), «don’t create» (“non creano”), «don’t rebel» (“non si ribellano”).  «Who invented the typical girl?» (“Chi ha inventato la ragazza standard?”) così cantano in Typical Girls. Kurt Cobain era un loro grande fan.
All'epoca in Italia avevamo le Kandeggina Gang con Jo Squillo... fate un po' voi!

venerdì 18 gennaio 2019

1979



Come raccontano gli Smashing Pumpkins, crescendo in una periferia nel 1979 era molto facile annoiarsi (e a volte poteva essere una fortuna) ma di certo non con la musica: ascoltarla ma anche suonarla. Dalla lista pazzesca qui sotto riportata verrebbe da pensare che le annate che finiscono con nove musicalmente siano molto prolifiche... speriamo!
  • Joy Division - Unknown Pleasures
  • The Clash - London Calling
  • The B-52's
  • Talking Heads - Fear of music
  • Public Image Ltd. - Metal Box
  • The Cure - Three Imaginary boys
  • The Police - Reggatta de Blanc
  • The Stranglers - The Raven
E per stare sui classici:
  • Supertramp - Breakfast in America
  • Joni Mitchell - Mingus
  • Fabrizio De Andrè & PFM in concerto
  • Pink Floyd - The Wall
Tre fra le copertine più iconiche di sempre.

lunedì 7 gennaio 2019

Il profumo bruciò i suoi occhi

Fin da quando ho cominciato a suonare Lou Reed è uno dei miei numi tutelari: dischi come Berlin, RocknRoll Animal e Trasformer giravano spesso nel mio giradischi Lesa.
Questa premessa per dire quanto sia stato bello iniziare la prima settimana dell'anno con un libro che mi sento di consigliare. 

Michael Imperioli, attore e sceneggiatore americano noto personaggio della serie I Soprano, è all'esordio letterario con un romanzo ambientato a New York nella seconda metà degli anni '70. Romanzo di formazione del giovane Matthew che si trasferisce con la madre dal Queens a Manhattan, dove conosce un'enigmatica e conturbante compagna di classe di nome Veronica.
L'adolescenza in ogni epoca resta sempre un momento cruciale nelle vite di tutti: sono gli anni in cui ci si forma attraverso le letture, il cinema e soprattutto tramite le amicizie. Gli anni in cui ci si sente inadeguati, come il protagonista di questa storia, quando per una serie di coincidenze incontra uno strano personaggio che abita nel suo stesso palazzo:“Un tipo basso, smilzo, tutto vestito di nero con grandi occhiali da sole scuri e capelli cortissimi di un biondo sbiadito era entrato incespicando. Indossava una giacca di pelle nera anche se c'erano più di trenta gradi."
Il titolo del libro è tratto da un verso di Romeo Had Juliette ed è proprio lui, Lou Reed il coprotagonista di questa storia, ritratto nel suo periodo di rifiuto per il successo commerciale di Sally Can't Dance e alle prese con Metal Machine Music; certo non il massimo esempio per un adolescente disorientato e pieno di dubbi, ma che diventa una fonte d'ispirazione formidabile. Un coming-of-age struggente, esilarante, sincero e poetico, narrato dal punto di vista di un ragazzo di 17 anni senza padre che deve crescere in fretta nella grande mela, così come l'amica Veronica, creatura infelice che sembra proprio uscita da una canzone dell'ex Velvet Underground.
Michael Imperioli ha conosciuto e frequentato Lou Reed e l'idea per questo libro gli è venuta nel 2013 quando il grande artista e poeta newyorchese ci ha lasciato. Così racconta in un'intervista:

È vero, Lou Reed è stato per molti versi uno dei primi punk, ha aperto la strada ad uno stile e ad un linguaggio, non solo musicali. Il suo approccio era però diverso dal timbro nichilista, di perdita dell’innocenza che al movimento sarebbe arrivato soprattutto dalla scena inglese, penso in particolare ai Sex Pistols. Il marchio di fabbrica di Lou credo fosse quello di infondere un senso letterario, direi quasi poetico, al rock and roll, mescolando le atmosfere e la vita della strada ad una ricerca più elaborata, non solo istintiva. Amava il pop e immaginava di far incontrare la Beat Generation, Ginsberg, Kerouac, ma anche Hubert Selby e Edgar Alla Poe, con la musica del suo tempo. La sua sfida, e la sua eredità in seno alla scena musicale newyorkese, si misura perciò prima di tutto sul piano estetico.

giovedì 6 dicembre 2018

Album vissuti: Gong, la trilogia e un viaggio in Marocco


Passare oltre gli innumerevoli mondi 
L'eterna ruota
Le incessanti maree di ego  
Che ti passano sempre davanti gli occhi...  
   
Tutta la luce vitale che ho visto  

Qui davanti a me.


Finita l'era dei grandi riti collettivi e smascherata l'ipocrita equazione: peace + love + music = business, all'inizio degli  anni '70 i Gong diedero vita ad un progetto originale ed irripetibile in cui fecero convergere psichedelia, progressive, underground, sperimentazioni e jazz-rock, trasgredendo come pochi altri il nuovo ordinamento costituito dell'industria discografica.
La trilogia Radio Gnome Invisible, oltre ad essere un concept album e una pietra miliare, è un inno al libero pensiero che partendo dall'ingenuità flower power, realizzò almeno in musica quel sogno adattandolo ad una sensibilità europea. Alcuni fra i miei dischi più consumati sono questi. Fu proprio sull'onda di quel tipo di anarchia che abbandonai definitivamente gli studi universitari per un lungo viaggio che con ogni mezzo mi portò ad attraversare Francia e Spagna per poi fermarmi a Malaga; e poi ancora ripartire per il Marocco fino a raggiungerne la parte più meridionale a 20 km da Agadir. Lì mi stabilii in un villaggio di pescatori dove presi in affitto una stanza da una famiglia locale per due mesi, senza acqua corrente e senza elettricità. L'oceano e la natura a farmi da compagni, le Illuminazioni di Rimbaud come lettura e un quaderno di appunti che doveva diventare un libro (mai finito). Volevo solo viaggiare, scrivere e assaporare un tipo di libertà sconosciuta. Assaggiai per la prima volta il cous cous, mangiai pesce squisito e arance deliziose. Al mattino si faceva colazione in un tavolone comune di fronte ad una bottega, mischiati agli abitanti del paese e a qualche altro europeo (soprattutto tedeschi). Un giorno, affascinato dai racconti di chi c'era già stato, partii insieme ad una coppia di ragazzi austriaci per una specie di trekking nelle montagne dell'Atlante alla ricerca di quella che era stata definita Paradise Valley. Dopo una giornata di cammino, verso sera ci ritrovammo dispersi e lontani da qualsiasi luogo abitato: fummo costretti a passare la notte accampati sotto due palme con i nostri sacchi a pelo, soffrendo non poco l'escursione termica. Il giorno dopo, esausti e dopo diverse ore di cammino, raggiungemmo un luogo da fiaba. Vicino ad un bosco scorreva un torrente limpido costeggiato da palme e oleandri; poco più avanti una cascata formava un laghetto in cui ci si poteva tuffare e fare il bagno: era il luogo magico che ci avevano descritto. Poco distante c'era un villaggio con poche povere case dove i contadini ci diedero da bere e qualcosa da mangiare. Avremmo voluto restare in quell'eden, ma c'erano troppi problemi logistici e i dubbi furono risolti quando, verso sera, da una strada sterrata comparve un vecchio furgone Volkswagen guidato da un olandese che, dopo aver filosofeggiato a lungo con stronzate pseudo hippie, finalmente ci diede un passaggio riportandoci distrutti e affamati al nostro villaggio. Facendo ricerche in rete ho scoperto che questo villaggio di nome Taghazout, è ora una meta famosa tra i surfisti europei e si è, manco a dirlo, turisticizzato.

Il tramonto sull'oceano dalla spiaggia del villaggio
















Gong est mort... vive Gong

Il 28 maggio 1977 con un'ultimo concerto a Parigi si concluse l'avventura dei Gong. David Allen intuì che era il suo tempo era passato: la new wave di lì a poco avrebbe invaso l'Europa.

martedì 20 novembre 2018

Autumn blues e rifugi musicali: Portishead - Roads

I primi freddi, insieme al buio al mattino che ti sorprende in modo ancora più avvilente nel pomeriggio, portano d'istinto a rifugiarsi in certa musica, oltre che nel vino e nelle castagne.
Dummy è l'album di debutto dei Portishead, un cult degli anni '90. Un mix raffinato tra avanguardia e retrò: una babele di stili musicali che ha segnato l'apice e anche l'inizio del tramonto del genere trip hop. Bellissima la definizione che ho letto su musicletter: la musica dei Portishead faceva penetrare le lacrime del blues attraverso le crepe della musica elettronica.
Questa è Roads, una delle gemme del disco, qui suonata dal vivo con orchestra e soprattutto con la voce unica di Beth Gibbons. 
Di lei consiglio di recuperare Out of season, lavoro da solista uscito nel 2002 con la collaborazione di Paul Webb, ex Talk Talk nonché suo compagno.



Non sono un amante dei remix, ma questo è un ottimo lavoro.

lunedì 29 ottobre 2018

Album vissuti: Bruxelles, Londra, Amsterdam 1979 - Regatta de Blanc

Ero da poco iscritto all'università di Bologna quando nell'autunno del 1979, con i soldi della vendemmia, partii solitario per un viaggio nelle capitali nord europee. Bruxelles, Londra ed infine Amsterdam, dove mi ero messo in testa di cercare Sante, un amico partito diversi mesi prima e dato per disperso anche dalla famiglia. In un'epoca in cui i cellulari non esistevano neppure nei libri di fantascienza, ebbi una botta di culo notevole e per una serie di circostanze casuali riuscii a scovarlo: viveva in un ex-brefotrofio occupato più che altro da olandesi e tedeschi. Anch'io, dopo due notti passate in un ostello, decisi di trasferirmi lì e di prolungare il viaggio. 
Finiti i soldi e le gozzoviglie, riuscimmo a trovare lavoro in un ristorante di lusso sul Mare del Nord. E' rimasto indelebile il ricordo della radio olandese che quasi tutte le sere, mentre lavoravamo, trasmetteva Message in a bottle o Walking on the Moon. Io e Sante eravamo stati assunti in nero per stare in cucina insieme a due egiziani. Io mi occupavo dei piatti che i camerieri portavano dalla sala: li vuotavo, li sciacquavo e li mettevo nella lavastoviglie. La giornata lavorativa iniziava verso le 17: mangiavamo e quindi ci si metteva al lavoro. C'era un ottimo pasticcere e ogni sera potevo assaggiare diversi tipi di dolce che a volte i clienti del ristorante neppure sfioravano. Le serate libere spesso le passavamo dai nostri vicini di stanza, sempre forniti di cibo e birra: un tedesco e un inglese di nome Terry. Il tedesco era di poche parole, lo chiamavamo l'uomo di Neanderthal perché aveva i capelli lunghi, barba incolta e biondiccia, naso da pugile; prendeva le bottiglie di birra, toglieva il tappo con i denti e le scolava. Terry invece era un personaggio da film: scuro di pelle, tutto tatuato; era stato nella legione straniera e in giro per il mondo. Ogni sera ci raccontava storie incredibili ed anche se a prima vista sembrava un po' inquietante, ci aveva come adottato ed era sempre cordiale e protettivo nei nostri confronti. Entrambi lavoravano come muratori e Terry, per sottolineare la durezza del lavoro, ci ricordava spesso, battendo le nocche nel muro: "The wall is concreet", mentre il tedesco annuiva scimmiescamente in segno di approvazione. Ai primi di dicembre fummo licenziati senza preavviso e venimmo a sapere da un cameriere italiano che ci avevano sostituito con altri due egiziani: sicuramente avevano accettato il lavoro per una paga inferiore. Ormai era Natale e con grande sollievo dei miei genitori, ma gran dispiacere di Terry, decisi di tornare a casa; ritornò in Italia anche Sante, ma col tempo prendemmo strade molto diverse. Lo rividi raramente, si stava perdendo e rimasi gelato quando, alcuni anni dopo, venni a sapere che ci aveva tragicamente lasciato.

Anche se non sono stato un fan accanito dei Police, questo loro secondo album mi è rimasto nel cuore: oltre a piacermi ancora un sacco, mi commuove, perché ricorda l'amico col quale ho condiviso un periodo pazzesco della mia vita. Un disco dove Sting, Copeland e Summers, se proprio non inventano un genere, ci vanno molto vicini, creando un sound unico e impossibile da non riconoscere: un vero marchio di fabbrica. In certi ambienti veniva criticato e perfino sbeffeggiato (come ricordo di aver visto fare dai Damned dal vivo). In piena era post-punk appariva troppo leggero e commerciale. Io stesso preferivo i Joy Division che lo stesso anno (pochi mesi prima) erano usciti con Unknown Pleasure, ma come in tutti i dualismi che si rispettino, ombra e luce coesistono e si alternano a seconda dei periodi ed entrambi questi album sono nella lista di quelli che porterei sulla classica isola deserta.

mercoledì 30 maggio 2018

Gli anni '80 in cento canzoni



Ammettiamolo, nonostante internet e i voli low cost, dal 2001 in poi la nostra società fa sempre più schifo. Se avessi una macchina del tempo, cambierei epoca per disconnettermi e disintossicarmi con un anno sabbatico negli scintillanti anni '80. Decade sempre controversa nei giudizi (che ora qui non interessano) che però non è sono solo quella del culto dell’ottimismo, del superfluo e di Dirty Dancing. Quando ci ripenso, le prime tre cose che mi vengono in mente sono la musica fantastica, il ritorno dei concerti in Italia e le interminabili notti nell'underground romagnolo, quando tutte le tendenze si mischiavano felicemente prima dell'omologazione generale che ha segnato l'inizio di un periodo tormentato. Poi, quando meno te lo aspetti, come nei migliori film il copione riserva una svolta fulminea, grazie all'incontro con una persona che ti illumina mentre tanti intorno a te sprofondano. Non era tutto rose e fiori: una mezza generazione falcidiata dall'eroina che aveva invaso la penisola; Chernobyl, l'Aids, ma per fortuna anche Quelli della notte, i fumetti di Paz, e soprattutto il potere salvifico della musica.
Tempo fa, in occasione di una serata, ho preparato su richiesta di un gruppo di amici una lista basata sui miei gusti personali, attingendo senza regole da un decennio che ha avuto mille sfaccettature. Inevitabile la commistione fra brani forse sconosciuti a tanti e (al netto di Duran Duran e Madonna) alcuni pezzi più commerciali, comunque simbolo del decennio. Un'occasione per ripescare perle dimenticate e one-hit wonder. Playlist delle prime 50 su spotify.
  1. The B-52's - Private Idaho 1980
  2. Dead Kennedys - California Über Alles 1980
  3. Talking Heads - Once in a Lifetime 1980
  4. Tuxedomoon - 59 to 1 - 1980
  5. Killing Joke - Requiem 1980
  6. Blondie - Call me 1980
  7. Siouxsie and the Banshees - Israel 1980
  8. Joy Division - Love Will Tear Us Apart 1980
  9. The Clash - The Magnificent Seven 1980 (Live 1981 Tom Synder Show)
  10. David Bowie - Fashion 1980
  11. David Bowie - Ashes to Ashes 1980
  12. Devo - Girl U Want 1980
  13. Material - Reduction 1980
  14. Martha & the Muffins - Echo Beach 1980
  15. The Selecters - To Much Pressure 1980
  16. John Foxx - Metal Beat 1980
  17. A Certain Ratio - Shack up 1980
  18. Blondie - Rapture 1981
  19. Brian Eno - David Byrne - Regiment 1981
  20. The Passions - I'm in Love with a German Film Star 1981
  21. Maximum Joy - Stratch 1981
  22. Siouxsie and the Banshees - Arabian Knights 1981
  23. Bauhaus - Kick In The Eye 1981
  24. Human League - Don't You Want Me 1981
  25. Simple Minds - Love song 1981
  26. Medium Medium - Mice or monsters 1981
  27. Tom Tom Club - Wordy Rappinghood 1981
  28. Soft Cell - Tainted Love 1981
  29. The Clash - This is Radio Clash 1981
  30. Japan - Vision of China 1981
  31. Yazoo - Situation 1982
  32. The Cure - Let's Go To Bed 1982
  33. Simple Minds - Someone, Somewhere In Summertime 1982
  34. The The - Uncertain Smile 1982
  35. The Clash - Rock The Casbah 1982
  36. Grandmaster Flash - The Message 1982
  37. Bush Tetras - You can't be funky 1982
  38. David Bowie - Cat People (Putting Out Fire) 1982 (da Ingloriuos Bastard)
  39. Culture Club - Do You Really Want To Hurt Me 1982
  40. Talking Heads - Burning Down The House 1983
  41. New Order - Blue Monday 1983
  42. Eurythmics -  Sweet Dreams 1983
  43. Frankie Goes To Hollywood - Relax 1983
  44. Public Image Limited - This is not a love song 1983
  45. Depeche Mode - Everything counts 1983
  46. Tears for fears - Change 1983
  47. U2 - Pride (In the Name of Love) 1984
  48. The Style Council - You're the Best Thing 1984
  49. Talk Talk - It's my life 1984
  50. Everything But The Girl - Each & Every One 1984
  51. Prince - Purple Rain 1984
  52. Bronski Beat - Small town boy 1984
  53. Echo & the Bunnyman - The Killing Moon 1984
  54. Alphaville - Made in Japan 1984
  55. David Sylvian - Nostalgia 1984
  56. Smiths - How Soon Is Now 1984
  57. Brian Ferry - Slave to love 1985
  58. The Cult - Rain 1985
  59. The Cure - In Between Days 1985
  60. Sting - If You Love Somebody Set Them Free 1985
  61. Grace Jones - Slave To The Rhythm 1985
  62. Run-Dmc - Walk this way 1985
  63. Eurythmics - There must be an angel 1985
  64. Simply Red - Money's Too Tight To Mention 1985
  65. Peter Gabriel & Kate Bush - Don't give up 1986
  66. Art of Noise - Paranoimia 1986 
  67. Smiths - Bigmouth strikes again 1986
  68. Simply Red - Open Up The Red Box 1986
  69. Peter Gabriel - Sledgehammer 1986
  70. The The - Infected 1986
  71. David Sylvian - Orpheus 1987
  72. Smiths - There Is A Light That Never Goes Out 1987
  73. New Order - True Faith 1987
  74. Prince - Sign ''O'' The Times 1987
  75. Beastie Boys - (You Gotta) Fight for Your Right (to Party) 1987
  76. Terence Trent D'Arby - Sign your name 1987
  77. Neneh Cherry - Buffalo Stance 1988
  78. Morrisey - Every day is like sunday 1988
  79. U2 - Desire 1988
  80. Edie Brickell & New Bohemians - What I Am 1988
  81. Tears For Fears - Sowing the seeds of love 1989
  82. Depeche Mode - Personal Jesus 1989
  83. Public Enemy - Fight the Power 1989
  84. Red Hot Chili Peppers - Higher ground 1989
  85. Nirvana - About a girl 1989
  86. Lenny Kravitz - Let love rule 1989
  87. The Cure - Lullaby 1989
 UN PO' D'ITALIA
  1. Franco Battiato – Up Patriots To Arms 1980
  2. Gaznevada - Japanese Girl 1980
  3. Alice - Per Elisa 1981
  4. Fabrizio De André - Sand Creek 1981
  5. Francesco De Gregori - La leva calcistica del '68 1982
  6. Surprize - Don't Want Be Easier 1982
  7. Vasco Rossi - Portatemi Dio 1983
  8. Raf - Self Control 1984
  9. Diaframma - Amsterdam 1984
  10. Fabrizio De Andrè - Crêuza de mä 1984
  11. CCCP - Io sto bene 1985
  12. Litfiba - Istambul 1985
  13. Franco Battiato - E ti vengo a cercare 1988

martedì 8 maggio 2018

I Zimbra

Un brano che ha ormai quarant'anni ma che (come conferma questa esibizione live di David Byrne) non li dimostra. D'altra parte, associare una ritmica africana ad un poema dadaista è un'operazione che non proprio tutti sono in grado di fare.
Così disse in un intervista Jerry Harrison dei Talking Heads: We also knew that our next album would be a further exploration of what we had begun with "I Zimbra". 
Fear of music è l'album della svolta e delle prime contaminazioni per le teste parlanti. Uno di quelli che non ti stanchi mai di ascoltare.