La prima novità italiana dell'anno è l'album dei Bachi da Pietra che s'intitola Quintale. Nel loro sito trovate tre canzoni in streaming, fra cui la strepitosa Fessura, che nel weekend scorso ha viaggiato in loop nel mio pc. Nel complesso un disco interessante, anche se per i miei gusti troppo duro, specie quando la loro matrice blues subisce una metamorfosi metal. Baratto@bachidapietra.com è il brano di chiusura dell'album, registrato appositamente con un telefonino e con un testo superpolemico riguardo il download selvaggio che di certo non fa piacere a chi incide musica e poi deve rientrare almeno con le spese. Lo so che è dura e fa rabbia, ma fatevene una ragione: mio figlio ha 21 anni e come il 99% dei suoi coetanei non compra cd, né scarica canzoni pagando. Suona pure lui in un gruppo che incassa qualcosa con i compensi dei concerti durante i quali vendono anche la musica che si sono autoprodotti (pagando lo studio di registrazione) e le magliette; gli mp3 sono gratis online.
Comunque lo dice anche mia madre che il baratto, tipo quello che proponete nella canzone, è la prospettiva del futuro; lei ha iniziato da tempo: fa la sarta e scambia i suoi servizi con frutta e verdura e altri beni che le danno i suoi clienti. In ogni caso auguro a voi Stone-worms di riuscire a continuare a fare della musica il vostro mestiere, nonostante i tempi difficili. Il tempo degli acquisti al buio, quando noi vecchi appassionati ci facevamo inchiappettare dalle recensioni dei critici o dall'ascolto di un brano promozionale alla radio, per fortuna è finito da almeno un decennio, per cui: prima ascoltare e poi forse pagare per sostenere i musicisti se il loro lavoro ci ha conquistato.
Comunque lo dice anche mia madre che il baratto, tipo quello che proponete nella canzone, è la prospettiva del futuro; lei ha iniziato da tempo: fa la sarta e scambia i suoi servizi con frutta e verdura e altri beni che le danno i suoi clienti. In ogni caso auguro a voi Stone-worms di riuscire a continuare a fare della musica il vostro mestiere, nonostante i tempi difficili. Il tempo degli acquisti al buio, quando noi vecchi appassionati ci facevamo inchiappettare dalle recensioni dei critici o dall'ascolto di un brano promozionale alla radio, per fortuna è finito da almeno un decennio, per cui: prima ascoltare e poi forse pagare per sostenere i musicisti se il loro lavoro ci ha conquistato.
Cari Bachi da Pietra, siete stati sfigati.
RispondiEliminaI dischi si pagavano fino a dieci/quindici anni fa, oggi sono gratis.
Le cose stanno così e ormai non cambiano.
Ma poichè nessuno vi obbliga a farne, non vedo il problema: se la cosa non vi sta bene, evitate di fare dischi.
Mi sembra molto semplice.
Anche perché, citando la canzone, quasi nessuno si accontenta di un caffé.
EliminaEsatto.
EliminaE come hai già detto tu, quando ascolto qualcosa che davvero mi piace, una copia fisica del disco la compro ancora.
Dopodichè, brutto da dire e me ne rendo conto:
uno, la musica non è una cosa "necessaria" per vivere.
E in caso di necessità, è una spesa superflua che si può tagliare.
Due, nessuno obbliga nessuno a fare "il musicista". Se non si è in grado di mantenersi con la musica, si fa un altro lavoro.
Continua a sembrarmi molto semplice.
:)
Già, nessuno obbliga nessuno a fare il musicista. Ma con questo andazzo, nessuno obbliga nessuno a fare lo scrittore, il muratore, a studiare ecc. Che queste e tutte le altre cose che ci vengono in mente (e anche quelle che non ci vengono) le faccia chi può permetterselo e finalmente avremo risolto il problema dell'ascensore sociale alla radice.
EliminaDetto ciò, sono d'accordo con la veloce disamina di Lucien: "Prima ascoltare e poi forse pagare". Anche perché, ora come ora, mi sembra che il brano o l'intero album/cd siano solo un veicolo promozionale del concerto, dell'evento dal vivo. In Rete ti crei chi stima la tua musica facendola scaricare. Fra questi ci saranno quelli che compreranno anche il disco, sicuramente molti ti verranno a vedere dal vivo. E pagheranno per entrare.
Insomma, gli introiti vengono da qui, dal luogo in cui musica dal vivo, musica su supporto audio e gadget si intrecciano.
Qualche cosa gli dai, no? D'accordissimo per il baratto. Peccato che Succi operi nei miei stessi territori: scrivere e ragionare sulla scrittura (caproni.wordpress.com è meritoria opera sua). Cosa gli potrò mai dare in cambio allora?
Io ho dato molto... per decenni, quando l'unica cosa gratis era entrare in un negozio di dischi a lustrarsi gli occhi o sperare che quello stronzo del "baffo" ti facesse ascoltare qualche LP per poter scegliere.
EliminaSergio, esatto.
RispondiEliminaNessuno ti obbliga a vivere delle tue produzioni artistiche.
Se non ci riesci, puoi dire che è colpa della gente cattiva che non ti capsice, ma di solito è colpa tua che fai cose non abbastanza belle per essere vendute a un numero sufficente di persone per darti da vivere. Qualunque sia il tipo di arte che tu produci.
E questo c'entra poco con l'ascensore sociale o con l'arte fatta solo dai ricchi.
Ha molto più a che fare con il merito: non è bello sentirselo dire, magari, ma c'è chi fa cose belle e chi no, in tutti i campi.
Se come musicista (scrittore, pittore, quello che vuoi) non riesci a mantenerti, mantieniti in un altro modo.
Che anzi, la tua arte sarà a questo punto molto più "pura", non dovendo sottostare a nessun compromesso con il mercato.
Magari continuerà a fare schifo, ma almeno uno schifo puro e duro.
Prima che qualcuno si offenda, il discorso vale in primo luogo per me, che ho provato a suonare in un gruppo senza mai cavarci fuori una lira: non ero abbastanza bravo per poter vivere suonando, pace.
Discussione molto interessante. Qui il discorso si complica: perché la bravura può anche non bastare, o sei veramente un fuoriclasse nel tuo genere, altrimenti se vuoi mantenerti c'è tutto il discorso legato al mercato e alle sue varie diramazioni. Quando suonavamo noi, da gruppo poco conosciuto e per quanto eravamo cani, guadagnavamo abbastanza per quei tempi (naturalmente non da camparci) , ma in regione c'era veramente poca concorrenza. Quando è stato ora di allargare il giro e fare il salto: incidere, andare nelle tv locali, si è posto il problema di quanto e se vendersi o snaturarsi. Infatti (io ero già fuori) dopo qualche effimero momento di gloria, si arrivò ben presto ai titoli di coda, tra disaccordi, abbandoni ecc. Poi ci ritrovammo più avanti solo per divertirci, senza velleità facendo musica demenziale (molto prima di Elio, ma dopo gli Skiantos).
EliminaOra c'è talmente concorrenza e saturazione che questo problema non si pone più e tanto vale seguire, come dici tu, la strada del non compromesso, senza tanto lamentarsi.
Scusate se ritorno su questa discussione.
EliminaA mio parere, il "merito" è possibile dimostrarlo solo dopo che ci è stato permesso di frequentarlo. Se non lo puoi frequentare perché denari non ne hai né riesci a farne con il tuo talento (e qui i possibili perché sono moltissimi) il campo resta libero solo per quelli che i cordoni della borsa non hanno problemi ad aprirli tanto e spesso.
Il merito ha a che fare con il riconoscimento delle tue capacità, dimostrate sul campo. Se la mettiamo solo nell'ottica del mercato possiamo salutare tutto l'ambaradan fin da subito. I Bachi fanno cose molto interessanti, forse di nicchia, ma interessanti. Ora, non riescono a sostenersi con quanto realizzano. Questo vuol dire che fanno pena, che i loro lavori non hanno valore, che "non meritano"? No, hanno un riconoscimento di quanto sanno fare, ma ciò non gli basta a sopravvivere. Allora è meglio se mollano. E chi subentra al loro posto? Solo chi può permettersi di resistere e insistere. E non sarà nessuno di quelli che debbono portare a casa la pagnotta, obbligatoriamente, per campare. Per questo parlo di "ascensore sociale" che non esiste o potrebbe non esistere se va avanti di questo passo.
A me piacerebbe fosse possibile oggi come lo è stato ieri che un figlio di metalmeccanico possa avere le stesse possibilità in campo artistico (e non solo) di un figlio di ingegnere.
Mi piacerebbe che a decidere sul fatto di meritare o meno di esistere artisticamente fosse un pubblico, capace sì di scaricare, ma anche di sostenere economicamente l'intrapresa che più stimano.
L'idea di fare altro per vivere, così la musica sarà più pura e senza compromessi, mi sa di idea romantica.
Se poi vogliamo dire che di questi accadimenti dolorosi è piena la storia delle arti, non posso che essere d'accordo. Ma da qui in poi il ragionamento prende pieghe ancora più complesse. Lascerei perdere.