domenica 26 novembre 2017

Detroit

Ho passato mezz'ora con un senso di frustrazione furiosa come raramente è capitato al cinema e come spesso mi accade di fronte alla violazione dei diritti umani. La stessa sensazione orrenda dell'estate del G8 a Genova, poi riaffiorata dieci anni dopo durante la visione del film Diaz di Daniele Vicari. La vicenda è nota e descrive i giorni della rivolta degli afro-americani che devastò Detroit nell'estate del 1967; ribellione che si trasformò in un vero e proprio massacro con 43 morti, 1189 feriti e più di 7000 arrestati. Dopo un'introduzione storica forse necessaria ma un po' troppo didascalica, si parte per un viaggio che dalla visione d'insieme dell'evento si focalizza sui personaggi, protagonisti di una vicenda le cui ferite ancora oggi non si sono rimarginate. E' un incubo a tratti insostenibile quello che ci investe nella parte centrale del film, dove le stanze di un motel diventano un mattatoio con la polizia fuori controllo alle prese con persone inermi. 

Per una ricostruzione meticolosa degli avvenimenti, oltre a diversi testimoni, la regista ha rintracciato una delle vittime coinvolte: il vero Larry Reed che fino ad oggi non aveva mai parlato; vive ancora a Detroit e all'epoca cantava con The Dramatics, gruppo che raggiunse poi il successo con la Motown.
Per mio gusto personale l'uso massiccio della camera a mano, alla lunga dei 140 minuti (che comunque volano) risulta frastornante. Poco male: ancora una volta, anche se non con la micidiale efficacia di The Hurt Locker, Kathryn Bigelow riesce a raccontare in modo scrupoloso e senza sconti, una storia potente che nonostante i cinquant'anni trascorsi, incide nella carne e nelle nostre coscienze. 



LEGENDA VOTI

@ una cagata pazzesca
@½ pessimo
@@ trascurabile
@@½ passabile
@@@ buono
@@@½ da vedere
@@@@ da non perdere
@@@@½ cult
@@@@@ capolavoro

domenica 19 novembre 2017

The Place (speriamo faccia ridere)

Ogni tentativo che si discosti dai soliti cliché che ingabbiano gran parte del cinema italiano è sempre ben accetto. Una posizione di cui sono convinto ancor prima che le luci si spengano in sala, dopo aver ascoltato i discorsi del gruppo di persone sedute nella fila dietro alla mia: Speriamo che faccia ridere come l'altro. Ci guardiamo perplessi...
Genovese conferma di essere un valido autore e con questo film dimostra di avere il coraggio di sfilarsi dal meritato successo di Perfetti sconosciuti per percorrere una strada assai diversa, ambiziosa e con un potenziale notevole dato dall'ispirazione letterariamente nobile. Inutile accennare alla trama (magari gli spettatori alle mie spalle qualcosa avrebbero dovuto leggere) si punta in alto con un impianto teatrale sorretto da un'ottima prova di tutto il cast, su tutti Mastandrea in versione diavolaccio stanco. Il risultato non è del tutto riuscito: la processione dei personaggi con le loro richieste è intrigante e inizialmente ti cattura, per poi diventare troppo ripetitiva, quasi meccanica. Risulta poi complicato adattare il fascino narrativo di una serie, con i suoi personaggi che acquistano spessore puntata dopo puntata, alla forma cinema che con i tempi molto più ridotti rischia di appiattire e condensare la loro personalità. Intento apprezzabile, risultato non eccezionale ma neanche da sbadigli come mi è capitato di leggere in giro. Di sicuro non lascia indifferenti anche solo per i quesiti morali e le tematiche profonde che solleva. 




LEGENDA VOTI

@ una cagata pazzesca
@½ pessimo
@@ trascurabile
@@½ passabile
@@@ buono
@@@½ da vedere
@@@@ da non perdere
@@@@½ cult
@@@@@ capolavoro

mercoledì 15 novembre 2017

El jardín de bronce

Questa serie in otto puntate ambientata a Buenos Aires, è l'adattamento del romanzo con lo stesso titolo dello scrittore argentino Gustavo Malajovich. La trama è solo in apparenza semplice: Fabián Danubio è un architetto non molto soddisfatto del proprio lavoro e del suo matrimonio con una moglie che soffre di una forte depressione, ma ha una figlia di quattro anni che adora e protegge. Un giorno la bambina e la baby sitter  scompaiono mentre stavano andando ad una festa di compleanno. L'unico indizio che Fabián ha è una misteriosa frase che la bambina stessa ha riferito qualche giorno prima su l'uomo del giardino, misterioso personaggio forse incontrato nel parco dove di solito i genitori l'accompagnavano a giocare. 

Cominciando da True Detective o da Il Trono di Spade, spesso HBO è sinonimo di qualità e anche in questo caso si viene agganciati da una trama dal ritmo lento ma inesorabile, con una storia molto ben interpretata dai vari personaggi; primo fra tutti Cèsar Doberti, detective privato un po' sovrappeso e indolente, dalla mente acuta e dal pensiero divergente. La storia si estende nell'arco di un decennio; con le ricerche della bambina che, tra false tracce e poliziotti inefficienti, arrivano ad un punto morto. Una vera battaglia contro un sistema cinico e corrotto che diventerà l'unica ragione di vita di un padre che dalla metropoli raggiungerà l'Argentina più rurale e misteriosa in un viaggio finale verso un orrore apparentemente incomprensibile.
Il giardino di bronzo: consiglio per gli acquisti per le serie da trasmettere in Italia.

lunedì 6 novembre 2017

Cinema: flop inattesi sulla teiera volante

Premetto che certe categorie di film, come le commedie italiane degli ultimi anni le ho quasi eliminate: mi annoiano a morte e se ne salvano davvero poche. Così quest'anno ho evitato robe come: Questione di Karma, Beata ignoranza, Chi m'ha visto e via dicendo. Capita però che le aspettative vengano disattese e ultimamente è successo più spesso del solito, con successive imprecazioni per aver sprecato tempo che si poteva dedicare a qualcosa di meglio.




Seven Sisters (Tommy Wirkola)
Netflix da un paio d'anni ci prova anche con il cinema. Questo film di (presunta) fantascienza distopica uscirà il 30 novembre al cinema, ma non bastano la presenza di Glenn Close, di un inutile Willem Dafoe e di Noomi Rapace che interpreta tutte e sette le sorelle, a rendere dignitosa una pellicola che ben presto scivola nel solito film d'azione che si auto-alimenta tramite inseguimenti e sparatorie.

The Meyrowitz Stories (Noah Baumbach)
Sono da sempre un fan del regista di Brooklyn; fra le nuove generazioni il predestinato a diventare l'erede Woody Allen.
Un'altra produzione Netflix con molte star ed alcuni camei, ma la noia prende presto il sopravvento sullo scontato sarcasmo dei dialoghi e sulle situazioni familiari che ruotano intorno a Harold Meyerowitz (Dustin Hoffman) docente e scultore newyorkese mai apprezzato negli ambienti che contano. Tutto abbastanza forzato, con l'aggravante di una verbosità estenuante. L'eco di Woody Allen si percepisce, ma è quello dei suoi film meno ispirati.

L'inganno (Sofia Coppola)
Mancanza di nuove idee? E' l'unica spiegazione per un'operazione che non aggiunge niente e toglie molto ad un cult come La calda notte del soldato Jonathan. Per non dire del carisma di Clint Eastwood vs Colin Farrell. Black comedy annacquata che sa di compitino svolto con un filo di gas.

Sole Cuore Amore (Daniele Vicari)
L'ho recuperato con discreta fiducia, vista l'ottima prova del regista, che con Diaz era riuscito a raccontare gli avvenimenti sconvolgenti che a Genova 15 anni fa hanno lordato la nostra democrazia.
In questo film (di denuncia sociale?) che cerca di affrontare temi di scottante attualità, purtroppo non c'è quasi niente di credibile.


Fortunata (Sergio Castellitto)
Flop non tanto per il film (che comunque non affonda solo grazie a una Jasmine Trinca strepitosa) quanto per le recenti dichiarazioni del regista riguardo la mancata candidatura all'Oscar della ditta Castellitto-Mazzantini:
Siamo vittime di un preconcetto perché facciamo cinema popolare ma di qualità. 
Evviva la modestia!