giovedì 19 marzo 2009

Ri/Visti: Simon del deserto - Buñuel 1964

Sempre a proposito di chiesa e religione, in questo periodo mia fonte d'ispirazione (vedi anche post sotto), qualche giorno fa ho rivisto questo medio-metraggio di 45 minuti del regista spagnolo. Per caso molti anni fa capitai in un cineforum di morettiana memoria in cui lo proiettavano e mi rimase molto impresso. Se non fosse per le infinite opportunità della rete, quando mai avrei potuto rivederlo?
Dall'esilio in Messico Buñuel girò la storia del monaco Simon, profeta che decide di vivere in penitenza e meditazione per ben otto anni su una colonna alta 20 metri. Venerato ma a volte anche provocato dalla gente del luogo, Simon è sottoposto a continue tentazioni dal diavolo. A un certo punto il maligno, stanco della sua stoica resistenza, lo trasporta dal V al XX secolo in un locale di New York in cui l'asceta è forzato ad immergersi in un clima di musiche e balli sfrenati.
Il film in realtà fu incompiuto per problemi di produzione: nella seconda parte la sceneggiatura prevedeva che il diavolo tornasse nel Medioevo per sostituirsi a Simon e condurre i fedeli verso il male. Peccato non sia mai stato girato perché sarebbe stato fantastico. Nonostante la mutilazione forzata, il film vinse il premio speciale della critica a Venezia. Lo stile è quello surrealista di Buñuel, dove emergono i temi provocatori della sua filmografia e in questo caso i suoi sberleffi anticlericali attraverso la carica blasfema di Silvia Pinal nelle vesti del demonio.
Il coraggio di rischiare e di mettersi contro i poteri costituiti; la volontà di essere scomodi; lo spessore culturale e artistico, l'anticonformismo di Buñuel: insieme a Kubrick uno dei pilastri del cinema del secolo scorso. Simbolico che il regista spagnolo l'abbia inaugurato, essendo nato proprio nel 1900, mentre Kubrick invece l'abbia chiuso lasciandoci dieci anni fa il 7 marzo 1999.

6 commenti:

  1. bel post, io dico solo: Un chien andalou

    cortometraggio del 1929 scritto, prodotto ed interpretato da Luis Buñuel e Salvador Dalí, e diretto dal solo Buñuel.

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  2. Hai toccato un nervo scoperto. Questo regista è anzitutto un artista. Ve ne sono pochi, pochissimi.
    Non basta certo avere una buona produzione e un'ottima attrezzatura per fare un buon film. Occorrono artisti dietro la macchina, fior di scenografi e direttori della fotografia, oltre che registi validi.

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  3. Concordo con il post; adoro Buñuel ...anche lui possiamo definirlo un grande regista vivente.

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  4. Jodorowsky: ricordo lo shock e il divertimento nel vedere quella follia totale che è La Montagna Sacra!

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  5. ...E "Le charme discret de la bourgeoisie"? Come dimenticarlo...
    Io l'ho dovuto vedere in spagnolo!

    Buona giornata Lucien :)

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