giovedì 29 giugno 2017

Autobiografia cinematografica #2: i miei cult movies del passato

Seconda parte con la storia del cinema, ovvero la lista dei 10 film che ho più amato. Visti e spesso rivisti nel corso del tempo; parliamo di capolavori girati prima degli anni settanta, o poco più, che per ovvi motivi anagrafici ho potuto apprezzare successivamente.

Freaks
Preso ad esempio da fotografi (Diane Arbus), cantanti rock (Ramones, David Bowie) e registi (Alejandro Jodorowsky) proprio a sostegno delle lotte dei diritti dei diversi. Anche se in decenni successivi altri autori come David Lynch, Terry Gilliam e Tim Burton si sono ispirati ai Freaks di Tod Browning, solo pochi (Ciprì e Maresco è l’esempio più calzante) ne hanno compreso veramente il potenziale eversivo.  Sentieriselvaggi
I pregiudizi e il perbenismo costarono al regista il bando da Hollywood e danneggiarono per sempre la sua carriera.

Il grande dittatore
Rivisto di recente: risate e occhi lucidi per un capolavoro senza tempo. Qua




Rashômon
Ne ho parlato qua.





Viale del tramonto
Spietata satira sul mondo di Hollywood con Gloria Swanson diva decadente.





Orizzonti di gloria
Una delle più efficaci rappresentazioni sull'assurdità della guerra.





I 400 colpi 
A proposito di autobiografie: i libri e il cinema come salvezza.




La ricotta 

La pellicola con Orson Welles sequestrata per vilipendio alla religione. Post





Hollywood Party 

Peter Sellers in una serie di gag devastanti. Alta scuola di regia e recitazione.





Rosemary's baby
L'horror psicologico per eccellenza.





I Diavoli

Su questo film, visto due anni fa, uno dei miei post più lunghi di sempre




lunedì 26 giugno 2017

"Di che cosa hai paura?" Di vedere un altro film di Malick

Di solito sulla teiera preferisco segnalare le cose che mi hanno entusiasmato, sorpreso o almeno ben intrattenuto. Speravo di trovare qualcosa in Song to song l'ultimo film di Malick e invece, nonostante grandi attori e musicisti, dopo 15 minuti la noia e la tristezza sono calate inesorabili sul mio volto. Un'impresa notevole visto il cast a disposizione nella location di Austin. Esiste un limite oltre il quale le ellissi, i salti spaziali, la destrutturazione del racconto e il diluvio di quesiti esistenziali diventano controproducenti.
Perché piangi?” “Perché sono felice”, “Amo la tua anima”, Di che cosa hai paura? 


La prima versione durava 8 ore...


LEGENDA VOTI

@ una cagata pazzesca
@½ pessimo
@@ trascurabile
@@½ passabile
@@@ buono
@@@½ da vedere
@@@@ da non perdere
@@@@½ cult
@@@@@ capolavoro

martedì 20 giugno 2017

The Handmaid's Tale - Il racconto dell'ancella

Quali brutture è in grado di produrre l'umanità quando il fanatismo ideologico o religioso dilagano e prendono il sopravvento? L'abbiamo visto fin troppo bene in Europa con i nazionalismi del XX secolo, lo vediamo e lo stiamo subendo oggi a livello internazionale e forse, purtroppo, potremmo vederlo ancora in futuro.
Ecco perché The Handmaid's Tale (Il racconto dell'ancella), la serie tratta dal romanzo della scrittrice canadese Margaret Atwood, tempo fa l'avrei vista con occhi diversi. Oggi fa impressione; una storia scritta trent'anni fa e riadattata per i nostri tempi, che racconta l'avvento negli Stati Uniti di una teocrazia di fanatici cristiani i cui teologi fanno applicare in modo distorto alcuni precetti biblici tratti dalla Genesi. Razzismo e misoginia hanno infettato la società con una perdita progressiva delle libertà personali, erose impercettibilmente giorno dopo giorno fino alla sospensione della Costituzione. Il Canada rappresenta l'unica via di fuga verso la salvezza dove gli americani dissidenti possono godere dello status di rifugiati.
Come ha detto in un'intervista la scrittrice «nulla che il genere umano non abbia già commesso, da qualche parte nel mondo e in qualche periodo della storia» In un modello distopico che ricorda in diversi aspetti quello orwelliano, ritroviamo infatti un repertorio di orrori che purtroppo abbiamo già conosciuto nella nostra Storia: le deportazioni nei campi di lavoro, la repressione delle minoranze, lo Stato oppressivo dei paesi dell'Est di sovietica memoria, la capillarità della rete dei delatori, qui denominati occhi, la statalizzazione del corpo delle pochissime donne fertili: le ancelle, obbligate al servizio presso le famiglie appartenenti all'elite governativa con l'unico scopo di procreare per loro. Una sorta di congrega di giovani donne, sottomesse e costrette a vestirsi con tonache rosse. 

Il racconto dell'ancella inizia subito con la fuga e la cattura di June, separata dalla figlia e dal marito per poi essere destinata, dopo un periodo di rieducazione, al servizio presso una coppia sterile. Dalla sua narrazione con l'innesto di numerosi flashback vengono ricostruiti i dieci anni di storia che hanno portato alla deriva della società: guerra civile, inquinamento, malattie, fino al rischio dell'estinzione. Nella stesura originale del romanzo si apprende la sua storia grazie al ritrovamento, due secoli dopo, delle cassette con le sue registrazioni trascritte dagli storici che stanno studiando quel periodo storico ormai lontano. Elisabeth Moss (la detective di Top of the Lake) è la protagonista con un'interpretazione straordinaria per la sua capacità di esprimere la ribellione soprattutto nei piccoli gesti. Un impatto visivo devastante con una cura dei dettagli che fa la differenza e una verosimiglianza al mondo reale che mette veramente angoscia; allo stesso tempo affascina in modo ipnotico e ti travolge.
Altro protagonista è Joseph Fiennes nel ruolo del comandante che in un'intervista ha detto: La domanda non è se la serie sia sfacciatamente politica: certo che lo è, quello che conta è che non si riveli una profezia. Prodotto da Hulu, ma ancora inedito in Italia. E adesso magari passiamo a qualcosa di più spensierato in sintonia con l'estate che sta esplodendo.











LEGENDA VOTI

@ una cagata pazzesca
@½ pessimo
@@ trascurabile
@@½ passabile
@@@ buono
@@@½ da vedere
@@@@ da non perdere
@@@@½ cult
@@@@@ capolavoro

venerdì 16 giugno 2017

Potere della settima arte: autobiografia cinematografica #1

Negli anni '70 nel piccolo paese in cui sono cresciuto c'erano ben tre sale. Io abitavo in un appartamento che si trovava proprio di fianco all'ingresso del glorioso Cinema Italia dove fin da bambino ho trascorso tutte le domeniche pomeriggio.
Che cosa ci porta ad amare un film per poi elevarlo nel corso degli anni allo status di cult personale? Nella lista che segue mi sono divertito a tracciare un percorso che in quattro fasi attraversa idealmente la passione per il cinema con le visioni che per differenti motivi hanno contribuito alla mia formazione.

ADOLESCENZA (CON TANTA FANTASCIENZA)
  • 1975: Occhi bianchi sul pianeta Terra (Boris Sagal - 1971) 
    Charlton Eston, ultimo sopravvissuto ad un virus planetario, ha acceso fin da ragazzino la mia fissa per il genere post apocalittico; da allora non ne perdo uno (ciofeche incluse).

  • 2001 Odissea nello spazio (Stannley Kubrick - 1968) 
    Devo averlo visto a 12-13 anni al cinema parrocchiale senza capirci una mazza. Eppure quelle immagini, quella musica, qualche effetto l'hanno avuto...

  • Arancia Meccanica (Stanley Kubrick - 1971)
    Ero già più grandicello (16-17) e ne uscii traumatizzato, frastornato, ma soprattutto affascinato. Un colpo di fulmine e l'inizio di un amore assoluto per un genio.

  • Harold e Maude (Hal Ashby - 1971)
    Un toccasana per chi nell'adolescenza ha ben presto manifestato insofferenza verso l'omologazione e l'autorità.

  • Novecento (Bernardo Bertolucci - 1976)
    Le nuove uscite arrivavano nelle sale di paese un paio di anni dopo la prima visione. Questo film alla soglia dei 18 anni è stata un'esperienza formativa.

  • Tommy (Ken Russel - 1975)
    La scoperta che il connubio musica e cinema poteva generare una miscela esplosiva. Allucinato dal vortice di immagini al ritmo della musica degli Who. Da questo film, da Il fantasma del palcoscenico, Jesus Christ SuperstarHair e Rocky Horror Picture Show (visti più tardi) è nata l'esaltazione per i musical.

via


domenica 11 giugno 2017

1977

Le note autobiografiche di questo blog (che in giugno compie 9 anni) riportano in estrema sintesi: I grew up in the 70's between flower-power and punk. Un decennio di contraddizioni e grandi trasformazioni per gli adolescenti di allora, nati in pieno miracolo economico e poi cresciuti negli anni di piombo.
Il 1977 è l'anno di rottura: il primo gennaio finisce ufficialmente Carosello e la Rai inizia le trasmissioni a colori! Battute a parte e riferendomi alla musica, a Londra esplode definitivamente il fenomeno punk che in Italia come sempre attecchisce in ritardo: i primi emuli li vidi due anni dopo quando abitavo e studiavo a Bologna ad un concerto dei Gaznevada. 
Tornando al nostro anno, ecco una selezione dei 12 album preferiti sulla teiera volante. Ce n'è uno che non mi stanca mai e periodicamente rientra nelle rotazioni dei miei ascolti. Ne ho già parlato qui.



martedì 6 giugno 2017

Tutto quello che vuoi

Il valore della memoria storica; la forza della parola e il suo potere evocativo: che sia scritta, orale o sotto forma di poesia incisa sui muri di una stanza come si racconta nel terzo film di Francesco Bruni.  

Per guadagnare qualche euro, un ventenne coatto trasteverino accetta di fare da accompagnatore ad un anziano poeta ormai dimenticato, affetto da Alzheimer, grande intellettuale e amico di Pertini. Un abisso tra i due per età, formazione culturale e linguaggio. Su questo contrasto si innesta l'abilità del regista (già sceneggiatore per Virzì) nel costruire con leggerezza l'incontro e la sintonia tra due mondi lontanissimi, complici le poesie che risvegliano nel ragazzo la curiosità intellettuale e la scoperta di nuovi/vecchi valori. Giuliano Montaldo, classe 1930, nei panni di Giorgio Gherarducci regala una performance indimenticabile sostenuto dalla fragile spigolosità di Andrea Carpenzano.
Una bella storia di formazione che mi ha anche toccato personalmente per la delicata tematica dell'Alzheimer che negli ultimi due anni purtroppo ha investito anche la mia famiglia.

 ...perché se libero un uomo muore, che cosa importa di morir?




LEGENDA VOTI
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giovedì 1 giugno 2017

Byrne e Weller: due fuoriclasse

Grande ritorno di Paul Weller, che nonostante l'avvicinarsi dei 60 mostra vitalità e classe da vendere con il suo nuovo lavoro intitolato A Kind Revolution. Un repertorio che spazia fra soul, britpop, R&B fino alla ballata struggente, a conferma della sua ecletticità. Solo in apparenza tutto semplice e prevedibile. Ospiti d'eccezione tra cui anche Robert Wyatt alla tromba.


Uno degli artisti che più mi manca è David Byrne e così ogni tanto mi diverto a ricercare cose inedite. Da guardare, oltre che da ascoltare, la sua strepitosa performance di Zimbra in questo programma che si intitolava Sessions at West 54th presso gli Sony Music Studios in West 54th Street a Manhattan, esattamente vent'anni fa. Roba da matti: da saltare sulla sedia!