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Torrido giovedì sera di settembre. Decidiamo di andare a mangiare alla festa del PD a Ravenna, per poi vedere la mostra di Carrà e fare un giro. Entriamo alle 20 e ci troviamo di fronte ad una serie di file mostruose per tutti i ristoranti. Tempo stimato da attesa, minimo un'ora; col caldo che fa, dentro quei tendoni, fitti come polli d'allevamento. Non esiste! Così decidiamo di andare verso il mare a mangiarci una pizza. Mentre guido, discutiamo di come la gente ormai sia assuefatta alle file e alla ressa in generale: in auto, al ristorante, al supermercato, nei parchi di divertimento, nelle multisale. Siamo in tanti, lo so, ma io non ce la faccio e se posso, evito. Sono disposto a sopportare solo per un concerto o un bel film. Una domenica di pioggia mi hanno trascinato in un ipermercato per aderire al culto del grande carrello: un'esperienza tra il mistico e il masochista. Malgrado io sia una persona pacifica, se avessi avuto un'arma, si sarebbe visto il seguito del film Un giorno di ordinaria follia.
Per concludere, arriviamo in pizzeria. Il locale è quasi vuoto e ci sediamo. Dopo mezz'ora, a pizza quasi finita, mi accorgo per caso che dietro di me c'è una tavolata con una ventina di tedeschi fra bambini e adulti. Non li avevo proprio sentiti; parlavano tranquilli sottovoce, bambini compresi: rispetto ai loro coetanei italiani visti in situazioni analoghe, parevano anestetizzati. In realtà erano semplicemente educati. Penso che tutti abbiano avuto l'esperienza di comitive italiane con al seguito nanetti pestiferi che urlano e scorazzano indisturbati nel locale mentre i genitori chiacchierano allegramente senza fare una piega. Il tipico buonumore italiano, contro la freddezza dei popoli nordici? Può darsi. Chiedetelo a quei poveri insegnanti che poi se li ritrovano a scuola quei bambini e soprattutto quei genitori!