mercoledì 4 gennaio 2017

Quarant'anni fa un titolo profetico: Disoccupate le strade dai sogni

















Dopo il successo di Ho visto anche degli zingari felici e lo sdoganamento verso un pubblico più ampio, nel 1977 Claudio Lolli se ne uscì con album cupo e spigoloso, figlio della repressione delle rivolte che ebbero l'epicentro nella grassa e dotta Bologna del Pci di Zangheri. Ribellione che segnò anche la fine delle illusioni all'alba del 13 marzo, quando una colonna di carri armati sfilò nelle strade del centro. Trent'anni dopo, in un'intervista, l'ex sindaco ammise: di quei giovani non è che avessimo capito un granché. Io che a Bologna c'ero (anche se all'epoca ero solo uno sbarbatello che ci andava di nascosto dai genitori) non posso che confermare. Un vizietto che ancora oggi la sinistra italiana - se così vogliamo chiamare il PD - non ha ancora perso. 

Ed il potere
nella sua immensa intelligenza
nella sua complessità.
Non mi ha mai commosso
con la sua solitudine
non l'ho mai salutato come tale.
Però ho raccolto la sfida,
con molta eleganza e molta sicurezza,
da quando ho chiamato prigione la sua felicità.


Incubo numero zero
Disoccupate le strade dai sogni,
per contenerli in un modo migliore,
possiamo fornirvi fotocopie d'assegno,
un portamonete, un falso diploma, una ventiquattrore...




Di Bologna, dopo 40 anni, che dire... Forse le sue strade non fanno più sognare i giovani, ma io la amo ancora: da Piazza Maggiore ai suoi 40 chilometri di portici; i pochi anni trascorsi lì, sono una parte fondamentale di quello che sono diventato. 
Purtroppo ormai per immaginare un futuro, se non più a cambiare la società, tanti ragazzi (anche non più ragazzi) prendono la via dell'estero: in fuga dall'incubo dei voucher, dai mediocri politici di turno e da un paese dove la ricchezza delle famiglie over 65 è sette volte superiore rispetto a quelle under 30. La prima generazione del dopo-guerra che ha visto arretrare, quasi di colpo, i propri diritti e privilegi. 
Allora mi viene in mente una scritta sul muro. Forse è una storia già vista, chissà... o forse riuscire a fuggire è già una piccola rivolta.


7 commenti:

  1. Bologna la frequento da pochissimo, e mi sembra già molto avanti, rispetto ad altre nostre città (un quartiere come il Pratello, ad esempio, non so dove altro trovarlo in Italia). Sul '77 non ho esperienze dirette (avevo 5 anni), per poter dire qualcosa di sensato, se non che ha Bologna ha contato molto, sconvolgendo nel profondo la sinistra (che con il Pd credo non abbia più nulla a che spartire, ma il discorso sarebbe troppo ampio).

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    1. Quando ne ho l'occasione, soprattutto mostre vado con gioia e ne approfitto anche per gironzolare nei quartieri.
      L'ultima pochi giorni fa a Palazzo Albergati: arte messicana con Frida Kahlo, Diego Rivera, Siqueiros. Merita!
      Bologna era un laboratorio utopico e all'avanguardia: i fumetti con Paz e gli altri; musica con Skiantos e Gaznevada; radio libere come Radio Alice; e poi le osterie, gli indiani metropolitani e via dicendo... Era qua il suo fascino. Era dura studiare!

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  2. All'epoca io ero solo un ragazzino, Bologna ho avuto modo di scoprirla e viverla qualche anno dopo, quando i sogni erano già svaniti ma nell'aria qualche profumo di rivoluzione ancora si avvertiva.Certe scritte sui muri si sono impresse nella mia memoria in modo indelebile, e questo tuo bellissimo intervento, su un'artista che per la mia formazione ha significato moltissimo, ha avuto su di me l'effetto della madeleine proustiana ...
    Ciao e grazie
    Gianluca

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    1. Tipo: "Decreto la stato di felicità permanente"
      Magari ci siamo incrociati!
      Grazie a te.
      A presto

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  3. Caro Lucien, non posso che condividere il senso del tuo post ... magari ci saranno delle nicchie che vivono e creano ...

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    1. Speriamo. Ci sono, ci sono: è che l'omologazione è sempre pronta a prenderne possesso, oggi più di allora.

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