lunedì 25 giugno 2018

Uccidi Paul Breitner: quella maglia color arancione utopia

I primi istanti della finale della Coppa del mondo del 1974.
In campo Germania Ovest e Olanda. Dal calcio d'inizio i giocatori in maglia arancione toccano la palla quattordici volte di seguito con quattordici giocatori in continuo movimento e in perenne interscambio di posizioni tra loro, fino a quando il quindicesimo giocatore che poi indossa il numero quattordici e risponde al nome solenne di Johan Cruijff, al termine di un'improvvisa progressione individuale entra in area ed è atterrato dal difensore tedesco Uli Hoeneß. L'arbitro fischia rigore. É passato meno di un minuto. La Germania Ovest non ha ancora toccato la palla. É il momento più alto e sublime del "calcio totale".


“Uccidi Paul Breitner” di Luca Pisapia (Alegre, pag. 285)


In tanti credono di saper raccontare di calcio, ma è una dote che in pochi hanno: in questo libro Luca Pisapia lo fa in una maniera affascinante, evitando l'onanismo del pur bravo Federico Buffa e la spocchia dei tecnici pallonari e filosofi che salgono in cattedra. Partendo da Argentina 1978: i mondiali della colpa (quando i desaparecidos venivano torturati e assassinati nei bunker di regime) e della marmellata peruviana, fino alla più recente edizione in Brasile grondante corruzione, una narrazione che mette in luce i grandi eretici e i visionari del pallone senza tralasciare i contesti socio-politici. Da sempre, fin dall'inizio del XX secolo, le dittature, la politica ed i potentati economici hanno trovato nello sport e nel calcio in particolare uno dei loro principali strumenti di propaganda. L'altra faccia della medaglia, quella più moderna, è quella dove il calcio è potere, declinato nella corruzione fondamento delle democrazie capitaliste. É l'evoluzione di un apparato ideologico utile a produrre consensi e che nella declinazione berlusconiana raggiungerà una delle sue massime espressioni, per poi essere a sua volta superato da una globalizzazione sempre più vorace che sta portando i prossimi mondiali in Qatar.
Pagina dopo pagina, fiction e realtà storica scorrono su binari paralleli per poi intrecciarsi in modo avvincente. Una controstoria a tratti struggente, che scava nel profondo ed emoziona chi come me da ragazzino aveva pianto di rabbia nel vedere l'Olanda scippata del titolo che avrebbe meritato esattamente 40 anni fa in una finale nella quale l'arbitro italiano Gonella permise di tutto all'Argentina del dittatore Videla. Dieci anni dopo la nostra folle squadra amatoriale avrebbe avuto come divisa quella stessa maglia color arancione utopia.

6 commenti:

  1. Dietro ogni mondiale c'è almeno una 'losca' storia. Se potessi, acquisterei tutti questi libri calcistici. Da evitare come la peste invece le biografie o autobiografie dei calciatori..

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  2. Condivido in pieno il tuo post, sul non saper raccontare ilcalcio di molti, alla corruzione nel mondo pallonaro, legato a bassiinteressi di politica, o alti, in altri sensi. E prenderò questo libro. Grazie per il passaggio di palla.

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    1. Non c'è di che. Non conoscevo Pisapia, ma già le sue note autobiografiche partono molto bene: "Nasco a Milano nella calda estate del 1977 e fin da subito comincio a tifare rivolta"

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  3. Fra un po' comincio a leggerlo anche io. Ultimamente stanno uscendo dei bei libri, laterali, sul calcio.

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