Il Cannibale ovvero il talento, la creatività e l'arte della provocazione a fumetti. Il numero zero di cui vedete la copertina a fianco (disegno di Liberatore) è custodito sotto allarme nella mia libreria insieme agli altri numeri.
Liberatore, Mattioli, Pazienza, Scozzari e Tamburini diedero vita ad un progetto di rottura, in contemporanea al movimento di contestazione più creativo del dopo guerra in Italia, quello del '77 che vide il suo epicentro a Roma e Bologna. Il fumetto ebbe vita breve: pochi numeri che divennero ben presto un cult. Ma nel 1980 il gruppo si allargò per fondare
Frigidaire; allora fu la volta del cinico Zanardi, di Rank Xerox, di servizi corrosivi e di una serie infinita di provocazioni nei confronti del potere costituito (a volte anche di cattivo gusto). Raffrontando tutto questo con le polemichette attuali sul fumetto la
Ministronza è facile capire come oggi in Italia l'omologazione e la voglia di censura siano arrivati ad un livello preoccupante.
Iniziava un decennio inaugurato musicalmente col botto da quel capolavoro che è
Remain in Light e che a me pareva nascere sotto buoni auspici. Furono invece gli anni dell'Aids, della diffusione delle droghe pesanti; anni sì meravigliosi per la nostra giovane età, ma anche tragici e che portarono alla morte di Paz e Tamburini e di schiere di ragazzi che avevano scambiato l'eroina per un passatempo.
Forse a qualcuno faceva e fa comodo così: meno centri sociali e impegno politico = più facilità di controllo.
Disoccupate le strade dai sogni, aveva cantato Claudio Lolli qualche anno prima profetizzando l'arrivo di una decade che ha contribuito al declino delle controculture così come le avevamo conosciute fino ad allora: assorbite, metabolizzate e normalizzate nel calderone fintamente spensierato e consumistico degli anni '80, al grido di
Gimme Five! Le mie poche certezze non erano più politiche, ma avevano altri nomi: David Sylvian, Tom Waits, The The, Cure, Style Council, Smiths... e un nome di donna.