Ian Curtis con la figlia Natalie oggi trentenne.
Finalmente domenica sono riuscito a vedere il fim sulla vita
Ian Curtis, il leader dei
Joy Division morto suicida il 18 maggio del 1980 alla vigilia del tour americano del gruppo. Mi sono (solo in parte) spogliato dall'entusiasmo dell'ex fan che in quegli anni ascoltava e suonava quella musica, per un approccio più neutro, trattandosi appunto di un film e non un di un concerto o di un documentario celebrativo.
I pregi: Primo fra tutti una fotografia splendida, un bianco e nero magistrale che dimostra tutta la bravura di Corbijn, al suo primo lungometraggio, ma navigato fotografo e regista di videoclips per
U2, Depeche Mode, REM e così via. Altra nota di merito la recitazione di altissimo livello di
Sam Riley che offre una prova convincente a tutti i livelli. La danza epilettica sul palco è praticamente identica a quella del
video originale della BBC. La colonna sonora è fantastica: oltre all'ovvio utilizzo dei pezzi dei
Joy Division e
New Order, abbiamo
Bowie (Drive in Saturday, The Jean Genie, Werszawa),
Velvet Underground (What’s goes on),
Kraftwerk (Autobahn),
Iggy Pop (Sister Midnight).
Le critiche: Come si poteva intuire
Control non è un film musicale nel senso classico del termine, l'ha dichiarato anche il regista.
Ian Curtis ed anche i
Joy Division erano distanti anni luce dal prototipo della rock star; inoltre la sceneggiatura, tratta dal libro della moglie, giustamente pone l'accento sulla figurata tormentata e sofferente del cantante. Tuttavia a mio avviso si è persa l'occasione di descrivere parallelamente alla vicenda personale, un periodo, quello della nascita della new wave e del dark agli inizi degli anni '80 in Inghilterra, che ancora non è stato raccontato al cinema. Una fase di entusiasmo, di novità e di estrema creatività per la musica, con la nascita delle etichette indipendenti e di una marea di gruppi e musicisti che hanno lasciato un marchio indelebile.
Note finali:Nel complesso un buon film che riesce nell'intento di raccontare la biografia di
Ian Curtis senza mitizzazioni e a far emergere le peculiarità di una band esteticamente unica nella storia della musica. All'interno della trama, si poteva dare un po' più spazio alla sfondo storico-musicale in cui si svolgono gli eventi, che in diversi snodi paiono procedere un po' lenti e distaccati dalla realtà sociale.
Ridardataria e ridicola come numero di copie e la distribuzione italiana.