sabato 29 novembre 2008

VISIONI: Qualcuno con cui correre - Oded Davidoff

Qualcuno con cui correre - Oded Davidoff
Film israeliano del 2006 presentato all'ultimo Giffoni Film Festival, dove ha riscosso un certo successo. Tratto da un romanzo di Grossmann, affronta temi come l'amore e l'amicizia in chiave adolescenziale svelando una inedita e sorprendente Gerusalemme, molto distante dai concetti di ortodossia e dal Muro del Pianto. Una città dove emerge il tipico disagio giovanile urbano rappresentato nelle vicende e negli occhi della dolce Tamar, la ragazzina alla ricerca del fratello chitarrista perso nelle droghe e nei bassifondi della città. La caratterizzazione e la divisione tra personaggi positivi e negativi è un po' schematica; la sceneggiatura, pur con qualche pecca, regge sufficientemente e i giovani attori dimostrano talento. Peccato per lo scadente doppiaggio di alcuni personaggi (uno in particolare) caratterizzato da una marcatissima inflessione romanesca. Un'opera fresca, a tratti ingenua, che dà comunque dei punti ai tentativi sterili di certo cinema italiano di produrre film per il target "giovani", cose tristi tipo
Albakiara o Questa notte è ancora nostra. Quest'ultimo ho avuto anche la disgrazia di vederlo perché pensavo che avesse a che fare con la musica!
LEGENDA

venerdì 28 novembre 2008

COVER vs ORIGINAL: Scott Weiland - Fame (David Bowie)


Scott Weiland è un cantante dal talento fottuto e cristallino. Nel corso della sua carriera però ha rischiato più volte di perdersi come accadde a Kurt Cobain o di bruciarsi come nel caso di Staley, la voce degli Alice in Chains morto di eroina nel 2002. Il suo gruppo gli Stone Temple Pilots, si inserì un po' tardivamente nel filone grunge degli anni '90; era l'unico tra i più quotati a non provenire da Seattle, a differenza di Nirvana, Alice in Chains, Soundgarden e Pearl Jam. Fecero il botto nel 1994 con il loro secondo album "Purple" (veramente un gran disco) che esordì al primo posto nelle classifiche americane trascinato dal singolo Interstate Love Song. Dopo tre mesi aveva già venduto 3 milioni di copie (era pre-internet, oggi sarebbe impensabile). Weiland, come già detto, aveva un gran talento e una gran presenza sul palco, ma era anche un fattone maledetto ed un egocentrico: fra arresti per detenzione di cocaina ed eroina, programmi di riabilitazione e ricadute fece uscire di senno il resto della band fino all'uscita o cacciata definitiva nel 2001. Poi dal 2003 l'esperienza insipida con i Velvet Revolver e ora alla boa dei 40 anni questo album solista: Happy In Galoshes, nè carne né pesce, uscito tre giorni fa in cui comunque c'è qualche bella canzone. Nel disco spunta un'inaspettata cover di Fame neanche male, con tutto il rispetto per l'insuperabile duca bianco.

giovedì 27 novembre 2008

L.P. Cover Art: U2 - Rattle and Hum 1988



















Qualche giorno fa cercavo una nuova copertina da raccontare tra i miei vinili e mi sono soffermato su questo doppio LP. Leggendo la data d'uscita mi sono reso conto che il mese scorso era il ventennale. Sembra l'altro ieri!
Deve essere stato, se non l'ultimo, uno degli ultimi vinili che ho acquistato, visto che nel 1989 comprai il primo lettore CD.
Anton Corbijn (maestro del bianco e nero, tecnica utilizzata anche nel suo esordio come regista in Control) ha scattato questa foto di copertina semplice, ma al tempo stesso efficacissima.
I puristi degli U2 versione Joshua Tree, e la critica storsero un po' il naso; a me piacque abbastanza e sotto la puntina ha fatto diversi giri, certamente non al livello di Atchung Baby: da lì in poi un lento declino creativo.

l'interno della copertina


mercoledì 26 novembre 2008

LA FRASE: "Discriminazione transitoria positiva"

Bisogna parlare ancora di questo argomento perché non cada nel dimenticatoio come forse qualcuno spera. Questa frase, contenuta all'interno della mozione del leghista Cota già passata alla Camera, è un capolavoro di malafede e rozza ingegneria lessicale. La questione è preoccupante perchè rischia di diventare norma una proposta che prevede appunto come dice il testo la "discriminazione" degli alunni stranieri per i quali si prevede la frequentazione di fantomatiche classi d'inserimento nel caso non conoscano a sufficienza (in base ad una prova) la lingua italiana. A livello pedagogico è risaputo che le classi separate sono destinate a diventare un ghetto e a stimolare in chi le frequenta disagio e demotivazione. Inoltre, non solo i linguisti, ma chiunque abbia un minimo di buon senso è in grado di capire che una seconda lingua si impara frequentando l'ambiente e le persone che la parlano. Per la lingua scritta invece servono risorse alle scuole ed interventi mirati da parte di docenti qualificati. Poi sempre il buon senso suggerirebbe di introdurre una normativa che stabilisca dei limiti ragionevoli in percentuale al numero di stranieri all'interno delle classi, in modo da distribuire in modo più omogeneo la loro presenza per prevenire l'insorgenza di ghetti o di situazioni complicate da gestire. Le invasioni barbariche le abbiamo già al nostro interno.

Le quattro principali associazioni linguistiche italiane:
SIG - Società Italiana di Glottologia
SLI - Società di Linguistica Italiana
AItLA - Associazione Italiana di Linguistica Applicata
GISCEL - Gruppo di Intervento e Studio nel Campo dell’Educazione Linguistica
hanno elaborato pochi giorni fa una nota tecnica sulla mozione Cota e le classi ponte, bocciandola clamorosamente e indicando tutt'altre vie per affrontare e risolvere queste problematiche, concludendo il documento con le seguenti osservazioni:
"Le Società scientifiche sopraelencate invitano pertanto coloro che ricoprono incarichi di rappresentanza a riformulare la mozione qui in discussione in termini più consoni alla realtà dei fatti e a promuovere iniziative legislative atte a meglio coordinare le iniziative già in atto presso numerosi Uffici Scolastici Provinciali ai fini dell’integrazione scolastica e linguistica di allievi non italofoni."
Il testo completo del documento molto interessante.

martedì 25 novembre 2008

PJ Harvey - Thom York: This mess We're in

Un'accoppiata del genere non poteva che produrre qualcosa di bello. Nel 2000 Polly Jean uscì con Stories from the City, Stories from the Sea che conteneva questo splendida canzone in cui duetta con Thom Yorke.


The wizard...

...and the priestess

lunedì 24 novembre 2008

Crolla la scuola insieme all'Italia
















Per oggi avevo preparato tutt'altri argomenti, ma ho preferito rimandare per dare spazio a questa amara vignetta di Mauro Biani che purtroppo sintetizza molto bene il Paese che stiamo diventando. L'altro giorno alla notizia della tragedia di Rivoli mi sono venuti i brividi e anche una lacrima di rabbia. Ho un figlio della stessa età che frequenta la quarta G, proprio come il povero ragazzo deceduto, ma di un altro dei tanti licei fatiscenti della nostra penisola. Nell'Italia del nuovo millennio si trovano subito i soldi per le banche e per l'Alitalia, mentre gli insegnanti sono sempre più frustrati e malpagati e i nostri figli muoiono seppelliti sotto scuole di merda che non si reggono in tutti i sensi. Ma sono tutte fatalità.

venerdì 21 novembre 2008

Betty Davis - This is it (Antologia 1973/75)

Sul fondo schiena si fece tatuare la scritta: "This ass invented fusion". Nel 2007 la seconda moglie di Miles Davis è tornata a cantare grazie alla Vampisoul che ha pubblicato un'antologia, This is it, contenente i brani più belli tratti dalla sua discografia: tre album quasi introvabili usciti tra il 1973 e il 1975, che all'epoca fecero poco successo. Il matrimonio tra lei e Miles Davis durò poco più di un anno (dal 1968 al '69), il tempo sufficiente per contribuire al cambio di rotta del grande trombettista verso nuove sonorità, allora ancora distanti dal jazz. Successivamente le fu attribuita anche una fugace love story con Jimi Hendrix.
Ancora oggi l'impatto con la voce sensuale e torrida di questa donna è pazzesco; fra l'altro fu coadiuvata da musicisti eccellenti in grado di creare una miscela di funk+soul di altissimo livello, orecchiabile, ma nell'insieme non proprio commerciale e forse poco adatta a sfondare in quel periodo. L'America dei primi anni '70 era comunque ancora molto puritana, la Davis esibiva una sensualità sfrontata e i testi erano sporchi, perciò molte sue canzoni furono boicottate dalle radio. La sua attività si concluse definitivamente nel 1975 con il terzo album. Narra la leggenda che esistano una serie di incisioni mai pubblicate di Miles e Betty Davis insieme ad un gruppo di musicisti del giro di Hendrix. Chissà se mai si potranno sentire. M. Davis nella sua autobiografia così descrive l'allora ventitreenne compagna con 20 anni in meno di lui: "Betty era troppo giovane e selvaggia rispetto a ciò che cercavo in una donna... era uno spirito libero, era arrapata (raunchy) e altre stronzate del genere".
DISCOGRAFIA
1973 - Betty Davis
1974 - They say I'm different
1975 - Nasty gal

martedì 18 novembre 2008

Bootleg - Radiohead, San Francisco Outside Lands 22/08/08

Fantastico live, registrato al Golden Gate Park di San Francisco (22-24 agosto 2008), che ha visto impegnati diversi artisti fra cui Beck, Manu Chao, Wilco, Ben Harper, Steve Winwood e tantissimi altri. La registrazione è buona e i Radiohead sono in splendida forma. Dopo le loro recenti operazioni in rete alle quali anch'io ho dato il mio onesto contributo in euro, penso che ai ragazzi di Oxford non dispiaccia questa segnalazione che già da tempo altri blogs ed appassionati hanno provveduto a far circolare. Have a good time.
Tracks list

1. 15 Step
2. Reckoner
3. Airbag (sound cut out briefly)
4. There There
5. All I Need (sound cut out)
6. Nude
7. Talk Show Host
8. National Anthem
9. The Gloaming
10. Videotape
11. Weird Fishes
12. Idioteque
13. Karma Police
14. Jigsaw Falling Into Place
15. Just
16. Exit Music for a Film
17. Bodysnatchers
18. Pyramid Song
19. You and Whose Army? (Genuine moment: Thom Yorke messes up by laughing at his eyeball close-up on the video screen.)
20. Paranoid Android
21. Fake Plastic Trees
22. Everything in its Right Place

domenica 16 novembre 2008

COVER vs ORIGINAL: Johnny Cash - Personal Jesus (Depeche Mode)

Secondo capitolo sull'argomento cover.
Johnny Cash, leggenda non solo del country ma della musica popolare americana, poco prima della sua scomparsa fece uscire un disco (The man comes around) con diverse covers dimostrando a 70 anni di essere ancora un interprete straordinario. Personal Jesus (famoso brano dei Depeche Mode) reinterpretata con John Frusciante dei Red Hot Chili Peppers alla chitarra acustica, acquista un'intensità e uno spessore da far impallidire l'originale. Un altra gemma è Desperado, una delle canzoni più famose degli Eagles, cantata con malinconia country da una voce arrochita da bourbon e sigarette. In questo secondo caso direi che l'originale continua a fare ancora la sua bella figura: pari e patta.
Johnny Cash è morto a Nashville nel settembre 2003.

sabato 15 novembre 2008

L.P. Cover Art: B-52's - 1979



















Parodia della fantascienza, abiti e acconciature da provincia americana anni '60 proiettata in un futuro imprecisato, il tutto sotto la spinta innovativa della new wave. Si presentarono così, come disegni animati apparsi dal nulla in un indefinito spazio giallo. Il nome del gruppo deriva proprio dalle acconciature voluminose delle due cantanti in voga in America negli anni Cinquanta, enormi e voluminose come appunto il famigerato bombardiere. Il primo album dei B-52's fece subito il botto e non solo negli States, avendo anche il pregio di avere brani ritmati e ballabili che i DJ un po' alternativi all'inizio anni'80 non mancavano mai di mettere, cominciando a cercare variazioni alla ormai stracca disco music. Spopolavano anche alle nostre feste universitarie di Bologna, dove stava eplodendo la new wave italiana con gruppi come i Gaznevada e Skiantos. Dopo il secondo disco però la formula si rivelò un po' ripetitiva e la band di Athens (la stessa città dei REM) scivolò nelle retrovie. Più o meno la stessa sorte toccata ai Devo. Il colpo di grazie arrivò nel 1985 con la morte per Aids del chitarrista Ricky Wilson a soli 32 anni (in copertina tra le due donne). Con grande disappunto delle groupies, pare infatti che tutti i membri maschili del gruppo fossero gay. Nel 2008, dopo sedici anni di silenzio è uscito un nuovo album, Funplex, che si lascia ascoltare.

lunedì 10 novembre 2008

20 Album vissuti: 18° Brainticket - Cottonwoodhill 1971

Per chi come me all'inizio degli anni '70 era poco più che un bambino è sempre stato vivo il desiderio di recuperare i vuoti musicali causati dal tempo. Nel 1979 il mio amico Belgio (italiano liceale a Bruxelles) in estate tornò in Italia esaltato con questo vinile, oggi ormai introvabile, che ci propinò fino allo sfinimento. Ogni volta che tornava provavo sempre un po' d'invidia per le opportunità di cui lui poteva godere in quanto, da metà fino alla fine degli anni '70, in Italia gli artisti stranieri non misero più piede, mentre a Bruxelles tutti passavano. Ho ancora in mente il racconto del Station to Station World Tour di Bowie del 1976 a cui lui appena quindicenne potè assistere. A noi qua in Italia sembrava fantascienza.
Ma veniamo al disco che è, sia chiaro, una delle cose più radicali della storia della musica. Le indicazioni di copertina riportano: Advice: Dopo aver ascoltato Questo disco i tuoi amici non ti riconosceranno più. Warning: Ascoltare solo una volta al giorno. Il tuo cervello potrebbe danneggiarsi. Hallelujah records non si assume nessuna responsabilità.
Dopo aver letto la favolosa recensione di Supersoul su Debaser non posso che rendergli merito, (impossibile riuscire a descrivere meglio questo disco) e ringraziarlo per il consenso a pubblicarla.
"...Nel 1971 una banda di fricchettoni provenienti dai più svariati paesi europei si mette in testa di dare una lezione ai californiani su come si fa un disco sotto l'effetto dell'acido lisergico. Svizzeri, tedeschi, inglesi, forse qualche oriundo italiano (quelli non mancano mai) tra i magnifici sette dello Sballo Maggiore: Joël Vandroogenbroeck, organo, flauto e voce; Ron Bryer, chitarra; Werni Frohlich, basso; Cosimo Lampis, batteria; Wolfgang Paap, tabla; Dawn Muir, voce; Hellmuth Kolbe, potenziometri, generatore di suoni ed effetti sonori a manetta. Attenzione che questi sublimati nei primi due brani della facciata A cercheranno di confondervi le idee, non facendovi capire cosa tengono nascosto nel resto del disco. Così "Black Sand" e "Places of Light" vi potranno sembrare due belle proposte di sano prog rock condotte dall'organo hammond con qualche stranezza tanto per gradire, come la voce filtrata di Joel nel primo caso e la leggera venatura funky jazz del secondo, dove faremo l'incontro con la voce elettronicamente manipolata della sensuale Dawn Muir. Ok, adesso avete il biglietto pronto nella mano? Staccatelo ed entrate... attenzione alle vetrine che vanno subito in mille pezzi e alle auto della polizia che sfrecciano a sirene spiegate! Sentite questo groove funky della chitarra e dell'organo? Sarà ETERNO: non vi abbandonerà per il resto della prima facciata e per l'intera seconda. Avete appena utilizzato il vostro "Brainticket" diviso in Part 1 e Part 2. Aggrappatevi alle cuffie e ogni sorta di rumore quotidiano entrerà nella vostra testa: martelli pneumatici, gargarismi, sveglie impazzite, risate infernali, scrosci di pioggia acida, vetri frantumati, denti spazzolati, l'orgasmo psichedelico di Dawn che chiede di essere posseduta, treni che sferragliano sui binari di stazioni deserte, echi di una rivolta domata con le raffiche di mitragliatrice, la colata bollente di un impianto siderurgico, scimme urlatrici della foresta amazzonica, la nona di Beethoven, linee telegrafiche impazzite ..." Buon ascolto.

domenica 9 novembre 2008

La terra dei cachi

Il ministro robot della Cortellesi
"Di sicuro non è un essere umano. Dovremmo chiamare i professori di chimica per sapere cos'è."
Andrea Camilleri a proposito del ministro Gelmini


Ma era solo una battuta! Un po' pesante, ma una battuta. Pare che adesso vada di moda così. Anche lo scherzetto suggerito da Cossiga alla polizia per i manifestanti non era mica tanto leggero. Per non parlare della forata planetaria di sua maestà silvio. Sarà l'età che avanza!
Per descrivere l'Italia odierna, mi ritorna ahimé in mente La terra dei cachi. La canzonetta di Elio e le storie tese non è mai suonata così attuale come in questo periodo, anche se da quel Sanremo sono già passati 12 anni.

venerdì 7 novembre 2008

COVER vs ORIGINAL, meglio l'originale o la cover?

Fare una cover è un'arte oltre ed una prova in cui prima o poi qualsiasi musicista o cantante si cimenta. Molti musicisti di livello creativo medio tendente al basso come me vivono di cover: è il modo in ci si può divertire strimpellando tra le mura domestiche. A onor del vero devo dire che quando suonavo nel mio gruppo abbiamo eseguito solo una volta una cover dal vivo (Psyco Killer dei Talking Heads) per il resto tutti brani fatti in casa. Per fare una cover un musicista ha tre possibilità:
1° rifare il pezzo arrangiandolo e reintepretandolo in modo del tutto diverso e originale;
2° contando sulle proprie doti, rifare il pezzo alla stessa maniera ma meglio;
3° rifare il pezzo facendo rivoltare nella tomba l'autore originale (nel caso non sia più tra noi) e comunque peggiorandolo. A volte vi sono stati brani mediocri sorti a nuova vita o trasformati da ranocchio in principe grazie alle virtù e all'intuizione di qualche artista. E' il caso di Oops, I did it again, brano che lanciò al successo l'ex fidanzatina d'America (poi uscita di senno) Britney Spears. In questo video live del 2003, Richard Thompson, ex chitarrista del gruppo folk-rock Fairport Convention, riesce a sfottere e al tempo stesso trasformare una banale canzonetta, divertendosi e facendo divertire il pubblico.
C'è qualche cover migliore dell'originale? Lo vedremo nei futuri posts. Lo spunto mi è venuto dal sito cover vs original dove c'è un contest, corredato di percentuali e classifiche, con decine di brani su cui si può votare scegliendo l'originale o la cover.

mercoledì 5 novembre 2008

I hope for a better future

We are here because we love this country too much to let the next four years look like the last eight.
Siamo qui perché amiamo troppo questo paese per permettere che i prossimi quattro anni siano come gli ultimi otto.

lunedì 3 novembre 2008

La frase: Gianni Rodari 1920 - 1980

"Nel paese della bugia, la verità è una malattia."
Temo che questa frase cominci a rappresentare la situazione del nostro Paese. Chissà cosa direbbe il grande G.R. di questa Italia e della situazione delle giovani generazioni se fosse ancora al mondo. Lui che con le sue favole e le sue invenzioni ha tenuto viva l'immaginazione e l'intelligenza di milioni di bambini ed adulti. L'Italia si sta impoverendo non solo economicamente, ma anche culturalmente. Nella nostra società ci mancano menti come Gianni Rodari, ma anche intellettuali come Pasolini o Flaiano, in grado di scuotere la coscienza civile del paese. Comunque non voglio essere troppo cupo, già la giornata è grigia. Mi piace ricordare un paio di persone che si espongono pubblicamente e dimostrano coraggio e amore per la verità. Roberto Saviano che rischia la pelle tutti i giorni per ciò che ha scritto; poi Marco Travaglio e Curzio Maltese che con il loro lavoro dimostrano cosa si debba intendere per "informazione". Ci sono altri? Si accettano nomi.
"...Il tiranno fece arrestare Giacomo di cristallo e ordinò di gettarlo nella più buia prigione. Ma allora successe una cosa straordinaria. I muri della cella in cui Giacomo era stato rinchiuso diventarono trasparenti, e dopo di loro anche i muri del carcere, e infine anche le mura esterne. La gente che passava accanto alla prigione vedeva Giacomo seduto sul suo sgabello, come se anche la prigione fosse di cristallo, e continuava a leggere i suoi pensieri.
Di notte la prigione spandeva intorno una grande luce e il tiranno nel suo palazzo faceva tirare tutte le tende per non vederla, ma non riusciva ugualmente a dormire. Giacomo di cristallo, anche in catene, era più forte di lui, perché la verità è più forte di qualsiasi cosa, più luminosa del giorno, più terribile di un uragano.
"
tratto dal racconto "Giacomo di Cristallo" di Gianni Rodari

sabato 1 novembre 2008

Visioni: Control - Anton Corbijn 2007

Ian Curtis con la figlia Natalie oggi trentenne.
Finalmente domenica sono riuscito a vedere il fim sulla vita Ian Curtis, il leader dei Joy Division morto suicida il 18 maggio del 1980 alla vigilia del tour americano del gruppo. Mi sono (solo in parte) spogliato dall'entusiasmo dell'ex fan che in quegli anni ascoltava e suonava quella musica, per un approccio più neutro, trattandosi appunto di un film e non un di un concerto o di un documentario celebrativo.
I pregi: Primo fra tutti una fotografia splendida, un bianco e nero magistrale che dimostra tutta la bravura di Corbijn, al suo primo lungometraggio, ma navigato fotografo e regista di videoclips per U2, Depeche Mode, REM e così via. Altra nota di merito la recitazione di altissimo livello di Sam Riley che offre una prova convincente a tutti i livelli. La danza epilettica sul palco è praticamente identica a quella del video originale della BBC. La colonna sonora è fantastica: oltre all'ovvio utilizzo dei pezzi dei Joy Division e New Order, abbiamo Bowie (Drive in Saturday, The Jean Genie, Werszawa), Velvet Underground (What’s goes on), Kraftwerk (Autobahn), Iggy Pop (Sister Midnight).
Le critiche: Come si poteva intuire Control non è un film musicale nel senso classico del termine, l'ha dichiarato anche il regista. Ian Curtis ed anche i Joy Division erano distanti anni luce dal prototipo della rock star; inoltre la sceneggiatura, tratta dal libro della moglie, giustamente pone l'accento sulla figurata tormentata e sofferente del cantante. Tuttavia a mio avviso si è persa l'occasione di descrivere parallelamente alla vicenda personale, un periodo, quello della nascita della new wave e del dark agli inizi degli anni '80 in Inghilterra, che ancora non è stato raccontato al cinema. Una fase di entusiasmo, di novità e di estrema creatività per la musica, con la nascita delle etichette indipendenti e di una marea di gruppi e musicisti che hanno lasciato un marchio indelebile.
Note finali:Nel complesso un buon film che riesce nell'intento di raccontare la biografia di Ian Curtis senza mitizzazioni e a far emergere le peculiarità di una band esteticamente unica nella storia della musica. All'interno della trama, si poteva dare un po' più spazio alla sfondo storico-musicale in cui si svolgono gli eventi, che in diversi snodi paiono procedere un po' lenti e distaccati dalla realtà sociale.
Ridardataria e ridicola come numero di copie e la distribuzione italiana.