domenica 26 febbraio 2017

T2 Trainspotting: la rimpatriata a volte è meglio evitarla


In realtà non mi aspettavo chissà che cosa: difficile passare oltre al peso di un'opera di culto che è entrata nell'immaginario fotografando in maniera sporca e indelebile gli anni '90. Anche stavolta viene rappresentata una sorta di decadenza forzata in un Edimburgo che però appare soleggiata (con le hostess finto scozzesi che distribuiscono depliant all'uscita dell'aeroporto) lontana da quella livida narrata vent'anni fa. La scelta di fondo non è di per sé negativa; purtroppo ad apparire distanti sono l'ispirazione e soprattutto l'aderenza alla realtà di personaggi che ci si è sforzati di immaginare in età matura con il rischio della caduta nel macchiettistico, sempre dietro l'angolo. Non mancano il sarcasmo tagliente delle origini più un paio di sequenze cult e anche per questo una visione se la merita.
Straordinario come sempre il talento stilistico di Danny Boyle: una cornice estetica notevole che però riesce con fatica a colmare la mancanza di soluzioni convincenti nella trama e nelle situazioni: ad esempio Franco/Robert Carlyle che evade di galera e se ne sta tranquillo a casa con moglie e figlio. 
La colonna sonora svolge un ottimo lavoro, sia nei brani nuovi, sia nel lavoro di raccordo con il primo film attraverso il recupero dei pezzi storici portanti (Lust for Life stavolta nella versione dei Prodigy). 
Alla fine, tra il malinconico e il divertito, si vuole bene a tutti e quattro i personaggi, come a quei vecchi amici ormai distanti che non frequentiamo più perché le scelte di vita ci hanno allontanato e di cui non sentiamo la mancanza. La rimpatriata sarebbe meglio evitarla, specie quando non c'è un granché da raccontarsi, poi alla fine si fa lo stesso; un po' come il film, che non è così indegno come si è anche letto in giro, ma semplicemente non aggiunge niente e racconta troppo poco dei nostri tempi. Peccato!




LEGENDA VOTI
@ una cagata pazzesca
@½ pessimo
@@ trascurabile
@@½ passabile
@@@ buono
@@@½ da vedere
@@@@ da non perdere
@@@@½ cult
@@@@@ capolavoro

mercoledì 22 febbraio 2017

Ciofeche e must see al cinema

Il 2017 al cinema è iniziato alla grande. Per me solo in questi primi due mesi, la qualità di ciò che si è visto ha già superato l'anno scorso. Tre film del livello di La La Land, Arrival e Manchester by the sea io non me li ricordo. L'unico forse Frantz di François Ozon.
A fianco di opere che ti fanno riconciliare con la settima arte, qualche volta ci facciamo ahimé tentare da quelle che il buon Lucio definiva innocenti (in questo caso indecenti) evasioni... Ed ecco che ieri sera, per riequilibrare la bilancia, ci siamo fatti intortare dal penoso e confuso Assassin's Creed, mentre qualche giorno fa da una commedia uscita a fine 2016 che si pensava innocua (e magari in grado di strappare qualche sorriso) intitolata Masterminds - I geni della truffa: una schifezza micidiale con Owen Wilson e Zach Galifianakis al minimo storico.
Un'altra cagata annunciata è molto probabile che sia Beata Ignoranza, ma questa ce la risparmieremo: lo sguardo tra l'imbarazzato e l'ironico di Giallini di fronte a un Fabio Fazio come al solito servilmente entusiasta, era tutto un programma. 
Questo weekend si punta su Jackie di Pablo Larraín di cui, a parte Neruda, ho visto tutti i film e T2.

domenica 19 febbraio 2017

Manchester by the sea


Lee Chandler è un tuttofare che vive alla periferia di Boston: scorbutico e scontroso, ma sempre efficiente sul lavoro. Un improvviso lutto familiare lo costringe a tornare nel Massachusetts, nella fredda cittadina di mare dove è cresciuto in modo scapestrato.

Struttura narrativa esemplare, dove tutto si svela (dolore compreso) con ritmo calcolato secondo le dinamiche interiori di uno straordinario Casey Affleck, perfetto nel ruolo dell'anti-eroe.
Kenneth Lonergan (regista che non conoscevo) si dimostra onesto fino in fondo: storie sulla perdita come questa non possono approdare a un lieto fine, ma solo raccontare in modo autentico la vita che scorre e va avanti, nonostante tutto. Chi ha scritto o stampato sulla locandina capolavoro comunque ha un po' esagerato: si tratta di un ottimo film, anche per la capacità di alternare il registro drammatico con quello più leggero, grazie alla presenza del nipote sedicenne affamato di vita. In ogni caso un racconto convenzionale col difetto (l'unico) di una colonna sonora a tratti invadente nel suo essere ostentatamente melodrammatica. La corsa con La La Land, dal mio punto di vista è persa, ma non per questo vanno sminuite le qualità di Manchester by the sea che resta un film da podio tra quelli finora usciti nel 2017.




LEGENDA VOTI

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giovedì 16 febbraio 2017

Julie's Haircut in un'altra dimensione

Ipnotici, circolari, psichedelici e soprattutto curiosi di spaziare ed esplorare, senza ansie da prestazione o singoli da lanciare. In Italia pochi hanno il coraggio di spingersi così avanti. Pur partendo da presupposti molto diversi, uno spirito (che non so bene come) sento vicino a quel flusso creativo di libertà musicale che mi ha fatto amare un collettivo di culto come i Gong (la band a cui si deve il titolo di questo blog). 
Il rock del levare, come ho letto in una felice definizione. «Non scriviamo più le canzoni, le troviamo nei suoni e le rifiniamo» Un metodo molto simile a quello che veniva utilizzato da Damo Suzuki dei Can, che non a caso ha collaborato più volte con Jiulie's Haircut.
Più che di canzoni si può parlare di visioni che partendo da una trama elementare si evolvono in vere e proprie session, impreziosite dall'apporto non convenzionale del sax della bolognese Laura Agnusdei. In questi anni di assuefazione alle solite hit radiofoniche che vengono propinate in ogni dove, di talent fast food e finti indie italiani precotti, un'oasi di resistenza che intende ancora la musica come ricerca dove rifugiarsi (non dico tutti i giorni) quando i rumori di fondo diventano insopportabili.
Da una settimana sulla teiera volante, la band emiliana accompagna i momenti di relax. Pubblicato per l'etichetta inglese Rocket Recordings, è in uscita il settimo album Invocation and Ritual Dance of My Demon Twin qui in streaming integrale.
L'intervista nel blog dell'Alligatore. 

lunedì 13 febbraio 2017

A day in the life

Cinquant'anni fa, tra gennaio e febbraio del 1967 negli studi di Abbey Road, i Beatles composero il capolavoro che chiude Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band.
Nell'arco degli anni ci sono state diverse canzoni dei Fab Four che ho amato, ma questa è quella che sceglierei definitivamente. C'è la melodia senza un vero ritornello, la sperimentazione, un testo enigmatico e per la prima volta un'orchestra di 41 elementi. Fu Paul a insistere con George Martin per inserire la parte orchestrale nonostante le resistenze della Emi. La mia immaginazione si era infiammata: un'orchestra sinfonica!  Capii subito che il risultato sarebbe stato magnifico. 

Il quinto Beatles si mise al lavoro e scrisse una partitura che consegnò ai musicisti con una raccomandazione, come racconta lo stesso Martin nel suo libro L'estate di Sgt. Pepper:
Voglio che ognuno vada per conto proprio e ignori tutto ciò che gli succede accanto; badate soltanto al vostro suono. Risero: metà di loro pensò che eravamo completamente pazzi e l'altra metà che la situazione era uno spasso.
La registrazione fu un vero e proprio happening con la presenza in studio di amici e musicisti come Mick Jagger, Marianne Faithfull, Brian Jones e Graham Nash. 
Il risultato fu questa meraviglia, con un finale che (come il brano) è entrato nella storia della musica per il potentissimo accordo in Mi maggiore eseguito su tre pianoforti che spezza il crescendo infernale dell'orchestra.
Una sola canzone dei Beatles da portare in un'altra vita: quale scegliereste?

sabato 11 febbraio 2017

Smetto quando voglio - Masterclass

Secondo episodio di quella che è diventata una trilogia. Nei primi venti minuti ho temuto il peggio: la sensazione era che si tendesse a campare di rendita; in più gli innesti dei nuovi personaggi, Greta Scarano a parte, non hanno del tutto convinto. Alla fine si apprezza perché tutto sommato l'impianto regge (seppur con qualche piccolo scricchiolio) regalando due ore di sano intrattenimento/divertimento, con l'aggiunta di qualche gag irresistibile. Una via di mezzo tra commedia e film d'azione che per lo standard medio italiano è più che meritevole. Merito a Sydney Sibilia (com'è successo anche a Gabriele Mainetti con Jeeg Robot) per aver creato qualcosa che prima non c'era.



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mercoledì 8 febbraio 2017

Tinariwen - Elwan: c'era una volta il desert blues

C'era una volta il Festival au Desert, un evento che dava vita a progetti meravigliosi come Dirtmusic, con la musica a fare da ponte tra due mondi che purtroppo hanno smarrito la via del dialogo. Dopo quello che è successo negli ultimi anni, ascoltare quello che fu felicemente battezzato desert blues, crea un effetto straniante.
I Tinariwen però resistono: il blues ce l'hanno nel dna come i Touareg che ho conosciuto e con cui ho avuto la fortuna di suonare. Dopo domani uscirà il secondo album dal loro esilio in California, dove ormai sono stati adottati con lo scoppio della guerra civile in Mali. Stavolta hanno collaborato Kurt Vile, Mark Lanegan e altri. Elwan (Elefanti) è il titolo del disco.

domenica 5 febbraio 2017

Le emozioni e le citazioni di La La Land

L'ha intuito perfino la mia sconosciuta vicina di sedia. Ha passato quasi tutto il primo tempo a smanettare con il cellulare e durante la pausa ha ammesso candidamente con le amiche: Ne ho visto poco, però ho capito che mi piace. E dire che avevamo aspettato una settimana per evitare la ressa al cinema.

Dopo le dettagliate disquisizioni su cosa sia oggi il jazz; se si tratta o no di un musical con tutti i crismi e via dicendo, cosa aggiungere ancora su un film del quale si è letto e detto di tutto e di più? Pochissimo, se non che Damien Chazelle è un fuoriclasse: è giovanissimo e chissà cosa ci regalerà in futuro. Ieri ci siamo lasciati emozionare e trasportare come i due protagonisti, quando volano senza gravità nella scena dell'osservatorio. Per chi ancora non l'avesse visto: approcciatevi senza troppi filtri; non per sospendere il giudizio, ma per goderne a pieno. Io avrei già voglia di rivederlo e risentire quel giro di piano che entra sotto pelle. E il finale struggente? Indimenticabile!
Nel video in due minuti le citazioni che attraversano la storia del cinema che un utente di Vimeo si è divertito a scovare.

voto


giovedì 2 febbraio 2017

Hell or High Water

Qualunque cosa accada oppure A tutti i costi è un film d'altri tempi (inteso positivamente).
Film di rapine e di fuga con Jeff Bridges ancora una volta in un'interpretazione memorabile a supporto di due convincenti protagonisti: Chris Pine e Ben Foster. Storia di sopravvivenza di due fratelli che decidono di sanare i loro debiti a suon di rapine tra le soffocanti praterie del Texas più rurale.
David Mackenzie racconta una frontiera sempre più desolata, dove le banche approfittano della crisi razziando i terreni di agricoltori e allevatori. Una commistione felicemente riuscita tra western moderno, road movie e Buddy film. Il livello è alto. Il tutto impreziosito dalla colonna sonora di Nick Cave e Warren Ellis. Tanto per cambiare, un altro ottimo film senza distribuzione in Italia, nonostante la candidatura all'Oscar. Per ora solo su Netflix.





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