Con lui ci sono cresciuto e mi sono piagato i polpastrelli imparando a suonare
La guerra di Piero e
La ballata dell'amore cieco. Nell'oceano dei ricordi e dei pensieri che in tanti giustamente si sentono di esprimere, voglio riproporre un post di agosto quando il blog era ancora in fasce della serie
album vissuti. E' il racconto di un viaggio che ebbe Faber come colonna sonora. Per quanto mi riguarda è il modo migliore di ricordarlo, con un episodio di vita vissuta, incorniciato dalla sua musica.
Agosto 1978: mi ero già diplomato e non avevo ancora compiuto 18 anni; dopo una snervante attesa per ottenere i passaporti, si parte per la Spagna con la Prinz dei genitori di Giampaolo. L’unico problema logistico consisteva nel fatto che eravamo in sei: cinque ragazzi e una ragazza. La soluzione fu molto semplice quanto impegnativa: a parte Giampaaolo, unico patentato del gruppo, tutti gli altri, a turno e a coppie, avrebbero viaggiato in autostop raggiungendo la stazione della città decisa come punto di ritrovo.
Non all'amore, non al denaro, né al cielo, fu la colonna sonora di quel viaggio, che ci portò a vagabondare da Figueras, città natale di Salvador Dalì, fino a Barcellona e infine sulla costa atlantica nei paesi baschi in una Spagna da poco uscita dalla dittatura di Franco che come noi cominciava a gustare il sapore della libertà. Liberamente tratto dall'antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters, è uno degli album di Fabrizio che preferisco: un'opera geniale e poetica che ogni tanto amo riascoltare e suonare. Il viaggio andò benissimo; a Ondarroa, un paese affacciato sull'Atlantico vicino a San Sebastian, grazie alle chitarre, conoscemmo con un gruppo di ragazze basche vicine di tenda: erano belle, biondissime e disponibili, ma dove eravamo in Svezia? Quando fu ora di tornare a casa avrei manomesso la Prinz pur di ritardare la partenza. Non ci perdemmo mai e tutti gli appuntamenti furono rispettati, con il solo inconveniente che chi viaggiava in auto doveva sempre aspettare la coppia che viaggiava con il pollice, a volte anche una mezza giornata.
Al ritorno si offrirono in due (ragazzo e ragazza) di sobbarcarsi in autostop tutto il viaggio di ritorno. Ebbero un colpo di fortuna incredibile: ci raccontarono che poco dopo esserci salutati si fermò per dare loro un passaggio un tedesco con una Mercedes che non solo doveva andare in Italia, ma era diretto a Rimini e praticamente era obbligato a passare dalle nostre parti. Quando noi con la Prinz arrivammo a casa stanchissimi dopo non so quante ore di viaggio, loro avevano già passato la notte a casa e ci aspettavano freschi, e riposati davanti al bar con un sorrisino beffardo sulle labbra.