martedì 3 gennaio 2012

Saturazione del paesaggio musicale

Interessante concetto utilizzato da Reynolds nel suo ultimo libro, Retromania, per dare una spiegazione al fatto che in campo musicale da un decennio circa non emergano più eclatanti novità, idee o movimenti non derivativi.
La maggioranza degli stili e delle sottoculture nati nel corso della storia esiste ancora. Dal dark al drum'n'bass, dal metal alla trance, dalla house all'industrial, i generi sono diventati pietanze fisse che ogni anno arruolano nuove reclute. Sembra che nulla appassisca e muoia più, e questo intralcia l'emergere delle novità. (pag 412)
Il paragone va ai decenni passati che a partire dagli anni '60 hanno portato l'avvento di nuovi sound e sottoculture accettati come novità anche da chi li detesta, mentre attualmente la spinta innovativa sembra più legata agli aspetti tecnici e tecnologici della musica che a quelli sostanziali.

Discorso complesso, ma affascinante quello affrontato nell'ultima parte del libro, dove l'autore analizza gli sviluppi più recenti e le prospettive della musica soprattutto alla luce della rivoluzione di internet e youtube.
Poiché la storia della musica ci viene offerta come un banchetto atemporale di suoni di ogni epoca accessibili al pari della musica attuale, il tasso di passato nel presente è aumentato drasticamente. (pag.427)
Mentre il passato non è più "perduto" grazie all'accesso totale della digicultura, il futuro (e con esso il futurismo e la futuristicità) non ha più la carica di un tempo. (pag.428)

L'inizio della fine della musica? Siamo veramente giunti in una fase sterile in cui si sono esaurite le possibilità di creare nuovi modelli anche combinando le cose del passato?
La fine della musica intesa come fruizione per come si è caratterizzata negli ultimi 50 anni è ormai un dato di fatto; mentre per quanto riguarda l'aspetto creativo/compositivo siamo al domandone al quale nessuno è in grado di rispondere. Se il futuro musicale riserverà ancora scossoni e sostanziali novità io credo che potrebbero essere legati a due concetti-chiave strettamente connessi tra loro: contaminazione e declino dell'eurocentrismo. Il primo è sempre stato uno dei principali carburanti della musica; strano che Reynolds non ne faccia mai menzione, almeno che non ritenga che questa possibilità, con l'avvento della globalizzazione, sia anch'essa ormai compressa dall'omologazione e dall'uniformità dei modelli culturali che appiattiscono sempre di più le diversità; ma io non credo.
Il secondo concetto è un cambio di prospettiva (già in atto) dovuto alla decadenza di buona parte dell'occidente, che insieme al combustibile economico pare stia esaurendo anche quello creativo a vantaggio di paesi emergenti dove magari si svilupperanno nuove ondate musicali in un futuro vicino o lontano.

31 commenti:

  1. libro interessantissimo e condivisibile sotto tanti aspetti..è sotto gli occhi di tutti questo amplificarsi della nostalgia,e questa mancanza di spinta..le tue risposte..sulla contaminazione sono indeciso,nel senso che la penso come te, ma penso anche che il rischio di omologazione sia molto forte..totalmente d'accordo sulla fine dell'eurocentrismo..le novità si troveranno altrove..qua al massimo possiamo aspettarci qualche cofanetto deluxe con le scoregge di che ne so il boss a 875 euro..d'altronde,l'eurocentrismo è finito in ogni campo..culturale,finanziario,economico...

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  2. Il libro non l'ho ancora letto, aspetto che arrivi in biblioteca.
    Però se la tesi è quella solita della fine della musica, come sembra dalle frasi che riporti, allora non posso che essere in disaccordo.
    Perchè purtroppo anche Reynolds va per i 50, e la sua è la classica posizione che assumono da sempre tutti i cinquantenni del mondo: quando eravamo giovani sì che.
    E invece no, come dimostra la storia.
    Era già stato detto tutto negli anni '40, e poi è arrivato Elvis.
    Era già stato detto tutto negli anni '50, e poi sono arrivati i Beatles.
    Era già stato detto tutto negli anni '60, e poi è arrivato il punk.
    etc.

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  3. Discorso complesso che, come dice bene brazz, riguarda non solo la musica. Che qualcosa di nuovo verrà dal sud del mondo è facile e auspicabile: molte svolte artistiche sono venute dalla contaminazione.

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  4. Argomento ultra-affascinante, davvero :)

    Premetto che il libro non l'ho ancora letto, però dando un'occhiata alle citazioni ce n'è una particolarmente interessante: "sembra che nulla appassisca e muoia più, e questo intralcia l'emergere delle novità". Da un certo punto di vista la trovo condivisibilissima: l'avvento della 'digicultura' ha creato una sorta di eterno presente, in cui tutto è reperibile in un batter d'occhio, azzerando o riducendo la percezione del tempo e la profondità storica, facendo collassare la memoria del passato e la spinta verso il futuro. Però mi sembra anche un po' ingenuo, forse, pensare che per creare del nuovo sia necessario svincolarsi in toto dai generi precedenti e da ciò che c'era prima. Nulla si crea e nulla si distrugge, ma si trasforma ;)

    Condivido anch'io, Lucien, il tuo discorso sul declino dell'eurocentrismo. Ma proprio con il cuore ;)

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  5. premetto che ho solo letto dei brani qua e là,pe cui...però,alle,mi sembra che la tesi del nostro vada oltr il solito refren(oddio come si scrive?..non è il "si stava meglio quando si stava peggio di turno)..anzi,lo vedrei in chiave diametralmente opposta..mi pare che lamentandosi di questo effetto nostalgia innegabilmente amplificato dalla tecnologia, dl fatto di poter scaricare la discografia dei can,tanto x dire,in 5 minuti,l'autore ci voglia solo dire che tanta,troppa gente si perde nei ricordi,e non cerca più le novità(che invece ci sono)..ma scusa,non ne abbiamo la riprova anche noi quotidianamente sui vari blog?persone che beatificano i vinili, o le ristampe delle ristampe con mezzo inedito..o che aspettano con ansia l'ultimo di tom petty o chi x lui?come se avesero ancora cose da dire?quindi non mi pare che il libro(per quel poco che ho letto,ripeto,)vada visto con la logica che ci hai intravisto tu..premesso che dopo averlo letto magari cambierò idea..

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  6. Non è la solita tesi sul passato che è migliore del presente.
    Diciamo che solo parzialmente emerge anche questo aspetto, ma Reynolds è molto cosciente del rischio.
    ("Ogni generazione invecchiando vorrà vedere la propria gioventù musicale trasformata in mito e monumento" scrive nelle prime pagine).

    La sua è un'argomentazione molto più complessa e per quanto possibile oggettiva che è molto complicato riassumere e che parte da un'analisi storica del fenomeno del revivalismo in tutte le epoche.

    In conclusione rileva che nel nostro presente digitale, fatto di downloading, istantaneità e pagine in continuo aggiornamento (una combinazione paradossale di rapidità e immobilità) ci siano tante nuove proposte musicali connotate da un'evidente ed irrequieta intelligenza, ma manchi "la sensazione della novità assoluta, l'agognato: non ho sentito mai nulla di simile.

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  7. E' vero quello che dici, cerchiamo linfa vitale nella cultura e nella storia di altri paesi che non siano americaeuropa,che musicalmente hanno detto tanto, non tutto..
    Contaminazione con moderazione (giusto, brazz) perchè non si perdano connotati storici e culturali dei componenti la contaminazione..
    Inoltre penso che togliendo
    la musica dall'ansia delle esigenze di mercato qualcosa di interessante da dire ce l'abbia sempre...

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  8. brazzz e Lucien: ok, allora aspetto di aver letto il libro, se la tesi non è quella che mi sembrava di aver capito dal post tanto meglio :)

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  9. è vero,il discorso è complesso, ma è un discorso che secondo me si fa solo chi ha vissuto quelle decadi, musicalmente così nette e importanti. i fruitori di oggi che scoprono la novità, la comprano su i-tunes e la caricano sul lettore mp3. fine. e questo vale anche per l'affermazione "Ogni generazione invecchiando vorrà vedere la propria gioventù musicale trasformata in mito e monumento", la condivido, io. all'attuale "gioventù" non credo che tra in tarda età se ne faranno una "malattia". che poi, e voglio dare un altro punto di vista al discorso, a quali band o cantautori dell'attuale panorama dovrebbero farne un monumento?

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  10. dibattito interessante... sarà bene che legga il libro!

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  11. Avevo letto,non ricordo dove,una lunga recensione sul libro di Reynolds e sapevo di queste teorie,che me ti trovano in parte d'accordo,con i correttivi da te suggeriti.Di solito, paragono la musica all'arte del cucinare.Difficle inventare qualcosa ( ultimamente lo ha fatto Adrià a Barcellona ),perchè gli ingredienti sono sempre gli stessi.Occorre quindi trovare nuove spezie;diversamente, il bravo cuoco è colui che usa bene quelle che sono già conosciute.Non vedo molte alternative.

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  12. Sono completamente d'accordo con Allelimmo,la vecchiaia rockettara è una brutta bestia e quando capita ad uno come Reynolds sono cazzi. Ci fa un tomo di qualche centinaia di pagine dove elabora teorie svela complotti cerca spiegazioni e giustificazioni di ogni tipo. D'altronde, e noi post quarantenni lo sappiamo, la nostalgia del new waver è tra le peggiori.
    Comunque non vedo l'ora di comprare questo benedetto libro, Reynolds ha bisogno di noi.

    gianf

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  13. Non ho letto il libro, posso dare ragione a Reynolds quando dice che in quest'era digitale e di ascolto compulsivo è difficile avere la "sensazione della novità assoluta". Aggiungo che se in futuro tutta la musica passerà dagli mp3 e basta, vedo molto difficile tramandare ai posteri anche la più eclatante novità. Per posteri intendo un tempo che al massimo va da qui a cinque anni, ma anche meno. Non è che anche grazie ai formati su cui è stata riprodotta la musica, vinili, cd, nastri, siano stati un fattore decisivo per imprimere nella memoria gli artisti del passato? E l'artwork delle copertine? Non pensate che anche quelle siano stati una cosa per la quale quei tempi siano rimasti nella memoria collettiva dell'appassionato di musica?
    Badate bene, non dico che allora era meglio, ma è una constatazione alla luce di quello che la musica rappresenta per le nuove generazioni: un niente o poco più, fatto di suonerie per cellulari e canzoni scaricate compulsivamente. Del resto è difficile mitizzare una sequenza di numeri.
    In ultimo, spiegatemi perché chi giovane e veramente appassionato di musica preferisce andarsi a cercare i cd e pure i vinili. Nostalgia di un passato che non hanno vissuto, oppure più semplicemente voglia di avere della musica che "rimane", bella o brutta che sia?

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  14. A costo di farmi male:

    - le culture africane ed asiatiche non porteranno un cazzo. Sono troppo giovani e monolitiche. Non hanno nulla a che fare con la radice del suono che conosciamo. Sono autoreferenziali e per avere senso compiuto ai ns. orecchi devono contaminarsi pesantemente a loro scapito.

    - Elementi di novità possono arrivare da rielaborazioni concettuali del morente mondo occidentale; segnatamente da chi andrà ad attingere dal patrimonio classico contemporaneo, quindi (es.) Feldman, Scelsi, Ligeti, Pendereki ma anche (ci vado largo) Weill oppure da certi filoni derivanti dal jazz (Steve Lacy è il primo che mi viene a mente). L'altro è il patrimonio industrial. Il resto sono seghe, e neanche delle migliori. Ovviamente il tutto avendo come fondamenta le due radici fondamentali dei nostri orecchi occidentali, il blues e la musica popolare abbreviata o meno.
    Io sono convinto che succederà.


    C'era uno che era arrivato a ciò anni & anni fa: Frank Zappa.

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  15. sassicaia
    intervento molto ma molto interessante...potrebbe esserci molto di vero in quel che dici,specie,tutto sommato,su quanto dovrebbero contaminarsi le musiche africane per poterle noi ricevere..che è,con altri termini,quel che divevo sia io che lucien...sulle rielaborazioni concettuali...non so, è possibile,ma già riesco meno a vedere la cosa...
    harmo..se le cerca perchè,come tanti,equivoca ...pensi davvero che il mezzo sia importante?io,cresciuto a vinili,penso proprio di no...

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  16. @brazz
    è importante, si. la musica rock o come la vogliamo chiamare, ma non solo quella, non si può disgiungere da tutto quello che le gira intorno. il mezzo è comunque importante, ieri il vinile ed il cd, oggi l'ipod. Il problema sta tutto in ciò che vogliamo portare con noi. Come le fotografie; una volta usava stamparle, oggi molti non lo fanno più, con il risultato di intasare i computer di immagini e con il rischio di perderle per sempre. Una foto di 100 anni fa' la puoi sempre ristampare, come un vinile od un cd l'avrai e farà sempre parte di te e parlerà di te. La musica non è soltanto, e per fortuna, un fatto di note su di un pentagramma.

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  17. per cui,che ne so i beatles,se fossero nati nell'epoca dell'mp3,non sarebero i beatles?se ne sarebbe perso il ricordo?non credo...il mezzo al massimo è qualcosa a cui ci possiamo o meno legare affettivamente..la fotografia è una forma d'arte,non solo un mezzo..

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  18. Sono abbastanza d'accordo con Sassicaia.
    Il punto è che la musica "africana" o quella "indiana", per generalizzare, esiste da millenni e, nelle forme più "moderne", da decenni.
    A noi giungono come novità o nuova linfa vitale (allo stesso modo in cui alla fine dei 60's arrivo' il sitar nel pop) ma in realtà è solo un tocco di gusto "esotico" per ridipingere un pop/rock morto e stantìo.

    Il "rock" o "musica pop" intesa come quella che va da Elvis ad oggi ha già abbondantemente espresso la sua creatività.
    E' un monolite che si ripete in continuazione, tentando talvolta disperatamente di trovare una via di uscita ma non riuscendoci ormai più.

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  19. Un po' di cronologia:
    35.000 a.c. - primo strumento musicale conosciuto
    1878 - fonografo di Edison a cilindri di stagnola
    1880 - introduzione del cilindro di cera
    1887 - grammofono e disco
    1925 - disco a 78 giri
    1948 - disco in vinile
    1982 - cd
    1997 - mp3
    2001 - ipod

    Ovvero: la musica esiste, più o meno, da 37.000 anni.
    E' possibile registrarla da, più o meno, 130 anni
    I dischi in vinile esistono da, più o meno, 60 anni.
    L'importanza del mezzo rispetto al contenuto, boh, vedete un po' voi.

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  20. Certe volte penso che John Cage, fermo davanti al suo pianoforte,aveva anticipato tutto..Ascolteremo con gioia mp3 di silenzio.

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  21. L'importanza del contenuto sul mezzo è indiscutibile. L'unica cosa che rimpiango sono le copertine dei vinili (alle quali peraltro ho dedicato un cinquantina di post)a volte vere e proprie opere d'arte che davano a certa musica ancora più fascino.

    Devo ammettere che a volte la volatilità del digitale mi mette angoscia, specie da quando un paio d'anni fa mi morì l'hard disk con la conseguente perdita di molte foto che non avevo ancora salvato più 300 album (ma quelli si recuperano sempre).
    Da allora ho iniziato a salvare ossessivamente, nonchè a ristampare le foto.

    Riguardo la contaminazione è un processo lento ma continuo: l'esempio Dirt Music mi sembra emblematico (flok-blues + tuareg blues). Visti dal vivo nel 2010 con grande divertimento.

    it.wikipedia.org/wiki/Dirtmusic

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  22. ma è così poi fondamentale che la nuova musica che viene da africa o asia si modlli con NOI(intesi come vecchio mondo)e col nostro gusto?..voglio dire..se l'eurocentrismo è finito, se la vecchia europa non conta più un cazzo politicamente e finanziariamente,perchè dovremmo essere l'ago della bilancia sui"fenomeni di costume"? o sula cultura?
    le nuove musiche,i nuovi paesi,piano piano ci integreranno,e pace per chi resta indietro pensando che il buon vecchio rock sia un vecchio cretino che suda con una chitarra riproponendo sempre il suo repertorio di 25000 anni prima..o no?
    riguardo al mezzo..a parte l'aspetto affettivo,a me interessa il contenuto..il resto,in sostanza,è marketing..il vinile viola,la bella copertina,o cose così...

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  23. @ sassicaia molotov: "le culture africane ed asiatiche non porteranno un cazzo. Sono troppo giovani e monolitiche. Non hanno nulla a che fare con la radice del suono che conosciamo. Sono autoreferenziali e per avere senso compiuto ai ns. orecchi devono contaminarsi pesantemente a loro scapito".

    Perdonami, ma questo non è un chiaro esempio di eurocentrismo? Io credo che, fintanto che continueremo a ragionare, sentire, ascoltare e valutare in base ai nostri criteri e alla nostra sensibilità (quel che tu definisci come "senso compiuto alle nostre orecchie"), non possiamo andare molto lontani. E continueremo ad illuderci che sono gli *altri* ad isolarsi nella propria autoreferenzialità (pena la distruzione della propria specificità culturale). Ma ci sono esempi eclatanti in tal senso, a mio modo di vedere. Un Mulatu Astatke che, avendo studiato da giovane negli USA ed essendo sempre stato in contatto con la cultura anglosassone, si mette ad incidere un disco EPOCALE insieme agli Heliocentrics, giusto un paio d'anni fa. O uno come Ebo Taylor, che compie un percorso simile. O, per citare movimenti inversi, un Damon Albarn che nel 2001 incide un disco splendido ed autenticamente 'contaminato' come Mali Music. Come vedi gli esempi ci sono, basta cercarli.

    E condivido in toto il post sopra di brazzz.

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  24. Altri esempi recenti che mi sono venuti in mente:

    - Owiny Sigoma Band
    http://www.guardian.co.uk/music/2011/apr/28/owiny-sigoma-band-review

    - Issa Bagayogo
    http://en.wikipedia.org/wiki/Issa_Bagayogo

    ...

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  25. ...

    - Donso
    http://www.sentireascoltare.com/recensione/7504/donso-donso.html

    ...

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  26. @sigurros82: non lo chiamerei eurocentrismo, non fosse altro che il blues ha radici afroamericane ;)
    Ho chiamato in causa, invece, generi musicali ed espressioni come la musica contemporanea ed il jazz sperimentale perché sono generi che da sempre accompagnano gli ascolti degli appassionati cresciuti dai '60 in poi. Sono già nel nostro ciclo uditivo e sono relativamente inesplorati. Per il caso di Mulatu Atsake potrei dirti che una rondine non fa primavera (disco eccezionale, per carità), d'altra parte circolavano dischi incredibili di King Sunny Adè già 25 anni fa e nessuno se li copriva. Ritagliarsi uno spazio nell'immaginario collettivo non è uno scherzo....

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  27. Aggiungo: eppure l'esempio degli anni '80 fra A certain ratio, Pop Group, 23 skidoo, Rip, rig & panic, ma anche talking heads sembra essersi parecchio annacquato col passare del tempo a meno che non siate fans di !!! (chik chik chik) o Rapture ma in quel caso non vi invidio molto.

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  28. Buon anno Lucien, e grazie per la dritta sul libro, è interessantissimo. Lo prendo di sicuro ;)

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  29. @ sassicaia:
    E' vero, quella pulsione del post punk verso l'afro-funk che a me piaceva da morire, si è annacquata o forse si è esaurita troppo in fretta; era il genere di musica che mi piaceva suonare.
    !!! mi avevano colpito, ma dopo due ascolti mi avevano già stufato: sotto la superficie, ben poco.

    @ Lucy:
    In alcuni passaggi è anche ostico (diventa quasi un saggio sociologico), ma per un appassionato di musica è da non perdere

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  30. Ho letto il libro a sprazzi e bocconi, quindi non sono un'attendibile commentatrice. Questo è solo un mio personale pensiero,non certo dovuto ai soliti 50 anni che sempre asseriscono che prima era meglio... Non è questione di età sicuramente , ne è testimone la durata di infiniti antichi, ma sempre validi personaggi dello star- system musicale. Tutto gioca un po' a sfavore, al" fast food" , mangiato e bevuto in fretta, ma molto deriva dalla mancanza di veri out- siders. Troppo pessimista e non ho capito nulla , sapendo troppo poco? Me lo auguro di cuore....

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  31. @ sassicaia molotov:

    Sul fatto che King Sunny Adé facesse cose straordinarie già 25 anni fa e in pochi se ne fossero accorti mi trovi d'accordissimo....anzi no, sbaglio o Juju Music (1982) uscì per la Island?

    Il disco di Mulatu con gli Heliocentrics ha una spinta 'futurista' che lo rende, a mio modo di vedere, una pietra miliare dell'avant-jazz/funk/ethno di questi anni.

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