Da bambino preferivo Alan Ford a Topolino (quasi mai riuscito a finirne uno); Zagor a Tex e qualche anno dopo il fascino da perdente di Kriminal alla fredda perfezione di Diabolik.
Avrò avuto dodici o tredici anni. Un giorno, guardando la collezione di dischi del padre di un amico, fui colpito da una copertina con una mucca. Incuriosito, chiesi di ascoltare proprio quel disco e all'improvviso mi si aprì un mondo nuovo.
Alle superiori la professoressa spiegava con fervore la poetica del fanciullino di Pascoli, mentre io divoravo le poesie di Rimbaud, Baudelaire e Dino Campana.
Sono cresciuto negli anni '70 in una zona dove il PCI prendeva il 70%, ma non mi sentivo rappresentato da nessuno se non dagli
indiani metropolitani (non certo dagli autonomi violenti e intransigenti).
La prima volta che votai fu per le elezioni europee. Misi la croce sulla rosa rossa del partito radicale. A quei tempi aveva il suo perché: Pannella non si era ancora bevuto il cervello e Capezzone probabilmente frequentava la prima elementare.
L'ultima volta che si è votato, la tentazione di starmene a casa è stata fortissima, ma non l'ho fatto e forse non lo farò mai.
Negli ultimi dieci anni ho contribuito coscientemente ad affossare l'industria musicale che nei precedenti trent'anni mi ha estorto un patrimonio.
Sono coetaneo dei Righeira, ma questa non è stata una mia scelta.
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Indiani metropolitani sotto i portici di Bologna |