sabato 28 febbraio 2009

Guitar heroes #3


Neil Young - L. Goldsmith 1991
(Rolling Stones 100 più grandi chitarristi all time #83)



Lou Reed - H. Diltz 1989 (Rolling Stones #52)


Mark Knopfler (Rolling Stones #27)


Robert Fripp - Notting Hill 1979 (Rolling Stones #42)


Terza puntata in cui ho selezionato quattro chitarristi dai percorsi artistici completamente diversi. Da una parte l'anima del rock rappresentata dal carisma di Lou Reed e dal talento compositivo di Neil Young. Dall'altra la tecnica con la freddezza geometrica e geniale di Fripp (King Crimson) inventore con Brian Eno del Frippertronics, contrapposta al morbido calore dei polpastrelli di Knopfler (fingerstyle), uno che del plettro non sa che farsene. Ho sempre avuto una grande passione per Neil Young, avendo praticamente imparato a suonare la chitarra con Harvest. Forse ho una leggera preferenza per le cose acustiche ma adoro anche due suoi dischi elettrici come On the beach, un capolavoro rivalutato nel tempo e Zuma, che contiene quella splendida canzone che è Cortez the killer, in cui il musicista canadese mostra tutta la sua abilità in un lunghissimo assolo.

giovedì 26 febbraio 2009

Quelli che benpensano

Dal sito di Mauro Biani
Se anche mio padre (settant'anni di tolleranza e in pieno possesso della sue facoltà mentali) comincia ad inveire contro Rom ed extracomunitari e a sostenere che non si sente sicuro ad uscire la sera nel suo tranquillissimo paese, significa che l'operazione lavaggio dei cervelli è giunta a buon punto. Se nella mia scuola è stato picchiato un ragazzino italiano, la cui madre vive in Italia da 22 anni, solo per la pelle un po' scura, significa che i geni dei nostri figli hanno subito una mutazione malefica. A forza di soffiare sul fuoco la maggioranza della gente si è incattivita sul serio, senza rendersi conto che i proclami e gli slogan della casta sono tutto fumo negli occhi e che a questi qua non fotte nulla, perché altrimenti non tenterebbero di fare leggi per bloccare le intercettazioni, quando grazie ad esse sono stati incastrati tanti delinquenti, assassini e stupratori. Si sarebbero preoccupati, visto che hanno governato già tre volte, di fare leggi più dure per tenere in galera più tempo coloro che delinquono compresi gli stranieri che continuano ad arrivare come in tutti i paesi d'Europa.

Aveva visto molto bene ed anche in netto anticipo sui tempi Frankie HI-NRG MC (1997) quando scrisse il testo di questa canzone, forse ancora più attuale ora che undici anni fa. Dall'album La morte dei miracoli uno stralcio del testo di Quelli che benpensano.
...Ognun per sé, Dio per sé,
mani che si stringono tra i banchi delle chiese alla domenica

- mani ipocrite - mani che fan cose che non si raccontano

altrimenti le altre mani chissà cosa pensano - si scandalizzano -

Mani che poi firman petizioni per lo sgombero,
mani lisce come olio di ricino,

mani che brandiscon manganelli, che farciscono gioielli,
che si alzano alle spalle dei
fratelli.
Quelli che la notte non si può girare più,
quelli che vanno a mignotte mentre i figli guardan
la tv
che fanno i boss, che compran Class,
che son sofisticati da chiamare i NAS,
incubi di plastica che vorrebbero dar fuoco ad ogni zingara...

mercoledì 25 febbraio 2009

COVER vs ORIGINAL: Yeah Yeah Yeahs - Sheena is a punk rocker (Ramones 1977)

Nuovo singolo in uscita per il gruppo newyorkese guidato dalla fantastica vocalist Karen O (americana di madre coreana e padre polacco). Titolo: Zero. Il nuovo e terzo album, It's blitz, è previsto in uscita il 13 aprile in UK e il 14 in USA. Nel frattempo il gruppo è stato chiamato a collaborare all'album di cover War child heroes i cui proventi andranno a favore di questa associazione che si occupa dei bambini nelle zona di guerra della Terra. Compriamo questo album, realizzato a favore di una giustissima causa. Il brano scelto per gli Yeah Yeah Yeahs è il classicone punk rock dei Ramones Sheena is a punk rocker: anno 1977. Questa loro versione mi piace. Gli Yeah Yeah Yeahs pur avendo fatto due buoni album secondo me non hanno ancora espresso a pieno le loro potenzialità. Nel 2001 si fecero conoscere come supporter ai concerti dei White Stripes, mostrando un'approccio scarno ed anche coraggioso, perchè spesso basato esclusivamente su voce, chitarra e batteria. Già nel secondo album (Show your bones) si è intravista un'evoluzione interessante che ha visto il loro approccio punk sfumare verso territori più contaminati. Sono passati tre anni, vedremo in questo terzo lavoro dove sono approdati.

lunedì 23 febbraio 2009

L.P. Cover Art: Pink Floyd - Meddle 1971



Uscito il 30 ottobre 1971, è il primo disco dei Pink Floyd che ho conosciuto.

Quando facevo la prima superiore compravo spesso Ciao 2001 e ricordo che c'era una pagina di annunci dove i lettori promuovevano le loro audiocassette registrate in casa a prezzi modici. Scrissi la mia letterina e dopo un paio di settimane mi arrivò a casa Meddle con tutte le sue scritte a biro. Diedi i soldi al postino, la misi nel mangianastri e partì il doppio basso martellante suonato da Gilmour e Waters in One of these day. Amore al primo ascolto. I pinkfloydiani sapranno che la frase "One of these days I'm going to cut you into little pieces" è Nick Mason a pronunciarla; è l'unica volta in cui la voce del batterista compare da sola in un pezzo.
La copertina, realizzata da Hypgnosis, raffigura un orecchio sommerso dall'acqua, forse una metafora per sottolineare un suono provieniente dalle profondità, come lasciano intuire anche le leggere increspature della superficie. La copertina si apriva a formare un unica immagine e all'interno compariva una foto del gruppo, l'ultima fino all'uscita di A Momentary Lapse of Reason. Alcuni brani di questo album vennero presentati per la prima volta al Crystal Palace di Londra il 15 Maggio del 1971 con impianto quadrifonico. Al termine del concerto nel laghetto che separava il palco dal pubblico emerse un polpo gonfiabile dal diametro di 15 metri.

Tutti i pesci morirono, non si è capito se per il volume troppo alto o a causa delle operazioni di gonfiaggio del mostro. In quel live i Pink Floyd aprirono lo show con una versione senza orchestra di Atom heart mother e suonarono per la prima volta Echoes che allora non si chiamava ancora così ma The return of the sun of nothing. Echoes è il lato B del disco, un'unica traccia di 23 minuti e mezzo, nonché la terza come lunghezza di tutta la produzione dei P.F. dopo Atom heart mother e Shine on you crazy diamond (tutte le parti unite più di 26 minuti). Un capolavoro riconosciuto della storia della musica.

venerdì 20 febbraio 2009

Amati/odiati anni '80

80' Music videos è un sito dedicato ai videoclip degli anni ottanta. Ce ne sono più di mille elencati in ordine alfabetico in un comodo scroll a lato. L'alba dei videoclips.
C'è veramente di tutto, perfino i misteriosi Residents, qualcuno se li ricorda più? Io ho un loro disco del 1980 intitolato The commercial album che conteneva 40 brani da un minuto esatto, 2o nel lato A e 20 nel lato B. In sincerità l'avrò ascoltato al massimo tre volte però mi piaceva averlo lì. Il merito di questo gruppo, l'identità dei cui componenti rimane tuttora sconosciuta, è sicuramente quello di essere stato anticipatore e apripista per un certo genere di avanguardia new wave: penso ad esempio ai grandi Tuxedomoon.

giovedì 19 febbraio 2009

La canzone che il premier canta ogni mattina


Da quando ha imparato un po' l'inglese, ogni mattina davanti allo specchio, egli canticchia questa canzone pensando alla Magistratura e agli italiani.

martedì 17 febbraio 2009

Case abbandonate e fughe adolescenziali


Fin da bambino ho avuto un debole per le case abbandonate e per quelle in costruzione. La cosa fondamentale era che fossero grandi, in modo da soddisfare a sufficienza il gusto dell'esplorazione. Una stupenda opportunità ci si offrì quando in paese iniziò la costruzione del nuovo ospedale. Nel nostro gruppo avevamo principalmente tre giochi-passatempi: l'atletica leggera, le battaglie con le cerbottane e le spade e gli edifici disabitati. Mio nonno faceva il falegname, perciò attrezzi e utensili erano a portata di mano. Io e i miei cugini costruivamo spade e spadoni di legno che poi utilizzavamo in giochi di ruolo all'interno degli edifici. L'ospedale di domenica era il massimo, perché le due squadre avversarie, composte in genere da 4-5 ragazzi si potevano disperdere tra corridoi, sale, cortili, piani e preparare agguati e duelli. Col passare degli anni gli orizzonti si allargarono e cominciammo ad esplorare le colline tosco-romagnole armati di chitarre, sacchi a pelo e cerbottane, la nostra nuova mania. I materiali erano semplicissimi: tubi rigidi che raccoglievamo nel cortile di un elettricista e poi tagliavamo e fogli di carta di quaderni vecchi arrotolati a cono, a volte con la punta rinforzata da scotch, che chiamavamo piruletti . Ho scoperto in rete che questa specie di dardi inoffensivi hanno un nome particolare in ogni zona d'Italia: “pirole” a Verona, “cartoccetti” a Roma, “pirulini” a Firenze.
Un estate, di ritorno da un viaggio in autostop, scoprimmo un paese abbandonato del nostro Appennino: Castiglioncello. Era il classico borgo fantasma in cima ad un cocuzzolo, un tempo abitato da non più di cento anime, ormai abbandonato da anni; ci si arrivava solo a piedi salendo lungo una mulattiera per circa mezz'ora ed era circondato da una natura incontaminata con tanto di cascatella. Per noi era un luogo magico e segreto e quando vi entrammo per la prima volta a fine estate, provai una sensazione particolare: un villaggio intero, tutto a nostra disposizione. C'era la chiesa con una ventina di case e, distanziato qualche centinaio di metri, perfino un piccolo cimitero con il cancello d'ingresso cigolante, le mura e poche lapidi ancora visibili. Era il mio Spoon River, dove mi soffermavo ad immaginare la vita di quei poveri cristi che erano lì sotterrati. La prima volta che decidemmo di dormirci scegliemmo la casa più ospitale; all'interno c'era un camino ancora funzionante, cosa molto utile quando decidemmo di tornarci armati di cerbottane a fine autunno per passarci la notte. Ricordo che il giorno prima era caduta la neve e quando arrivammo, poco prima del tramonto, c'era una densa foschia che avvolgeva tutto il paesaggio. Mentre salivamo in silenzio con il respiro affannoso e la neve che scricchiolava sotto i piedi, ci accorgemmo che con l'altitudine la nebbia si stava diradando e giunti sullo sperone che dominava la vallata, le stelle e una luna piena comparvero sopra di noi, mentre al di sotto un velo lattiginoso copriva tutta la vallata, come un mare spettrale. Appena riposti sacchi a pelo, zaini e acceso il fuoco, mio cugino tirò fuori il registratore e fece partire la Toccata e fuga in RE minore di Bach, per creare un po' d'atmosfera a lume di candela, mentre io leggevo i canti di Maldoror. Lo so, possono sembrare scontate suggestioni post-adolescenziali, ma ho un ricordo intenso e vero di quel posto, di quelle uscite perché non si trattava di pose, ci divertivamo veramente in modo pazzesco, uscivamo dal branco e dalle convenzioni e per questo eravamo segnati a dito, ma nulla ci tratteneva o condizionava. Una delle cose che più mi divertiva in quelle uscite erano le jam session che io e Francesco improvvisavamo seduti davanti al fuoco in quei luoghi isolati e silenziosi: io accompagnavo e lui era la chitarra solista, anche di una certa bravura. Perdevamo il senso del tempo. Una volta a lui cadde il plettro, ma non si fermò a raccoglierlo, continuò a suonare ancora a lungo rapito dalla musica. Alla fine, stupefatto, si accorse di avere due dita insanguinate che gli avevano schizzato la chitarra.
Quella mattina uscimmo dai sacchi a pelo parecchio infreddoliti, ma l'entusiasmo per la giornata che ci attendeva superava ogni disagio. La neve ghiacciata durante la notte, brillava sotto un cielo terso; tutto intorno l'incendio autunnale dei boschi: la nostra battaglia che stava per cominciare. Tutti contro tutti sparpagliati tra le case del villaggio e la chiesa mezza diroccata come punto di riferimento. "Ne rimarrà uno solo!" Ma non aveva così un'importanza. Fui eliminato: centrato in fronte da un piruletto con la punta indurita dal freddo. Non mi sono mai sentito così libero e felice.
Col passare degli anni la zona cominciò ad essere frequentata e conosciuta; specie nei weekend comparvero i primi gitanti della domenica, stile pic-nic in collina. Noi selvaggi ci spostammo in cerca di luoghi sempre più isolati e trovammo in un'altra vallata una casa-mulino abbandonata, fino a quando le scorribande si diradarono. A  diciannove anni, con un po' di soldi guadagnati dalla vendemmia, partii per un viaggio che mi portò a vagabondare, non più per le montagne dell'Appennino, ma in giro per l'Europa (Bruxelles, Londra e Amsterdam dove trovai lavoro un ristorante) e infine in Marocco con un grande amico che ora non c'è più. Quando tornai a casa, sei mesi dopo, quasi tutto era cambiato: erano iniziati gli anni '80. Da allora ne è passato di tempo; una volta tornato, imparai a modo mio la difficile arte del compromesso, costruendomi una rete di rapporti soddisfacenti e una parvenza di integrazione.

LA CHIESA DIROCCATA


IL BORGO


Ideale per gli agguati

lunedì 16 febbraio 2009

Quicksilver Messenger Service - Happy Trails

Quarant'anni fa uscì un capolavoro del rock psichedelico californiano. Anche loro della baia di San Francisco i Q.M.S. sono stati tra i capiscuola di questo genere insieme ai Jefferson Airplane (in uscita lo stesso anno con Volunteers) e ai Grateful Dead .
Si fecero conoscere al festival di Monterey del 1967 e poco dopo incisero il loro primo disco. Ma la loro vera dimensione era quella live dove il mitico John Cipollina (1943-1989) chitarrista non famosissimo, ma impeccabile, faceva esplodere tutta la sua vena psichedelico-creativa in interminabili session con il socio fondatore e voce Gary Duncan. Registrato parzialmente al Fillmore, la facciata A dell'album contiene un unico brano diviso in sei parti che altro non è che una versione dilatata e acida di Who do you love di Bo Diddley, soprannominato The Originator of Rock 'N' Rol, uno dei chitarristi che seppe meglio interpretare il passaggio dal blues al rock tra la fine degli anni '50 e l'inizio degli anni '60, oltre ad essere il primo ad aggiungere gli effetti allo strumento. Questa suite è caratterizzata dagli assoli vorticosi e taglienti delle due chitarre che si rincorrono in libertà assoluta per 25 minuti: un manifesto della musica psichedelica e una jam session acid-blues irripetibile. La facciata B si apre con un altro brano del chitarrista nero, Mona, e si chiude con la title track, un breve canto folk d'addio che rimanda alla copertina del disco, ma i sentieri più felici sono quelli percorsi nella prima facciata. Non seppero più ripetersi. Nella lista dei 100 migliori chitarristi di tutti i tempi, pubblicata su Rolling Stone nel 2003, John Cipollina è al 32° posto.

venerdì 13 febbraio 2009

Visioni febbraio 09: La Ricotta - Pasolini 1963

Ri/Visti: La ricotta - Pasolini

Quarto episodio di 35 minuti all'interno del film RoGoPaG. Gli altri episodi sono: Illibatezza di Rossellini, Il nuovo mondo di Godard, Il pollo ruspante di Gregoretti. Lo vidi all'università in un cineclub e per me ancora oggi ha un impatto devastante. Racconta le tragiche vicissitudini del poveraccio e perennemente affamato Stracci, che interpreta come comparsa uno dei ladroni finiti in croce con Gesù nel film a tema religioso che Orson Welles, regista spocchioso, sta girando alla periferia di Roma. La pellicola fu sequestrata per vilipendio alla religione; Pasolini nel 1964 fu assolto, ma il film subì tre tagli. In rete si può comunque trovare la versione integrale. Come al solito la censura fingeva di non capire che il bersaglio del regista non era la religione bensì la borghesia benpensante, ignorante e ipocrita, come si deduce da questa scena tra Orson Welles e il giornalista intervistatore. Un'Italia che purtroppo non si discosta tanto da quella odierna.





Il dubbio -
John Patrick Shanley (04/02/09)
Ambientato a Brooklin nel 1964 in una scuola parrocchiale in cui un prete (P. S. Hoffman) viene accusato di abusi sessuali da parte della direttrice Maryl Streep. Tutto il film risente dell'impostazione teatrale data originariamente dall'autore del testo, ora anche regista, nonché vincitore del premio Pulitzer. Fortunatamente, anche se la regia sembra un po' piatta e didascalica, la storia si regge grazie all'ottima sceneggiatura e alla prova fantastica di tutti gli attori: oltre ai due già citati, anche la giovane Amy Adams. I dialoghi e i tempi sono perfetti ed è un piacere assistere alla bravura mostruosa della Streep e di Hoffman, capaci di sfumature e profondità impossibili per la maggioranza degli attori comtemporanei.

Australia - Bazz Lhurmann (01/02/09)
Un grande dispendio economico e tempi lunghissimi per realizzare un'opera troppo ambiziosa e piuttosto pretenziosa, anche se spettacolare e a tratti divertente, solo nella prima mezz'ora. Il film è ambientato nel 1939 (guarda caso anno di uscita di Via col vento) e dopo alcuni spunti interessanti come il tema delle generazioni rubate, relativo ai bambini aborigeni, emerge un po' troppa melassa, troppi paesaggi ritoccati artificialmente e situazioni ampiamente prevedibili e scontate. Alla fine le due ore e 45 cominciano a farsi sentire. Dopo un'opera quasi geniale come Moulin Rouge, il regista australiano ha percorso una strada che forse non gli si addice.

Rachel sta per sposarsi - Johnatan Demme (10/02/09)
Notevole prova di maturità per Hanne Hathaway nei panni di un ex tossica con un pesantissimo fardello sulle spalle, in uscita dal centro di riabilitazione per recarsi al matrimonio della sorella. Per la sceneggiatura di Jenny Lumet (figlia del famoso regista) Demme sceglie un taglio realistico, quasi da filmino casalingo: telecamera a mano, luce naturale, musica diegetica (che alla lunga stufa non solo i protagonisti della storia ma anche lo spettatore) per rappresentare l'impatto devastante di questa ragazza all'interno di una festa di famiglie liberal fra le quali regna totale apertura per le differenze di razza, cultura e religione. Nei panni dello sposo Tunde Adebimpe, cantante dei TV On The Radio. La coda finale con torte, canti, balli multietnici e saluti è quasi noia e deja vu.

LEGENDA

giovedì 12 febbraio 2009

Guitar heroes #2

Seconda puntata con altri quattro mostri sacri della chitarra. Solo per questioni musical-affettive e non tecniche preferisco Gilmour e Zappa, ma ciò non toglie che Slowhand e Rifman, l'uomo che si è fumato anche suo padre, abbiano fatto la storia del rock, oltre che di questo strumento.

Eric Clapton (Rolling Stones 100 greatest guitarist of all time #4)


David Gilmour 2007 (Rolling Stones #82)


Keith Richards - 1981 (Rolling Stones #10)


Frank Zappa NYC 1975 (Rolling Stones #45)

martedì 10 febbraio 2009

Artisti che "elimineresti" volentieri

La mia mania per liste e ranking mi ha portato ad imbattermi, tramite Google, in Jamsbio, un sito che dà agli utenti la possibilità di creare liste e classifiche musicali sui più svariati temi e condividerle online dando la possibilità ad altri di votare e contribuire all'arricchimento della lista stessa. Ci si trova di tutto: dalle cose più classiche tipo i migliori doppi album della storia della musica o le più belle canzoni dei Beatles, alle liste più stravaganti come quella che ho inserito più in basso, oppure cattivelle come quella del titolo.
Artist I should be shot for liking
albumArt
1. Britney Spears



2. Avril Lavigne
3. Paramore
4. Pussycat Doll
5. Rihanna
6. ABBA
7. Backstreet Boys
8. Panic! At The Disco
9. The Veronicas
10. Michael Jackson

BEST "SUNDAY" SONG

1. Sunday Morning - The Velvet Underground
2. Sunday - Sonic Youth
3. Everyday Is Like Sunday - Morrissey
4. Sunday Bloody Sunday - U2
5. Blue Sunday - The Doors


Tornando al titolo del post e trasferendoci in Italia, in vena di cattiveria, inventerei questa categoria:
"Artisti sul pullman guidato da Apicella bendato diretto verso uno strapiombo".
Premesso che sul veicolo ci vedrei molto bene anche l'autore dei testi del raffinato chansonnier partenopeo, farei salire per primi: Povia, Biagio Antonacci, Tiziano Ferro e mi spiace ma anche Gino Paoli, perché quando l'arte di comporre una canzone viene a mancare, si può fare a meno di scrivere delle stronzate (per usare un eufemismo) come Il pettirosso. Qualcun altro da aggiungere? C'è ancora posto.

sabato 7 febbraio 2009

COVER vs ORIGINAL: Cure - Purple Haze (Jimi 1967)

Stone free oltre ad essere la B side di Hey Joe, è anche il titolo scelto per il tributo del 1993 al grande chitarrista di Seattle.
Quando comprai il CD e lessi il primo nome dell'elenco degli artisti in copertina rimasi perplesso. Non avevo ancora sentito la cover e non riuscivo ad immaginare cosa avrebbero tirato fuori i Cure da un brano che non è eccessivo definire mitico. Beh, ascoltandolo emerge chiaro fin dall'inizio l'idea dei Cure: prendiamo un brano, sconvolgiamolo e facciamolo nostro. Comincia con un battito metallico, poi entra una batteria geometrica, quindi si insinua un basso pulsante e oscuro. Quando Robert Smith comincia a cantare è chiaro che si tratta di un altro pezzo, una trasfigurazione non priva di fascino: Jimi Hendrix electro-dark. Chissà se dall'empireo del rock God Jimi avrà apprezzato lo stravolgimento del suo collega mortale. Io penso di sì. Tutto il disco è bello e interessante per la varietà e la qualità degli artisti. Non so dire come la presero i puristi poiché nel '93 non c'era ancora il feedback dei blogs e della rete, ma non mi interessa più di tanto, a me piacque una cifra. "Music is my religion" (J.H. - Monterey, 1967).
Tracce
1.Purple Haze - The Cure
2.Stone Free - Eric Clapton
3.Spanish Castle Magic - Spin Doctors
4.Red House - Buddy Guy & Billy Cox (bassista di Jimi nei Band of Gypsys)
5.Hey Joe - Body Count
6.Manic Depression - Seal/Jeff Beck
7.Fire - Nigel Kennedy
8.Bold as Love - The Pretenders
9.You Got Me Floatin' - P.M. Dawn
10.I Don't Live Today - Slash/Paul Rodgers/The Band Of Gypsys
11.Are You Experienced? - Belly
12.Crosstown Traffic - Living Colour
13.Third Stone From the Sun - Pat Metheny
14.Hey Baby (Land of the New Rising Sun) - M.A.C.C.

giovedì 5 febbraio 2009

La prima volta dal vivo non si scorda mai

Il punk era ormai ai titoli di coda anche in Italia. Si era in piena esplosione new wave, ma da noi questa musica non la suonava ancora quasi nessuno. Al mio primo gruppo in cui cantavo e suonavo la chitarra, avevamo dato nella nostra incoscienza dissacrante un nome innominabile, tanto che qualcuno un po' più previdente ci sconsigliò di utilizzarlo ufficialmente. A chiunque, fuori dalla cerchia stretta di amici, ci chiedeva il nome del gruppo ci eravamo accordati per rispondere: "Tua sorella", divertendoci a osservare nell'interlocutore l'espressione di chi si sente preso in giro. Fu proprio utilizzando questo nome fittizio che per la prima volta suonai dal vivo.
A questo punto posso rivelare il nome segreto: "Aldo Morto e le B.R." Oggi mi pare proprio di cattivo gusto se non idiota, ma a quei tempi l'irriverenza e la sovversione erano il nostro credo. Un minimo di senno ci fece desistere dall'utilizzarlo ufficialmente onde evitare un processo per apologia di reato o qualsiasi altro tipo di bega legale. Per la prima uscita dal vivo, in veste di supporter di un altro gruppo molto conosciuto a livello provinciale, avevamo preparato due brani: Socialist dei P.I.L. in una versione dilatata e ancora più caotica dell'originale e Psyco Killer dei Talking Heads rifatta scolasticamente. Non andò male, ma durammo pochi mesi: altre due uscite e poi la fine. L'anno dopo nacquero i Reverse di cui ho già raccontato.

Talking Heads - Psyco Killers Live 1980

martedì 3 febbraio 2009

L . P. Cover Art: Bob Marley - Kaya 1978


Mai titolo e immagini di copertina furono più espliciti. Il tredicesimo e terzultimo album in studio di Bob Marley sdoganava definitivamente di fronte ai media la sua sostanza preferita: Kaya, termine giamaicano per indicare la Ganja. In realtà due anni prima ci aveva già pensato l'ex Wailer Peter Tosh a farsi ritrarre nella copertina del suo Legalize it, intento a fumarsi una pipa in mezzo ad un campo, indovinate di che cosa. Certo la popolarità di Bob Marley, nettamente superiore, dava un'altra credibilità a questa sponsorizzazione, tant'è che già allora, vista l'esperienza olandese, pareva che la depenalizzazione non fosse un'idea così peregrina. Se pensiamo che sono passati trent'anni e tutto è esattamente rimasto come allora, bisognerebbe aprire un capitolo a parte sull'antiproibizionismo di cui sono un convinto sostenitore in tutti i campi. Non è questo il momento ma riprenderemo la questione in un'altra occasione. Tornando al disco, probabilmente non è ai livelli del precedente Exodus del 1977 , però raggiunse la top five in UK e contiene una delle canzoni più famose di Bob Marley: Is this love. Il retro della copertina mostra un joint che brucia in mezzo ai testi delle canzoni, opera del grafico Neville Garrick, autore di molti art works dell'artista giamaicano. Solo l'edizione giapponese di Kaya fu realizzata con una differente retro copertina per evitare la paranoica censura nipponica. "How could a plant created by God be made illegal by humans?" Così sosteneva Bob Marley. Morì a Miami l'11 maggio 1981 a 36 anni.


lunedì 2 febbraio 2009

Mai più sabato sera in una multisala

Quello che è accaduto durante la visione di Revolutionary Road merita purtroppo di essere raccontato. Al Sabato sera la multisala si sa è un carnaio, però la comodità e la vicinanza spesso ci inducono in tentazione. Prima cosa che trovo poco corretta da parte dei gestori è l'indicare un orario di inizio che non corrisponde mai al vero. Se c'è scritto 20:30 di regola a quest'ora non inizia mai il film, ma la pubblicità: dieci minuti di spot osceni, quasi tutti di ditte locali; poi passano in media tre trailer e finalmente alle 20:45 inizia il film. Tra primo e secondo tempo si ricomincia, con un'altra raffica. Seconda cosa scorretta è permettere alla gente di entrare a film iniziato, ma su questo si potrebbe anche chiudere un occhio, almeno che i ritardatari non si comportino come il gruppo di ragazzini di sabato sera. A film iniziato già da qualche minuto, abbiamo cominciato a sentire urla e schiamazzi provenire dal corridoio di accesso alla sala e poco dopo è comparso un branco di ragazzini che una volta seduti hanno continuato impunente a farsi gli affari loro e a disturbare. A nulla sono valse le proteste di diversi spettatori, fino a quando qualcuno non è andato a chiamare un responsabile che ha minacciato i trogloditi di espulsione. Una volta scomparsa questa persona i dementi hanno ripreso a schiamazzare: cellulari, cambi di posto, versi volti a sfottere le scene più drammatiche. Malgrado le ripetute proteste del pubblico tra cui il sottoscritto non c'è stato niente da fare: si otteneva giusto qualche minuto di silenzio. Diverse persone hanno cambiato posto allontanandosi il più possibile. Ora, come ho fatto io, anche voi vi chiederete che cosa ci facevano dei ragazzini di 14-15 anni a vedere un film del genere. L'ipotesi è la seguente: un gruppo decide di andare al cinema, ma quando arrivano (in ritardo) le sale con le stronzate sono piene, perciò ripiegano su quelle in cui c'è ancora posto.
A proiezione finita, mentre gli spettatori cominciavano ad andarsene ammutoliti e Mauau mi tirava una manica, mi sono rivolto ad alta voce ad uno dei più esagitati dicendogli tra l'approvazione della gente: - Se il film vi faceva così schifo, perchè non ve ne siete andati, coglioni! Il decerebrato prima ha accusato il colpo, poi mi ha risposto: - Perché fuori fa freddo!
Non chiedetemi se il film mi è piaciuto! So solo che ho trovato la prova di Kate Winslet superlativa, ma siccome ciò che è accaduto è un deja vu di quando siamo andati a vedere The Millionaire, questa multisala non prenderà più i miei soldi, per lo meno non il sabato sera.